La Collina del Cammello – di Luca Di Volo

Alba per sempre.
Un momento di sosta…uno spazio di tempo ritagliato a fatica. E, quando poteva, Aldo ci si rifugiava . . e rifletteva.
Come sempre, gli pareva che tutto ruotasse intorno a quella foto…Lo trasportava, lo emozionava, lo consolava. .
Una piccola istantanea. . un attimo fissato nel tempo. Lasciava che nei rari momenti liberi quell’immagine lo facesse immergere nell’unico istante in cui si era sentito davvero vivo. . e con lui i suoi compagni.
Sì perché lì erano raffigurati quattro giovani uomini sullo sfondo di un’alba luminosa . . e, per uno strano sortilegio, vi era rimasto eternamente fissato lo stupore, l’entusiasmo e quella specie di tremore che in quel momento avevano sentito. .
A quel tempo lui era molto giovane, laureando in Archeologia a Pisa con una tesi sulle civiltà del Vicino Oriente Antico. Quelle antichissime storie (di cui anche la Bibbia era protagonista) lo avevano irrimediabilmente stregato, sedotto e imprigionato, totalmente e senza scampo.
Era rimasto orfano appena adolescente, i suoi genitori erano morti in uno stupido incidente stradale e lui era stato allevato da una zia che lo aveva amato, coccolato e anche un po’ viziato . Ciononostante, aveva sempre sentito un oscuro vuoto, un abisso senza fondo che andava in qualche modo riempito. A questo non erano riusciti né i suoi numerosi amori femminili, né il suo successo negli studi…invece solo le amicizie e lo studio di quelle umanità così distanti nel tempo ma a lui vicinissime nel sentimento erano state capaci di fare il miracolo.
Però in questo non era solo . . anche i suoi tre migliori amici condividevano questa passione smodata per quella storia ancora in gran parte ignota.
Fu così che quell’Estate di anni prima era riuscito a trascinarli in una vacanza insolita, in posti lontani dal turismo di massa ma dove. . erano parole sue: ”Anche i sassi trasudavano storie infinite. . ”
Carlo, dentista per hobby ma raccoglitore di satuette etrusche per professione, era stato il primo ad accettare con entusiasmo, per lui c’era qualche possibilità di ottenere qualche reperto, anche piccolo…ne sarebbe stato comunque contento.
Invece Paolo, il fotografo professionista, aveva un po’ storto il naso. Un tipo mondano come lui, avvezzo ad un ambiente di dive pronte a farsi fotografare da lui. . con o senza veli, si sarebbe sentito molto fuori posto in luoghi così lontani dal bel mondo. . ma, travolto dall’entusiasmo degli altri, alla fine aveva accettato di essere con loro.
L’ultimo del gruppo era Fabio, un po’ più anziano di loro (di poco, solo tre anni), già medico…aveva accettato per pura forza d’inerzia. Gli bastava stare per un po’ fuori dall’ospedale e dalle grinfie del primario poi…dove si andava si andava….
Insomma, per farla breve, fu così che questo quartetto così diverso per carattere e professioni, ma accomunato per la stessa ansia di novità…. anche un po’ snob, se vogliamo essere un po’ maliziosi. . questo quartetto, dicevo, aveva trovato ospitalità nella casa di un vecchio contadino del posto che, come tutti i poveri onesti, per un minuscolo compenso forniva loro pranzi luculliani e una bella stanza per riposare in quell’angolo sperduto dell’Anatolia, non lontano da Hurfah, un po’ verso la Siria. Dolci colline coperte di prati verdissimi smentivano il luogo comune di una regione considerata a torto arida e pietrosa.
Mentre depositavano i loro zaini nella camera, Aldo, tanto per non smentirsi, subiva il fascino del posto, un fascino che sembrava assediarlo con il sussurro di epoche morte, ma che a lui sapevano ancora parlare…. e che lui sapeva intendere. La tranquilla cittadina di Hurfah non gli diceva nulla. . banale e moderna. Invece il pensiero che lo dominava era quello di sapere che il suolo che calpestavano non era lontano da Bogas Key, l’antica e gloriosa Hattusa, capitale dell’unico impero indoeuropeo dell’Oriente…. . Si stava perdendo in quei pensieri quando Paolo, il meno idealista del gruppo, lo aveva svegliato ricordandogli che bisognava scendere per mangiare…che volgarità…però anche Aldo aveva fame…
Insomma in quella specie di Eden i quattro amici si stavano godendo quella straordinaria pace. .
Non avrebbero mai osato confessarlo, ma tutti, a parte Aldo che in ogni sasso sentiva il profumo della storia, tutti, dicevo, si stavano un po’ annoiando.
Per questo, quando, una mattina, poco prima dell’alba, il vecchio contadino che li alloggiava li aveva svegliati pronunciando alcune frasi sconnesse in un Inglese stentato…invece di protestare furono pronti come se avessero aspettato da tanto quel momento. Si capivano solo poche parole. . ”roccia”. . ”paura”. . ”spiriti”. . L’unica cosa chiara era la richiesta di andare con lui a vedere di persona…Forse quegli “effendi” infedeli potevano aiutarlo. .
Ora si trovavano dove il contadino si era tanto spaventato. Non era ancora l’alba e solo una pallidissima luce ad oriente annunciava il sorgere del Sole…ma nonostante il buio pesto, Aldo fu il primo a gettare lo sguardo nella buca indicata come sorgente di tutto quel trambusto. In silenzio gli altri lo avevano seguito…Paolo con la fedele Canon, Fabio come incantato mentre Carlo, forse per qualche residuo di superstizione si era addirittura girato per assicurarsi che davvero non ci fosse nascosto nessuno.
E fu proprio in quel preciso momento che il contadino…con poca luce e quasi come un gesto inconscio, aveva scattato la “foto”…”quella” foto.
Una cosa straordinaria. . innanzitutto per il fatto che un contadino ignorante e semianalfabeta avesse con sé una macchina fotografica. . e poi che gli fosse venuto in mente di immortalare proprio quel momento…E la cosa più stupefacente era che quello scatto era stato magistrale…neppure Paolo con tutta la sua esperienza forse sarebbe riuscito a tanto. . Un mistero…che preludeva ad altri ben più grandi misteri che li attendevano sull’orlo di quel piccolo cratere.
Come si diceva, Aldo fu il primo ad affacciarsi sull’orlo del piccolo scavo. Era o non era lui l’archeologo?!
Lì per lì non vide nulla, solo un buio un po’ più buio che all’esterno. Però, man mano che la vista si abituava all’oscurità…sì…qualcosa c’era davvero. Troppo presto per dire “cosa”…ma anche così. . in un quasi buio totale, mostrava di non essere naturale. Insomma, anche ad un esame così superficiale rivelava la mano dell’uomo.
In effetti tutto quello che si vedeva era una lastra di calcare, squadrata…. con cura . E forse c’era sopra un abbozzo di . . Mah!
Dovettero aspettare che il Sole nascente lasciasse cadere una lama di luce sul fondo per poter tradurre questo “mah!” in una visione concreta. Sì. . sopra il calcare c’era davvero un…bassorilievo. . una scultura, chissà…
Ma rappresentava qualcosa?! Fu Paolo, avvezzo a distinguere le foto dal primo apparire dal bagno acido, il primo che decifrò il mistero…”C…. zzo!” (lo aveva tradito l’emozione e va scusato. . ) questa è una zampa di leone. . con tanto di artigli sfoderati. . e belli acuminati, anche…” Aldo non lo fece neanche finire. . si mise carponi sulla buca per guardare meglio. Quando si rialzò col luccichio degli occhi avrebbe potuto illuminare il paesaggio…
“Sì. . lì c’è proprio la fine…o l’inizio, di una figura leonina, si direbbe…e se c’è la zampa, sotto dev’esserci il leone completo. . ”
Aveva detto una verità lapalissiana, un po’ ridicola. . ma quel momento giustificava tante cose. .
“Come si chiama questo posto?” e la domanda rivolta al contadino ebbe una pronta risposta: ”Noi lo chiamiamo Goblekì Tepè. . ”
Carlo intervenne : ”E che vuol dire?!”. La risposta la diede Aldo. . per la sua tesi aveva dovuto imparare qualche parola di Turco” Vuol dire ‘gobba del cammello’…vedete come sono arrotondate le creste di questa collina? Un nome appropriato, no?”
Ma la discussione durò poco, dopo essersi scambiati una lunga occhiata i quattro amici, come un sol uomo, afferrarono le vanghe e i picconi lasciati lì dal contadino e si misero a scavare accanitamente. . tanto era forte la curiosità di scoprire cosa mai ci fosse più sotto.
Mezzogiorno…. sotto il sole impietoso dell’Assiria, quattro giovani, fradici mezzi di sudore, si lasciavano cadere al suolo morti di fatica…Lì vicino giaceva un mucchio di argilla testimone muto delle loro fatiche. Poco più in là una fossa profonda circa un metro aveva svelato la prosecuzione della stele (ormai erano sicuri si trattasse di questo tipo di reperto) completata da una figura leonina rampante seguita da “qualcosa” d’altro. . un rostro…una mano. . sarebbe stato necessario approfondire lo scavo, ma più della curiosità potè la pesante stanchezza resa più crudele da quel sole implacabile. .
Il loro padrone di casa se ne era andato per alcuni affari urgenti, apparendo solo ogni tanto per portare acqua fresca e anche qualche recipiente di vino, generoso come tutta la povera gente del luogo e contento perché, se di spiriti di trapassati si trattava, se la sarebbero presa con quegli “effendi” infedeli che sembravano molto più attrezzati di lui per certe tenzoni.
Quando ebbero ripreso fiato, ancora con la voce rotta, Aldo, che a questo punto anche gli altri riconoscevano come il più titolato a parlare della situazione, stette un po’ ancora un silenzio, riflettendo. . ”Paolo, Carlo, Fabio, miei cari amici…. io non so bene in cosa ci siamo cacciati…forse è una cosa da niente. . forse no. Però da quel che so l’iconografia di quella stele, ancora nascosta, ma probabilmente molto alta, ha caratteristiche completamente nuove dai siti in questa regione…” Carlo, il più esperto tra i tre arrischiò. . ”Assira. . ?”
Ma Aldo scuotè il capo. . ”Non direi. . non si è mai saputo di qualche loro luogo di culto da queste parti. . e poi lo stile è così differente. . ”
“Allora Ittita. . Bogas Key non è lontana…”
“Potrebbe…”ma Aldo avrebbe giurato che non potesse essere Ittita. . non era loro tradizione innalzare stele, fosse stata una sfinge. . un muro scolpito, ma . . no, decisamente no. .
Anche Fabio e Paolo forti della loro passione, erano intervenuti. . Li avevano passati tutti in rassegna: Babilonesi. . troppo lontani. . Persiani. . ma loro erano indistinguibili dagli Assiri, dopo la conquista non avevano fatto che copiarli. . E poi quel posto irradiava un odore, un religioso sentimento di immensa antichità. . sembrava suggerire che all’epoca del loro splendore Assiri, Persiani, Accadici…. fossero di là da venire…Sumeri dunque? Erano abbastanza antichi…
Ma alla fine fu Aldo che mise fine alla discussione. ”Sentite…secondo me noi qui non possiamo più far niente; per andare oltre e capire se questa scoperta è valida o no ci vogliono attrezzature, gente esperta su come procedere. . e tanti, tanti soldi. Perciò tu Paolo, fai una serie di foto su quest’oggetto che lo descriva più minuziosamente possibile. . Dopo ricopriamo tutto. Anche qui ci sono tombaroli, sapete. . ”
E così fecero, la stele fu lasciata provvisoriamente al suo sonno millenario. . il contadino ben foraggiato per mantenere il silenzio in attesa del loro ritorno e dopo pochi giorni i quattro rientrarono in Italia.
La cosa sembrò finire lì.
Aldo, come previsto, si laureò brillantemente, fu cooptato nello stretto cerchio degli assistenti del prof Rosati e cominciò così la sua carriera accademica.
Ma la dolce collina di Goblekì Tepè e quello che essa nascondeva non volevano uscirgli dalla testa. La sua natura schiva lo aveva frenato da tentare un approccio e di parlare della cosa direttamente col professore…l’ambiente era quello che era e lui non si sentiva preparato ad affrontare l’invidia e il malanimo dei colleghi…insomma aveva più paura del successo che del suo contrario. Un residuo di quel vuoto che non si era mai realmente colmato…
Però c’è un limite. . conscio che forse non era giusto tenere per sé un segreto che poteva essere anche divulgato da altri, una mattina prese tutte le sue carte e sciorinò tutto davanti al professore.
Il quale, contrariamente al pessimismo congenito di Aldo, si mostrò molto interessato alla cosa. . forse i suoi occhi vedevano più lungo del suo giovane anche se brillante assistente.
Alla fine dell’esame concluse così: ”Secondo me vale la pena di approfondire. . ho ancora un po’ di amici ad Harvard che a loro volta conoscono finanziatori senza troppi problemi…Ti dirò tra qualche giorno. . ”
E infatti fu così. . appena un mese dopo Aldo si ritrovò ad accompagnare una piccola rappresentanza di tecnici ed esperti di Harvard, insieme al professore. Gli era dispiaciuto non poter portare con sé Carlo, Paolo e Fabio, ma lo striminzito budget dell’Università non permetteva simili allargamenti. Promise loro che li avrebbe sempre tenuti informati sugli sviluppi e ritornò in Anatolia.
La gente di Harvard erano veri professionisti. In quattro e quattr’otto avevano recintato il campo, dopo averlo profumatamente pagato al contadino che non sapeva chi ringraziare per tanta fortuna, e avevano cominciato i saggi preparatori per gli scavi successivi, se ne fosse valsa la pena…. e si accorsero subito che …accipicchia se ne valeva la pena. .
La famosa stele da quel moncherino che era si era rivelata una struttura alta quindici metri circa…con una serie di figure animali, veri o mitologici, figure di costellazioni, esseri umani danzanti. e tanto altro . . certamente dovevano avere un significato rituale la cui comprensione era di là da venire…
Tra le altre cose, i tecnici di Harvard avevano portato le attrezzature per poter rilevare col metodo de Carbonio14 l’età di quell’insediamento. Sui risultati però erano stati stranamente reticenti e alle richieste di spiegazioni avevano dato risposte evasive, tipo ”abbiamo bisogno di altri controlli”. . le cose che si dicono quando non si vuol dire nulla. Ma forse gli strumenti erano guasti.
Però qualcosa doveva essere trapelato perché all’improvviso un mucchio di università Europee, Americane, Cinesi…avevano tempestato il governo Turco con una sola richiesta: quella di ottenere un permesso di scavo a Goblekì Tepè. . unicamente e solo a Goblekì Tepè. .
Finalmente il governo aveva deciso di affidare gli scavi a solo tre Università: Harvard (per i quattrini e la competenza), Pisa (per il diritto di “prima invenzione” e anche per la sua gloriosa esperienza) e Ankara (per motivi di patriottismo, anche se vi erano professionisti molto preparati anche lì). La partecipazione di Pisa era dovuta anche e soprattutto a Aldo e ai suoi tre amici, che per questo ebbero una cerimonia di pubblico ringraziamento con tanto di medaglia del Presidente della Repubblica.
Favorito da questo successo Aldo ottenne la cattedra a Napoli, ne era orgoglioso dato che quella, insieme a cà Foscari di Venezia era l’Università più quotata nel mondo per il Vicino Oriente Antico, la sua passione eterna.
Intanto gli scavi sulla “collina del cammello” proseguivano ogni giorno svelavano scoperte imbarazzanti. . quasi incredibili. Quello che sembrava un comune sito Anatolico si stava rivelando un immenso complesso…templare? Regio? Sacerdotale? Nessuno lo sapeva. . nè per la verità ne sa di più oggi.
Poi la bomba scoppiò così. . senza prevviso. E a farla scoppiare fu la rivelazione dell’età del complesso. Ci avevano messo mesi, facendo le misure un numero infinito di volte, con vari metodi e sistemi, ma il risultato era sempre quello. Quella stele, quella “piccola” stele (ad Aldo piaceva chiamarla così…quasi fosse una sua figlia) quella piccola stele insieme alle sue innumerevoli sorelle e all’enorme complesso templare erano state sicuramente costruite almeno nel tredicimila a, C. !
E su questa base gli storici furono annientati perché questo fatto li costringeva a riscrivere tutta la storia, retrodatandola di almeno settemila anni…In più nel mezzo tra Gblekì Tepè e Catal Huiuk, considerata la più antica concentrazione stabile dell’umanità con la sua coeva MohenijoDaro, in India, c’era un vuoto assoluto, talmente inquietante da far pensare che la civiltà umana fosse partita, ma poi qualcosa. . o qualcuno l’avesse fermata facendola riprendere solo settemila anni dopo. Un rompicapo che siamo ben lontani dal risolvere anche oggi.
Ma Aldo ormai di queste cose non si occupava più…a lui bastavano gli amici e quella foto, quell’alba struggente di un giorno antico. . sui dolci pendii di Goblekì Tepè.

Molto suggestivo Luca, mi è piaciuto molto. I riferimenti archeologici e storici danno corpo al racconto nei loro dettagli e nella loro precisione, rendendo questo racconto consistente e affascinante.
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Molto bello il tuo racconto Luca!
Mi hai portato indietro…in un tempo lontanissimo pieno di storia, di cultura e di mistero… mi hai portato indietro…in un tempo lontano della mia vita…. sono stata in Anatolia …. tanto tempo fa
Grazie
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caro Luca, l’ho letto tutto di un fiato! e mi è piaciuto!
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Ma di sicuro c’è qualcosa sotto… Sei un appassionato della materia? Si legge come un giallo, davvero appassionante!
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