Bilanci, chiusure – di Vanna Bigazzi

Cosa mi hanno lasciato, questi anni, con il gruppo e con Cecilia? Mi hanno lasciato molto, poichè per me questi ultimi anni sono stati difficili a livello familiare e quindi affettivo, sentimentale. Talmente difficili da causarmi disorientamento, perdita di certezze, delusioni… La sicurezza di incontrarci, ogni martedi, a depositare sul nostro tavolo le emozioni, i pensieri e, come accade scrivendo, più o meno consapevolmente, parti nostre, mi è stato veramente di grande aiuto: un binario che al di là di tutto, mi dava una direzione ma anche un motivo di evasione da ciò che mi tormentava. Non solo questo, gli incontri sono stati un modo per sublimare situazioni all’impatto inaccettabili: non per “stendere un velo pietoso” su ciò che non avrei voluto vedere ma per ridimensionare, divenire consapevole che esistono vie di fuga che la nostra mente può nobilitare, per raffinare gli eventi e quindi renderli affrontabili. Per questo grazie a tutte/i voi. La domanda di Cecilia è anche: “Può una prigione rendere libero chi vi entra ?” A mio avviso si, se viene vissuta nella certezza di un cambiamento positivo. Dobbiamo, pertanto, attivare l’immaginazione, stimolare tutte le nostre facoltà più creative. Perché non farlo?. Pensiamo alla germinazione del seme nella terra. Come scrive Gibram: “La civiltà ebbe inizio quando per la prima volta l’uomo scavò la terra e vi gettò un seme.” Il seme, grazie alla protezione del terreno, alla “chiusura benefica” e non alla “sepoltura” sviluppa tutte le capacità per diventare pianta. L’ambiente naturale, celato, riservato, unito alla creatività e alla speranza, daranno senz’altro ottimi frutti. L’umanità ha spento le proprie lanterne e ci è parso di rimanere al buio, ma stando al buio, pian piano si intravedono le cose ad una luce più fioca, forse più fascinosa. Ogni essere umano raccoglie in sé, inimmaginabili potenzialità. La libertà è dentro di noi, dobbiamo trovarla e tirarla fuori. Stando in casa, non cerchiamo rifugio nella mera consultazione del computer o nella televisione, non “chiudiamoci” negativamente nella passività… Vediamo se nell’intimità e nel silenzio, nel non contatto, mantenendo viva la comunicazione vera, riusciamo a ritrovare il nostro “io” più profondo, accarezzarlo, farlo germogliare e crescere come merita. Nel momento in cui abbandoneremo i nostri costrutti, le nostre difese, ci sentiremo meno impotenti. Ritroveremo la “libertà mentale” che può sussistere in tutti gli ambienti, aperti o chiusi, la “libertà interiore.” Quando avvenne il diluvio Dio promise a Noè la salvezza, per questo Noè si industriò a raccogliere le persone, gli animali e le cose più care e indispensabili nell’Arca. Quella chiusura fu salvifica perché sostenuta dall’idea di un cambiamento promesso. Nell’immaginario collettivo il diluvio ha una spiegazione catartica, purificatrice dai mali del mondo, è un ”controllo” del male, non è solo una punizione. Io spero che, quando tutto ciò che stiamo vivendo finirà, saremo più genuini, ci abbracceremo con più sincerità, saremo meno avidi perché avremo capito che difronte alla “possibilità di morte” siamo tutti uguali
Chiusura benefica e non sepoltura. Queste parole mi hanno colpito e rasserenato. E’ al buio, nel profondo che il seme riesce a germinare.
Grazie Vanna
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