Nonna Bianca – di Mimma Caravaggi

Di quattro nonni ne ho conosciuta solo una: la nonna Bianca. La ricordo su una poltrona con il suo bastone accanto ma non ricordo di averla vista mai camminare. Di solito ero seduta su una seggiolina accanto a lei in punizione perché avevo litigato con mia sorella Gianna per cui la zia Pina ci metteva sedute accanto alla nonna ma non potevamo parlare né muoverci, metà giornata l’una e metà l’altra. Uno strazio per me che non ero abituata alle punizioni. I miei genitori si erano separati quando io avevo poco più di un anno e per le vacanze raggiungevo mia sorella Gianna in Umbria che viveva con papà, mentre la sorella maggiore Tilla ed io vivevano con la mamma a Pescara. Da brave persone corrette si erano divise la prole!!!! Mi ritrovavo spesso in punizione perché io e Gianna non ci riconoscevamo come sorelle, ci si vedeva solo poche volte l’anno. Mentre Gianna temeva la zia Pina perché molto severa io non me ne curavo più di tanto e una volta sulla famigerata seggiolina restavo a chiacchierare con la nonna e quando mi stancavo mi alzavo, andavo in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per la nonna o almeno questa era la scusa che adducevo se incontravo la zia che tornava a brontolarmi e riportarmi a posto. Gianna aveva il terrore della zia e se ne stava buona buona seduta senza fiatare, dalla sua bocca non usciva una parola. Io invece quando mi ero stufata la raggiungevo in giardino fregandomene delle regole della zia e con tanta rabbia da parte di mia sorella. Quella non era casa mia, ma della zia e per quanto le volessi bene non stavo mai alle sue regole. Ero piuttosto “selvaggia” rispetto a Gianna e non avevo paura. Mi divertivo in quella grande casa piena di scale e stanze e se il tempo lo permetteva stavamo in giardino a giocare con la vecchia e grossa tartaruga montando sopra e abbracciandoci strette per non cadere mentre lei camminava tranquilla. Se il tempo era brutto salivamo in soffitta, la stanza delle meraviglie. Era piena di ricordi e di boccette di vetro che attiravano sempre la nostra attenzione. Il nonno era stato un farmacista e metà soffitta era piena di scaffali e vasi di ceramica e vetri. E noi ovviamente si giocava ai farmacisti. Una vendeva e l’altra comprava sempre finché non si litigava. Quando succedeva gli strilli raggiungevano la zia che veniva di corsa a dividerci e punirci. Finite le vacanze ognuna tornava alla sua scuola, alla propria vita salutandoci con qualche lacrimuccia fino al prossimo incontro.





















































