Il colore della rinuncia – di Gigliola Franceschini

Arrivò l’ invito e fu una gioia grande. Della festa si parlava da tempo in paese, sarebbe stato il compleanno di una sua compagna di scuola, una dei quartieri alti, in una villa appena fuori l’abitato, un grande giardino, tanti amici e tanta musica, ma dal vivo, non la solita festicciola fatta in casa, la prima festa importante della sua vita. Ma, all’improvviso le venne in mente che lei non era preparata per quella serata, non aveva un abito elegante per fare la sua figura in mezzo a quella gente e l’entusiasmo svanì. Non poteva chiedere ai suoi di fare quella spesa perché la famiglia stava uscendo faticosamente da una brutta crisi finanziaria che aveva raggiunto i limiti della povertà e quando questa è tanta, come scrive Collodi, la capiscono anche i ragazzi. Non poteva mortificare i suoi con una richiesta che non potevano soddisfare, li avrebbe umiliati! Decise che avrebbe rinunciato. Il padre però era stato gia’ contattato dalla famiglia della festeggiata ed aveva dato il suo consenso, l’imbarazzo era forte. Per prima cosa la nonna apri’ il suo baule verde che teneva ai piedi del letto, dove riponeva tutto quello che avrebbe potuto essere utile. Aveva provato le privazioni di due guerre mondiali e dava valore ad ogni cosa prima di buttarla. C’erano molte spese prioritarie, anche i libri per il prossimo anno scolastico, sempre tanti e costosi. Dallo studio del babbo erano spariti alcuni quadri della collezione di post- macchiaioli e molti monili, catenine, orecchini e tutto quello che aveva un qualche valore, erano stati impegnati. Era rimasta solo la sua catenina con la medaglietta dell’Angelo Custode; la mamma non l’avrebbe mai privata di quella protezione in cui credeva fermamente. Il baule verde non aiuto’ a risolvere il problema, Anna rinuncio’ e per alcuni giorni della festa non si parlo’ piu’. Una mattina I suoi genitori presero il primo treno e andarono in citta’. Tornarono all’ora di pranzo con uno scatolone legato con un fiocco e lo dettero a lei senza parlare. Un abito di uno straordinario colore usci’ fuori, un rosa fuxia acceso con leggere sfumature tendenti al viola e un paio di sandali dorati. Ando’ alla festa e fu tutto bellissimo. Bei vestiti, tanti amici, tanta allegria. Le ore volavano e verso la mezzanotte I ragazzi si riunirono in un angolo del giardino, seduti sull’erba del prato senza badare all’umidita’ che strapazzava le gonne multicolori. Marco prese la chitarra e cantarono in coro e uno alla volta. Anna scelse Celentano e sugli accordi della via Gluk, si sentirono leggeri, aperti al loro futuro, certi che sarebbe stato bello e possibile. Il padre, come altri, ando’a prenderla che era piu’ mattina che notte. La guardo’ uscire dal gruppo, le mise una mano sulla spalla e si avviarono verso casa. Ad un tratto lui disse: sei diventata proprio grande! Per una persona cosi’ avara di complimenti, voleva dire: sei brava, sei bella e ti voglio bene! Anna lo capi’. Capi’ anche il significato profondo di avere una famiglia unita e complice in ogni circostanza e il valore morale ed educativo della rinuncia. Sussurro’ un grazie ma forse lo penso’ soltanto. In quella notte tiepida che gia’ si consegnava al nuovo giorno, le parole non erano necessarie.
