Non solo una foto – di Gigliola Franceschini

Non solo una foto. Una bambina seduta su un muretto col mare sotto un po’ agitato. Un fiocco di traverso a trattenere i capelli, un piccolo sorriso. Tutto sfuocato in un bianco e nero antico. Ma non sono sfuocati i ricordi. Quella foto che non riprendo in mano da decenni, mi è così particolarmente viva che non ho bisogno di toccarla per rinnovare le sensazioni di quel momento perché è il primo di un’ infanzia fino ad allora felice e spensierata che stava per cambiare. Troppo piccola per capire cosa stesse succedendo ma già consapevole che ci sarebbero stati cambiamenti importanti. In casa si stavano organizzando con i bagagli per il prossimo viaggio ma quel giorno avevo intuito che non era il solito andare, era arrivato l’ordine di evacuare la costa e dovevamo spostarci nell’entroterra. Andiamo via per un po’, mi avevano detto quella mattina, andremo a Volterra da Armida. In un altro momento mi sarei preoccupata per i bacioni umidicci che avrei avuto, ma i discorsi uditi in giro mi avevano distolto dal problema baci, sentivo nell’aria qualcosa di piu’. Per togliermi dal caos dei preparativi, mio padre mi prese per mano e mi portò al mare, forse aveva bisogno anche lui di distendere i suoi pensieri. Lungo il viottolo scorciatoia era molto taciturno. Di solito mi faceva osservare le piante, gli animaletti e tutto cio’ che la natura presentava perché imparassi dal vivo a conoscere la campagna. Ora taceva ed io pure, affidandomi alla sua mano che mi dava comunque sicurezza. Mi scattò quella foto, per molto tempo non ce ne sarebbero state altre. Mi era stato detto di scegliere due sole bambole, sul camion che avrebbe portato noi e le nostre masserizie c’era poco spazio e questo aumentò il mio smarrimento. Sentivo che non era una vacanza e non capivo perché. Forse stavo uscendo alla svelta, come fanno i ragazzi nel momento del bisogno
Forse stavo crescendo alla svelta, percepivo tristezza nei miei e lasciare tutto mi sembrava incredibile. Senza saperlo, quel giorno, uscivo dalla mia prima infanzia fatta solo di giochi e corse nei campi. Partimmo. La bambina che sorride dalla foto, ebbe sempre calore e affetto ma fu tutto diverso. Le due bambole furono dimenticate in un angolo, non protestai ma cercai di consolarmi al pensiero che forse zia Armida mi avrebbe regalato una bambola nuova, come faceva spesso quando andavamo a trovarla. Il camion si avviò e non mi voltai indietro, forse avevo paura.




