Colori

Colori d’autunno – di Anna Meli

Foto di Hans Braxmeier da Pixabay

Caldi i colori nel bosco in autunno.

Madre natura in silenzio dipinge.
Cadono come farfalle, foglie dorate.

Leggere si posano al suolo.
Cespugli di rovi rossi di bacche mature

nascondono il delicato rosa dei ciclamini.

Verdi muschi rivestono freddi sassi umidi 

Crochi di un giallo intenso salutano il sole

nel cielo invaso da nebbia leggera.

Madre natura dipinge nel tempo, in silenzio,

l’attesa del sonno invernale.

foto di Cecilia Trinci

Labirinto di pioggia

Pioveva – di Carla Faggi

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay

Pioveva, pioveva, e ancora pioveva.

Inciampai in una radice affiorante e quasi rischiai di cadere, mi aggrappai ad un ramo ma questo in tutta risposta mi scaraventò una valanga di acqua addosso.

Imprecai.

La lieve luce in fondo al bosco sembrava vicina ma non lo era.

Continuai a camminare per forza di cose verso quella lucina lontana.

Ogni goccia d’acqua però sembrava allontanarla un po’.

Mi incuneai in quel labirinto di spazio lasciato tra goccia e goccia ma iniziai a perdermi.

La lucina si faceva sempre più piccola e si spostava un po’ di qua, un po’ di là a seconda della volontà delle gocce.

Sembrava un gioco fra loro ma io non lo trovai piacevole.

Finalmente capii che non dovevo schivare le gocce d’acqua ma immergervisi, perforarle, andare sempre dritto. Era l’unico modo per uscire da quel labirinto.

Ad un tratto la lucina laggiù laggiù sembrò più vicina, immobile e sembrava aspettarmi.

Color freddo

Labirinto di idee – di Carla Faggi

Foto di Leandro De Carvalho da Pixabay

Idee che mi si aggrovigliano in testa, una dietro l’altra, non mi è facile liberarmene.

Cerco di pensare ad altro ma tutto mi ritorna.

Tutum tutum il pensiero batte e non mi lascia.

Allora cerco di andarmene io lontano dai pensieri, agito le braccia come per volare.

Mi sembra di riuscirci ma è solo un’illusione, tutum tutum, il pensiero non mi lascia.

Mi sento in un labirinto e non riesco a trovare l’uscita.

Inizio a fissare la parete color celestino acqua di mare, forse hanno scelto quel colore per calmarmi, ma non è così, mi ricorda il freddo, odio il freddo. Freddo sulle spalle, nelle braccia, mi abbraccio per riscaldarmi ma quel celeste ghiaccio mi congela.

Sbatto la testa a destra e a sinistra e poi ricomincio da capo, ma sono sempre al solito punto, così non ne esco.

Urlo: aiutooo!

Mi sento abbracciare, un alito caldo si avvicina al mio collo, sensazione di due grandi denti canini. Qualcosa dentro di me, qualcosa che se ne va da me.

Attrazione e paura…lascio che sia.

Ma una luce mi acceca, cerco di guardare, di capire, quella luce sopra di me sono due grandi occhi color freddo.

Mi guardano, si avvicinano, poi una volata scura, sembra un mantello nero, un alito di vento e vola via.

Non solo ciano e magenta

Sapori a colori – di Nadia Peruzzi

Foto di Дарья Яковлева da Pixabay

Chi se li scorda più i sapori e i colori dei dolci di quando eravamo piccoli!

Non c’era moltissimo in verità ma per  allora  era tantissimo e dopo aver letto Pinocchio ogni volta era un trovarsi nel magico Mondo  dei balocchi in sua compagnia.  Un po’ Lucignolo anche noi, insomma!

Quello che si trovava sapeva di buono,  parlava al palato e molto anche agli occhi. 

Nemmeno erano dolci.  Erano dolciumi, allora!

 Nel nome portavano il profumo, il gusto e la magia di quello che ti aspettavi di provare assaporandoli. 

Dolciumi, che bel termine! C’è un suono in quel suo allungo, che nel pronunciarlo ancora, oggi, sa di bontà fanciulla.   Di sorrisi,  di sguardi accesi, di brame che si soddisfacevano con poco.   

I “duri di menta” che nemmeno erano solo e semplicemente di menta ma di aromi e sapori diversi, conquistavano per i loro colori e le loro forme e per il fatto che compravi pura emozione. 

Li andavi a cercare accanto alle strisce di liquirizia che occhieggiavano con la loro pallina colorata al centro, e ai lecca lecca trasparenti . 

Esitavi un po’ poi,  ovvio, puntavi diritto a quello fatto a bastoncino,  il più lungo di tutti !

Un soldino valeva un oggetto di puro piacere e se a bastoncino lo potevi far durare un tempo infinito. 

Dita appiccicose, bavette che colavano dappertutto,  mamme e nonne che  brontolavano regolarmente quando ti pulivi le mani sul davanti dei vestiti che indossavi. 

Con quelli a colori più sgargianti o a righe bianche e rosse, ci facevi pure una gara con gli altri bambini.  Fiorivano linguacce colorate per trovare quella più bella .   Ai coloranti allora non faceva caso nessuno.  E non c’è da sperare che fossero tutti naturali, anzi e purtroppo c’è da dire oggi! 

Il massimo del godimento stava tuttavia in una macchinetta che aveva del magico . 

Il distributore di chewing gum.  Già il fascino di una parola in una lingua straniera che nemmeno sapevamo pronunciare era una attrattiva in un tempo nel quale di termini inglesi nella lingua comune non se ne sentivano proprio. 

Il bello stava in quelle palline multicolori che erano li in bella mostra all’altezza dei nostri occhi.   Un invito a cui non si poteva resistere. 

Non dovevi nemmeno entrare nei negozi.  Spesso erano all’esterno.   Il Bruzzichelli il negozio con di tutto un po’,  mi pare ne avesse uno messo in bella vista vicino alla fermata dell’autobus,  che arrivava proprio sulla piazza e quasi davanti alla chiesa. 

Ci voleva il permesso, allora,  per andare a prenderli .  Il primo soldino infilato in quella feritoia a ripensarci oggi ci vide pure un po’ titubanti. 

Stavamo li con i nostri vestitini a fiori, i sandali con gli occhielli, e i calzini bianchi con le gale e i ricamini al bordo,  a domandarci se avrebbe funzionato o ci avrebbe catturato il soldino da cui ci aspettavamo magia. 

Con il palmo della mano stretto a pugno arrivavamo davanti al distributore, che  stava lì con le sue gambe lunghe,  di metallo, spesso instabili.   Eravamo poco più alti del livello delle palline che sembravano aspettare solo noi. 

Una volta infilato il soldino nella feritoia e girata la leva verso destra, tutto si metteva in funzione come se fosse sotto effetto di un piccolo terremoto. 

Il distributore era tutto un rumore di  ingranaggi .  Lo scontro delle palline le une contro le altre lo vedevi in diretta mentre ti immaginavi quella che per trovare la strada verso l’uscita faceva a gomitate per farsi avanti. 

Arrivato il toc, sapevi che alzando lo sportellino di metallo si sarebbe materializzata la sorpresa.   L’acquolina in bocca era già arrivata da prima .  C’era solo da scoprire se il colore era proprio quello che ci si aspettava. 

Rosso.   Via, era proprio quello. 

Altre volte era il  rosa  o il verde a renderti felice. 

Poteva capitare che se il bambino dopo di te trovava una pallina  blu o celeste,  sentissi un pizzico di disappunto,  un sentimento che nemmeno sapevi cosa fosse.  Lo provavi e basta. 

Durava poco per fortuna.   Stavi già masticando la tua pallina gialla e il blu lo avevi rimandato col pensiero al prossimo soldino che la nonna ti avrebbe permesso di spendere in chewing gum!