ROSA FUCSIA – di Mirella Calvelli
Foto di moritz320 da Pixabay
Pensare al fucsia, al rosa shocking, rosa fluo, e poi scrivere, devo rilassarmi. Abbassare le palpebre e poi fissare questo colore così intenso, aggressivo, determinato e cercare di inzuppare gli occhi in questa tonalità, tale da poter attingere a sensazioni e ricordi remoti, per riportarli a galla in tutta la sua lucentezza sfacciata.
Rumori, mescolati a voci in lingue diverse, stonate. L’aeroporto quello di Doha . Un insieme contrastante di colori, racchiuso in una bolla di cristallo in mezzo al nulla..il deserto.
Una fila regolare al gate. Scruto i volti di etnie diverse, pochi occidentali, una carrellata del mondo arabo.
Mi sfiora e immediatamente chiede scusa, una signora, penso. Ammantata di nero, con solo gli occhi scoperti, ben truccati e con ciglia lunghissime.
La osservo con discrezione, non amano essere guardate. Lei con un movimento civettuolo sembra scostare i capelli, che in realtà sono racchiusi in quel mantello scuro. Ed è allora che intravedo le sue lunghe mani affusolate, ambrate con le unghie laccate di un rosa accecante, un fucsia che contrasta con la rigidità del resto.
Quel colore mi rimane intrappolato negli occhi, per posarsi al mattino sul terrazzo di casa, dove un ciclamino eretto, ben delineato con foglie scure e venate, castigato e sobrio, sfoggia una capigliatura di petali fucsia. Morbidi, sbarazzini e accecanti. Osa rompere la nebbia mattutina grigia e molliccia, per dar mostra di sé. Un colore che abitualmente invade il giardino in primavera ed in estate, posandosi su rose, tulipani e sui fiori del pesco.
Ma lui è più coraggioso brilla in un momento in cui tutt’intorno si utilizzano colori sobri e poco violenti.
Sempre quel fucsia, scivolava morbido in seta sul tavolo da lavoro di mia madre. La sua tavolozza.
Con movimenti abbozzati dall’unghia del suo pollice sinistro, tracciava un segno impercettibile e subito dietro la mano destra sicura, armata di grandi forbici, seguiva quel segno.
Cadevano a terra dei pezzi, scampoli, di seta rosa shocking, che lei chiamava “sciaveri”, avanzi appunto.
E di quegli avanzi io ne facevo il mio bottino, troppo belli per essere sprecati.
Molti anni dopo mia figlia Denise ha giocato con quegli sciaveri brillanti di seta rosa fucsia.
Amava travestirsi, ma lei ha sempre sostenuto che drammatizzava. Mi colpiva quel lessico in una bimba di appena 5 anni, e appunto drammatizzando si spostava su e giù per il lungo corridoio di casa.
Una volta era una sposa, una volta una principessa e chissà cos’altro, ticchiettando con vecchie scarpe con il tacco, della nonna appunto.
Come quel ciclamino, anche Denise ama le cose non troppo vistose e il suo abbigliamento a parte casi particolari, come un matrimonio o un evento, sono così
Lo scorso lunedì è venuta a casa per condividere con noi la fine della sua specializzazione, avendo discusso poche ore prima la tesi on line.
Era bella Denise quel giorno, stanca ma felice, essendosi liberata, come dice lei dell’ultima zavorra universitaria. Anche se entrambe sappiamo benissimo che pesi e zavorre ci accompagneranno per tutta la vita.
Si sedette spossata sulla sedia di cucina e tirò fuori dalla borsa un libro scuro e rigido: la sua tesi.
L’argomento troppo complicato ci parla di colon o chissà quant’altro, ma il titolo e i sottotitoli sono di una rosa shiock.
Come rosa fucsia è la sua camicetta, che appena si intravede dal severo tailleur pantalone nero e gessato. Di una bella foggia direbbe mia madre, sicuramente non dozzinale, un taglio sartoriale in cui le righe si rincorrono, senza incrociarsi.
Unica civetteria è quel lembo vivace che sporge dalla giacca austera.
L’abbraccio di gioia, dopo che mi ha letto la dedica “a…mia madre a Stefano, per me come un padre, e al mio fratellone.
Il resto, le parole mi si intrecciano nella testa e stringendola a me, sento la sua magrezza, incrocio il suo sorriso e mi tuffo in quella camicetta rosa fucsia di seta.
Chissà forse per me il rosa fucsia è come un lungo filo che lega viaggi, emozioni, ricordi e affetti.
Di fucsia ho imbevuto i miei occhi, per iniziare questo cammino e ho terminato nel fucsia di seta di mia figlia.
Forse la mia vita è un lungo filo di seta che si srotola lentamente, come la pellicola di un film.
Si annoda strada facendo. Si strappa, per poi proseguire, anche velocemente.
Un domani qualcuno lo riavvolgerà in quel “rocchetto”, come diceva mia madre per riporlo chissà dove.
Forse le mani di mia figlia lo raccoglieranno e lo metteranno in quella tasca severa del tailleur dove una nota di rosa shocking ci sta sicuramente bene.