Trasparenze e assenze

GIORDANA – di Rossella Gallori

…tra trasparenze, assenze, maschere ed una infanzia che non c’ è più…

 …era abituata a piangere, lo sapeva fare in molti modi, era un valore “acquisito sul campo” nessuna medaglia, nemmeno un misero bronzo, per quel suo sapere.

C’ era stata la nascita, poco desiderata, che forse aveva capito, ancor prima di imparare a camminare… se tu non ci fossi stata…era l’ unico rosario che sua madre sapeva recitare, al quale seguiva quello della nonna più cocente: oh Signore, questa è una punizione…

Ed era cresciuta così Giordana, tra urli, strilli, ceffoni dei fratelli, ed un unico amore….

Gli anni erano passati, tra un lavoro scelto al volo, per quella sua voglia di aiutare la famiglia, quasi un modo per farsi  del male ed  accudire chi non ti vede, rinunciare allo studio, alla poesia che amava e che le dava gioia, cercare in maschi più grandi e quel calore mai ritrovato, faceva tutto per far capire che esisteva, come accettare a 14 anni di posare per una ditta, di calze, che per puro miracolo non la portò sul marciapiede…per fortuna oltre al saper piangere aveva imparato anche a scappare, fiutava il pericolo

Giordana, dote che perse nel tempo….e fu in quel lasso di tempo che si costruì una maschera, fu un lungo lavoro di cazzate e doveri, un ricamo complicato dove spesso i fili si intrecciavano , nodi da strappare, da tagliare e togliere, per aggiungere un colore cambiando sfumature, nacque così una nuova lei, piena di controsensi, una Giordana strafottente : una che non aveva “ voluto” studiare, una che  aveva “ dovuto “lavorare” una che “vado alle feste e torno quando mi pare”una timida e dolce che  si inventò “ dura” come il granito.

Opaca ed invisibile, ecco come si sentiva, anche quando arrivò un marito, una figlia, amori che eran “ porti sicuri” e spesso lei fece diventare “ bassi fondali” …..no non sapeva muoversi, nel certo, non capì amicizie vere, abbracci Sinceri….

Era nata cristallo  prezioso, ed era diventata culo di bicchiere peso ed economico.

Quindi “era abituata a piangere” Giordana, e lo stava facendo, in silenzio, anche ora, con il naso schiacciato su un vetro opaco di pioggia vecchia, con le lacrime che facevano tuttuno con un moccio infantile e copioso, gli occhi gonfi che cercavano una primavera nuova e libera, al di la della piccola finestra, occhi miopi che guardavano verso il parco chiuso, dove gli scoiattoli correvano, padroni ignari e l’erba cresceva ad un ritmo più veloce del solito, aspettava voci, conferme, un saluto non distratto, un bacio da lontano, una carezza a distanza, nessuno avrebbe notato le sue rughe, quei solchi dell’ anima che erano affiorati, un po’ vigliacchi e forse prematuri….rimase li a lungo…in un’ attesa che non fu vana, una pioggia improvvisa raccolse i suoi desideri…pioveva a vento i vetri si appannarono, finalmente strisce d’ acqua segnarono un tempo che sembrava essere eterno…era il 21 marzo 2020 …le 6 del mattino

Non me l'aspettavo

Una risposta che non mi aspettavo – di Patrizia Fusi

Nel periodo delle vacanze di solito i miei genitori mi mandavano a trascorre da i miei zii che erano casieri presso alcune le ville di persone benestanti.

Quella lontana estate ero alla villa Limonaia.

Trascorrevo le giornate fra il grande giardino divertendomi a aiutare lo zio nella cura delle piante, o lo seguivo nell’orto dove coltivava di tutto, c’era un grande susino della qualità goccia d’oro erano buonissime, le facevamo maturare sull’albero, quando mangiavo quelle molto mature  facevo due piccoli fori nella buccia e succhiavo tutto il frutto.

 La verdura dell’orto era per tutti, lo zio il venerdì preparava le cassette con tutta la verdura e la frutta che c’era a disposizione, il sabato il padrone di casa la portava alla casa al mare ai vacanzieri.

Lo zio era bravo nel coltivare l’orto e a seguire il giardino, aveva imparato a coltivare la terra fin da bambino essendo la sua una famiglia di mezzadri in una fattoria del Chianti

Delle volte seguivo la zia che doveva fare le pulizia in villa, essendoci rimasto il capo famiglia a lavoro a Firenze, mentre gli altri si erano trasferiti al mare compresa la servitù.

Dalla cucina dell’appartamento degli zii entravamo diretti nel guardaroba e nelle stanze della servitù.

Nel guardaroba c’era un odore particolare che mi pungeva gradevolmente le narici, al piano superiore c’erano le camere, per arrivare a queste si passava da un corridoio a balconata che si affacciava sopra un grande salone, il pavimento delle stanze aveva il parquet, la zia doveva pulirlo con molta attenzione e fatica.

 C’erano tante altre stanze, fra saloni con morbidi divani damascati, tende candide alle grandi vetrate, studio, ingresso, sala da pranzo, cucina ripostigli vari, era tutto molto sfarzoso.

 C’era un cane lupo di nome Whisky lui era il mio compagno di giochi, rare volte veniva la nipotina del contadino, che aveva la casa attaccata al dietro della vila a giocare con me, io ero molto timida e legammo poco.

Ricordo con amarezza la poco sensibilità che mia zia ebbe verso di me, una sera mentre ero affidata a lei, pur essendo un donna buona.

Per cena aveva preparato il pollo a sugo, quando tutti e tre eravamo a tavola, la zia mi chiese quale pezzo del pollo volessi , io da bambina ingenua, avendo visto come mia madre pensava prima a noi bambini che per sé , chiesi candidamente che avrei voluto il pezzo migliore, lei mi diede una risposta che non mi sarei mai aspettava, rispondendomi che il pezzo migliore piaceva a tutti, questa risposta di lei mi feri profondamente, mi sentii tanto sola e in quel momento desiderai tanto di essere a casa mia con la mia famiglia .

La mattina, dopo un sonno ristoratore ricominciai il tran tran della vita in villa, la zia non si era nemmeno resa conto di quanto mi aveva ferito e io rimasi con loro fino a quando non iniziò l’anno scolastico.