Febbre dell’oro – di Nadia Peruzzi

Erano tre squinternati. Si erano incontrati per questo. Parecchi giochi elettronici fino ad uscirne stralunati, parecchia birra, qualche fumo per vincere monotonia e tristezza.
Fin troppa frequentazione dei social per compensare il senso di inquietudine e solitudine che li attanagliava.
Essere disoccupati ai tempi del Covid era il peggio del peggio, così si affogavano dentro quella mercanzia per vedere se almeno evitavano di pensare alla loro condizione di ultimi senza speranza.
Studi, fra tutti, il minimo indispensabile. A malapena sapevano leggere e scrivere. Erano la merce più ambita per coloro che costruivano le bufale più incredibili o pubblicizzavano sistemi per far soldi facili facili In tutta velocità e senza fatica.
Prede per chi , annoiato dal troppo benessere o da una vita piatta e senza senso passava il suo tempo a inventarsi scherzi per vedere quanti pesci abboccassero all’amo.
Johnny, Agata e Fermin erano proprio quel tipo di pesce che ogni pescatore nel web spera di trovare per farsi due risate alle spalle altrui. Se poi ad abboccare fossero stati così tanti da costringere giornali e tv a parlarne, la notorietà era pure assicurata.
In fondo anche questo era quel pizzico di mors tua, vita mea su cui un intero sistema si basava fin dalla notte dei tempi. Loro ci giocavano solo un po’ per divertirsi da morire.
Ad Aldo venne l’idea di creare il gruppo “Febbre dell’oro” sul social che andava per la maggiore.
I MI PIACE fioccarono da subito. Successo assicurato, si disse.
La foto di aggancio era quella di una zona collinare vicino alla ferrovia che corre lungo la val Bormida. Una breve nota e qualche intervista ad altri buontemponi che partecipavano alla tresca e il gioco era fatto.
In bella evidenza la scoperta di un filone aurifero portato alla luce dai lavori effettuati in quella zona per il consolidamento della massicciata della ferrovia. Le foto di alcune pepite di varia grandezza completavano il quadro. Per aggiungere credibilità al tutto si diceva che il gruppo social era stato creato per dare la possibilità alle persone più volenterose e piene di iniziativa di assicurarsi una parte di quella ricchezza venuta fuori in modo così inatteso e casuale, da essere alla portata di tutti.
Bastava un po’ di voglia di fare e pochi strumenti per scavare e setacciare terreno e ciascuno poteva portarsi a casa il suo pezzetto di assicurazione per il futuro.
Agata si iscrisse fra i primi al gruppo. Fermin e Johnny la seguirono il giorno dopo.
Fissarono per l’alba del giorno dopo ancora. Con l’inclinazione dei raggi del sole dell’inizio del giorno, avrebbero avuto buon gioco a scovare le pepite e forse anche il filone lungo la ferrovia.
Partirono a notte fonda. Le prime luci dell’alba li trovarono a farsi largo in mezzo a decine di altre macchine per trovare un posto per parcheggiare. Era stato complicato come nei pressi del Campo volo quando erano andati per il concerto di Vasco.
Fecero a gomitate per prendere la testa dell’incredibile fila indiana che si era già creata, e cominciarono a cercare lungo la ferrovia.
Erano buffi da vedere. Fermin con quel suo poncho pieno di buchi eredità di sua nonna Carmencita. In famiglia lo consideravano da sempre un talismano e in quella giornata epica non poteva lasciarlo a casa.
Agata con la sua mise da Lara Croft di periferia comprensiva di mimetica e di segni alla Rambo stampati sul viso, aveva il suo aspetto più classico da imitazione di un macho di infimo ordine.
Johnny con le sue scarpe dalle suole bucate era quello messo peggio. Esalava disperazione da tutti i pori e per questo era quello che aveva abboccato con più convinzione a quel modo facile facile di tirar su un po’ di quattrini.
La foto l’aveva scattata Adelina, la ragazza schiva e legnosa che stava sempre appiccicata a Johnny e lo seguiva in ogni scorribanda.
Camminarono per ore avanti e indietro.
Sotto il sole infernale del mezzodì che fece sudare maledettamente il povero Fermin sotto quella coperta che sapeva di gatto morto e di naftalina di bassa qualità.
Sotto l’acquazzone sferzante che li colse nel pomeriggio e che diradò la stragrande maggioranza della folla dietro di loro.
Il far della sera li trovò sfiancati ed affamati seduti su un masso ai lati della ferrovia. Si reggevano la testa sconsolati dalla tanta fatica per il nulla che avevano trovato fino a quel momento. Eppure non erano disposti a mollare.
Erano stati solo sfortunati. Era dipeso da loro che non avevano cercato bene, che non sapevano nemmeno sfruttare le facili opportunità che si presentavano perché erano tutto sommato solo dei gran falliti. Erano degli incapaci. Scarti umani senza speranza di riscatto alcuno.
Il bip sul cellulare di Agata ruppe la quiete della serata che avanzava con la luce delle prime stelle.
Era arrivata una notifica dal social. Lessero. Era del gruppo “Febbre dell’oro”. Con occhi sgranati videro l’edizione pomeridiana del giornale locale che a tutta pagina , e a tutta foto del buontempone che ne era stato l’artefice, parlava dello scherzo organizzato dall’amministratore del gruppo.
Lessero delle gran risate che si erano fatti mentre dipingevano con una vernice dorata qualche sasso di fiume, della meraviglia nel vedere quanti babbei erano riusciti a smuovere dietro a quell’araba fenice da due soldi. Parole sferzanti e scherno elevato all’ennesima potenza, ecco quello che lessero.
Johnny, Agata, Fermin e Adelina si guardarono smarriti. Si scoprirono beffati.
Il loro credere a tutto però aveva anche un vantaggio. Era lo specchio deformante del non credere in niente, del non avere punti di riferimento da usare come linea di autodifesa.
Si aggrapparono a questo. E dunque interpretarono quello che stavano leggendo come NON vero. Una bufala della bufala. Troppo incredibile perché potesse esser vero!
Ripresero a camminare lungo la ferrovia guidati dalla luce della luna e dei radi lampioni.
Faceva un freddo da cani e Fermin ebbe bisogno di stringersi nel suo poncho per trarne calore.
Gli occhi fissi in terra per veder apparire l’oro luccicante che non c’era. Nessuna intenzione di lasciare il campo ad altri.
Continuarono a cercare. Per ore e ore e ore.
Bellissima idea ottimamente raccontata!!! Personaggi che si vedono bene, amaramente moderni
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complimenti, ben scritto, scorre benissimo, una bella fantasia e molto, molto attuale. Brava
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Ben raccontata questa demenza moderna! Brava
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Molto bello, scorrevole e troppo attuale !
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Beh almeno hanno fatto un po’di sana attività fisica all’aperto… Proprio un racconto dei nostri tempi!
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Un amaro affresco di questi tristi tempi…Molto profondo e ben scritto..Brava!!😀😍
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