Il cielo è pieno di stelle e una falce di luna illumina il breve tragitto che ci separa dalla macchina. Stiamo tornando a casa a notte inoltrata, camminando stretti l’una all’altro perché, anche se siamo in estate, quassù nelle colline del Chianti fa freddino. Siamo ancora un po’ storditi per questa festa di compleanno diversa, vivace, colorita fatta di musiche, danze e buon cibo oltre al vino e alla simpatica compagnia. Un invito ricevuto da un nostro amico musicista ci ha proiettato in un mondo diverso dal nostro e più che l’Irlanda ci ha fatto conoscere gli Irlandesi e il loro modo di far festa. Noi conoscevamo l’Irlanda solo attraverso i documentari ricca di vaste praterie, ripide scogliere, misteriosi castelli e anche il nostro amico ce ne aveva spesso parlato come di un’isola magica dai colori di smeraldo con un clima abbastanza freddo-umido, ma con una popolazione alla quale piaceva far festa con bella musica e buona birra. Stasera nella sua casa di campagna c’è stata “ LA FESTA” presenti noi, due spagnoli e tre famiglie irlandesi. Nella grande aia davanti alla casa, in un angolo un fuoco scoppiettante. Concita armeggia rimestando in una grande padella carni e verdure e pesci per la paella mentre Thomas, accompagnandosi con la chitarra, le fa compagnia con un canto. Al centro una damigiana di vino con una canna infilata nel collo offre da bere agli assetati irlandesi giunti con le loro famiglie a festeggiare. All’inizio ci sentiamo un po’ imbarazzati, le presentazioni non sono semplici per la lingua, ma poi tutto rientra di fronte alla loro naturalezza che ci coinvolge. Si mangia in piedi e parliamo cercando di indovinare, a volte gesticolando a volte sorridendo; comunque ci sembra di capirci e abbiamo voglia di far festa. Molti di loro hanno uno strumento che suonano meravigliosamente, così violino, arpa, chitarra, percussioni, cucchiai e altri strumenti che non conosco intrecciano le loro note in una musica fatta per ballare. Incominciano le loro danze nelle quali veniamo coinvolti in un girotondo spezzato e ritmato. Nel frattempo fra cibo, vino, canti e balli il sole scende lentamente tingendo l’aria di rosa. Un momento di pausa per dar modo ad una loro donna di cantare alcune dolci nenie della loro terra che ci trasmettono pace. Un esplosivo battito di mani e poi di nuovo allegria davanti ad un’immensa torta e a bicchieri di vinsanto per gli auguri. Si è fatto molto tardi e ci congediamo con abbracci e strette di mano come amici di vecchio tempo. Riflettendo: se questa è l’Irlanda, viva l’Irlanda e tutti gli irlandesi.
Paola aveva il foglio bianco davanti a sé . Faceva una gran fatica a trovare le parole. Scrivere era un mettersi a nudo e non sempre ci riusciva e per quello che doveva fare lo spazio per nascondersi non c’era proprio.
Avrebbe voluto iniziare a scrivere dal magenta. Di come aveva contrassegnato e colorato il suo cambiamento. Le era sembrato un tema da null , di quelli facili facili . Ma, si disse, nella vita di facile non si trova granché. Sfide e ostacoli, invece, quanti ne vuoi spesso di più di quanti sei disposta ad accettarne.
Pensare al magenta le fece bene.
Cominciò a riannodare il filo dei suoi anni passati pensando ai colori che li avevano contrassegnati.
I suoi 18 anni avevano conosciuto in prevalenza il nero. Era stata grassa e cominciava allora a dimagrire. Il nero era la sua coperta di Linus. La sfinava oltre a starle bene al viso, così ci si nascondeva dentro volentieri.
C’era voluto qualche anno prima che apparissero anche altri colori. Ricordava ancora quella minigonna rossa di jersey scattante che spiccava sul nero non più nascondiglio ma ormai richiamo all’insegna della seduzione.
Il magenta si era materializzato in una giornata di primavera. Si guardava allo specchio indossando una sciarpa di quel colore, e decise che il nero non faceva più per lei.
Si trattava di voltare pagina. E non solo nei colori da indossare. Una fase della sua vita era passata. Un amore finito per noia e per eccesso di abitudini consolidate che la facevano sentire in una prigione.
Aveva bisogno di sentire il cuore pulsare di passione. Si era ripiegata su sé stessa e aveva lasciato che i fili dorati della ragnatela che Carlo le aveva cucito addosso la stringessero fino a farla soffocare.
Era sempre più come la voleva lui, ma al prezzo di allontanarsi da ciò che voleva essere per sé stessa.
E la libertà ha bisogno di colore. Il nero non le si attaglia. Deprime, spegne, tarpa le ali, inchioda in uno schema. Lei era stufa di schemi e percorsi prefissati.
Cominciò a riempire la pagina bianca di questo. Le parole uscivano da sole , come un fiume in piena che si ingrossava e si traduceva in una scrittura fitta fitta, tonda ed elegante.
Tornò al momento nel quale aveva definito il suo obbiettivo. Cercare colore in giro per il mondo dopo aver iniziato a trovarlo dentro di sé.
Era davanti alla vetrina di un negozio di fotocamere e aveva appena deciso di entrare per comprare una reflex. La prima macchina fotografica della sua vita.
Era certa che il nuovo capitolo della sua vita passasse da lì.
Per decidere la meta si affidò alla sorte. Il vecchio mappamondo era ancora su una mensola della sua camera. Mentre scriveva le ritornò in mente il calore che traeva da quella luce soffusa mentre seguiva con dita bambine confini, linee delle catene dei monti, il corso dei fiumi e fantasticava su storie millenarie , grandi civiltà del passato e usi e costumi diversi dai suoi.
Aveva chiuso gli occhi, dato un giro al mappamondo e puntato un dito per fermarlo. Era arrivata in Sud America . Sulle Ande, fra Perù e Bolivia .
Poche cose da mettere in valigia. Il di più stava nel bagaglio interiore. Determinazione, curiosità, voglia di conoscere e di imparare dagli altri.
Andava in cerca di colore e si vestì di colore per dar il calcio definitivo a quel passato che le stava ormai strettissimo.
Si avvolse in una nuvola di fucsia a partire dalla fascia che spiccava sui capelli corvini. Aveva scelto quella perché la irradiava di luce e le trasmetteva benessere e voglia di fare. Come la sciarpa calda e morbida che si era stretta al collo mentre dava un ultimo sguardo alla sua casa. Nessun ripensamento, nessuna esitazione. Lo sguardo era già oltre , verso l’obbiettivo che si era prefissata.
Con la mente già vagava fra le rovine di Macchu Picchu , accarezzava con lo sguardo la distesa languida del lago Titicaca, si nutriva della pace e del silenzio assordante delle vette di quella Cordigliera che teneva per mano da nord a sud un subcontinente.
Pensava agli indios che aveva visto nei reportages di fotografi famosi. Le scorrevano davanti i loro volti scolpiti dall’altitudine e dalle intemperie, quei loro occhi grandi, neri, vivi che scavavano nelle anime altrui, le risate sdentate di vecchie che erano sicuramente più giovani di sua madre, le voci garrule dei bambini che le avrebbero fatto cerchio intorno.
Avrebbe fatto delle foto magnifiche si disse mentre l’aereo decollava.
Stava mordicchiando la penna con cui fissava su carta ricordi, pensieri, emozioni provate e si trovò a confermare. Aveva fatto delle foto bellissime. Non pensava di riuscirci. Le sembrava un sogno, ma stava scrivendo proprio l’introduzione al suo libro fotografico.
Era arrivata al punto nel quale ammetteva che la spinta decisiva era il frutto di un evento casuale, una scintilla che si era accesa.
Tutto era partito dal desiderio di comprarsi quella macchina fotografica!
Quella era stata la molla che le aveva fatto scoprire tutto il resto.
Le era stato di gran conforto potersi osservare con gli occhi degli altri. L’avevano scrutata e messa a nudo più volte , si era sentita giudicata, apprezzata, talora tollerata il più delle volte accolta senza alcun filtro, prevenzione o pregiudizio.
Non aveva mai sentito , come durante quel viaggio, così forte il senso di appartenenza alla grande famiglia umana. Simili nella profondità dell’essere, nell’interrogarsi sul senso e la direzione della vita.
Mentre poggiava la penna sulla scrivania alla fine della sua fatica si rese conto di quanto il suo cuore si fosse risvegliato. Batteva come lei voleva che battesse. La passione aveva ricominciato a scorrere nelle vene come linfa vitale.