La chiave giù nel pozzo – di Gabriella Crisafulli

In questi giorni di quarantena sfoglio l’album della mia vita.
Dalla nascita ai diciassette anni, fra un trasloco ed un altro, su e giù per l’Italia, sono rimasta chiusa dentro pensieri, idee e relazioni, confinata nell’abitazione, all’interno del ristretto nucleo familiare.
Avevo una sorella, è vero, ma i suoi comportamenti erano molto diversi dai miei e non me li spiegavo.
Pur essendo quasi coetanee, non comunicavamo.
La narrazione di lei, fatta da mia madre, non corrispondeva a ciò che vedevo giorno dopo giorno.
In questo disallineamento tra visto, detto e percepito, la mia mente si paralizzava.
Lasciavo risuonare nelle orecchie quel che mi veniva ripetuto: è normale, è normale, è normale.
Non mi ponevo interrogativi.
Non ho usato la logica.
Solo oggi mi domando: ”Come mai veniva sostenuta quella versione dei fatti? Se fosse stata vera, non ci sarebbe stato bisogno di ribadirla.”
Ho fatto dell’amore e della fedeltà alle idee dei miei genitori un dogma.
All’interno di quel ristrettissimo spazio di movimento, di pensiero e di relazioni ero perfettamente sola.
Mi sono costruita un mondo di sogni, fantasie, speranze, illusioni, utopie, progetti.
Quando è arrivato Giovanni, ha aperto la porta, ha buttato la chiave nel pozzo e siamo scappati via.
Insieme abbiamo costruito un mondo nuovo.
Come Charlie Chaplin e Paulette Goddard in Tempi moderni.
La scena in cui Charlot sistema le assi della capanna mentre la ragazza apparecchia la tavola, ed il finale nel quale i due camminano orgogliosi e fieri, a braccetto, verso il loro futuro, sono sequenze della mia realtà.
Ma Giovanni è andato via.
È ricomparso il passato che mi ha travolto.
Mi sono rialzata.
La segregazione del Corona virus assomiglia molto a quella dei miei primi anni di vita e a quei cinque mesi vissuti in isolamento nel corso della mia prima gravidanza.
Ma c’è una differenza sostanziale: oggi sono libera.
Libera di avere paura.
È vero, non capisco cosa succede, non so cosa succederà.
Sono sospesa nel vuoto ma penso, ascolto, leggo, ragiono, respiro, canto, scrivo, … e ho paura.
Faccio i conti con me stessa.
Faccio ordine dentro e fuori di me.
Esamino uno ad uno fantasmi, incubi, ombre, spettri, apparenze, falsità e calunnie …
Li esamino, li ripiego, li conservo: un cassetto per ognuno.
Sono la riserva per le storie future.
Sono la riserva per i legami.
Adesso ho tutto il tempo.
Così posso filare e tessere sogni, fantasie, speranze … che mi seguono come uno sciame.
Penso a me, a chi conosco, alla gente, al mondo che verrà.
Provo ad imparare ad amarmi e a non avere più timore degli altri.
Non c’è più nessuno che mi picchia.
E cammino, come nella scena finale di Tempi moderni, sul sentiero della vita.
Charlot è andato via.
Rimane la ragazza.
Ancora più bello..giù giù..giù nel pozzo ,dove giace la chiave…e che la ragazza non sia più sola…
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“Libera di avere paura”….una pagina intensa, a cuore davvero infinitamente aperto
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Riporto i commenti di chi non riesce a entrare nel blog:
CARLA FAGGI: dire che è commovente, vera e stupenda è dire poco. Aggiungo che Gabriella c’è e la sento.
CARMELA DE PILLA: usare le parole per esprimere il proprio vissuto è molto bello e tu, Gabriella, ci sei riuscita benissimo
ELISABETTA BRUNELLESCHI: toccante e profondo, coinvolgente
TINA CONTI: Gabriella ti stai svelando a te stessa e a noi che non ti conoscevamo, pur frequentandoti. Belle emozioni.
NADIA PERUZZI: Bello Gabriella…immagini di grande speranza in quel “Tempi moderni” che segna la storia de cinema e le storie personali.
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Faccio ordine fuori e dentro di me…io non ci riuscirò mai, resto affascinata, del ricordo di ” tempi moderni” da come tu lo sai porgere, spiegare
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Mi sono emozionata. Forte e commovente. Brava
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Ogni momento è buono per vivere la “ragazza” che c’è in noi. Importante è farla uscir fuori e tu ci sei riuscita, brava!
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Bello, emozionante.
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