Chiusura trasparente – di Luca Di Volo

Chiuso. Chiuso al mondo. Chiuso in un carcere duro insieme al peggior compagno immaginabile: il mio essere, io. . e nessun altro.
In questa notte di Valpurga dell’anima, i pensieri, i ricordi, le visioni, mi appaiono come larve che salgono da un punto lontano.
Mi chiedono di vedere la luce, di ritornare ad essere vive, di risorgere per qualche istante dal buio in cui a suo tempo le ho relegate.
Ne favorisce la rinascita il silenzio. Quel silenzio per cui in tanti sospiravamo, senza pensare che potesse essere più assordante di mille rumori, e grande generatore di echi profondi.
Un film, tanti film, di cui seguire la trama, appassionanti, terrificanti, anche dolci e teneri. . ma tutti, tutti si affollano, chiedono di essere proiettati sullo schermo bianco del passato.
E tutti bisogna rivederli, ripassare tutte le moviole dell’anima…
E ognuno di essi porta con sé le emozioni, come un’iridata cascata dirompente.
Già. . le emozioni. . bisogna scegliere, lasciarsi andare. . quale appare per prima?
A me è successo così: solo un caso, ne sono certo, ma nella prima scena del film appaio io davanti ad un consesso di giudici femminili (almeno così mi parve allora). Mi rammentò i giudici dell’Areopago di Atene, inflessibili e tremendi nelle sentenze inappellabili.
Su cosa stavano dibattendo? Una cosa da nulla: se io dovessi o no essere ammesso nel nobile consesso delle “Matite”, visto che, purtroppo ero un “uomo” e le altre componenti tutte donne.
Solo una voce si alzò in mia difesa, una sola, ma fu sufficiente”. Io credo che la partecipazione di un uomo sia solo un arricchimento per noi”. E la votazione fu unanime. . Fui ammesso e se sono stato un arricchimento non lo so. Per me senz’altro.
Però ho solo cercato di evitare la domanda cruciale: ”Può un carcere farci sentire liberi?”
A prima vista è un terribile ossimoro. Se fosse un VERO carcere la risposta sarebbe un deciso NO.
Se invece lo si pensa in senso “astratto”…. chissà…
Intanto viene in mente che tutta l’umanità è rinchiusa in una specie di “carcere”: il nostro pianeta. Provatevi ad andarvene. . come stiamo tentando. Ma fuori non ci sono guardiani. No, solo un universo ostile e gelido, assolutamente sproporzionato a noi minuscoli abitanti di uno sperduto sistema ai margini della Galassia.
E oltretutto il nostro carcere lo teniamo malissimo. . anche se lo sappiamo che non ne abbiamo altri.
E anche tra noi prigionieri, invece di sentirci solidali, da quando c’è la storia non abbiamo fatto altro che sbudellarci a vicenda.
E ora c’è il cvd19…E ci costringe a guardarci dentro, noi e i nostri compagni di prigionia. . cioè TUTTI.
E il pensare ci strappa l’anima in mille frammenti. . sta a noi ricomporli in un modo migliore di “prima” quando eravamo “felici” e non lo sapevamo.





