I bambini che siamo stati: altre scintille

IL MEDICO E LA BAMBINA – di Elisabetta Brunelleschi

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Una targhetta in marmo affissa accanto alla porta recitava: “ambulatorio eretto dal popolo per il popolo” .

Quando c’era bisogno del dottore, quello era l’ambulatorio più vicino, distava solo un chilometro da casa nostra. Gli altri, la Misericordia o la Croce Rossa, prevedevano percorsi di 4 e 5 Km.

L’avevano allestito in una stanza del Circolo de La Fonte. Ricordo poche persone silenziose sedute su sedie impagliate, tutte allineate in un corridoio lungo e buio, io che non potevo star ferma e la mamma che mi guardava male perché negli ambulatori si deve stare buoni, è maleducazione andare in qua e là! Il Signor Dottore non vuole la confusione, ci brontola!

Quando finalmente giungeva il nostro turno, compariva Emma che, con fare gentile, apriva la porta ed eccoci in una stanza ampia e luminosa.

L’Emma, un donnone di forse cinquantanni, con vesti chiare da infermiera, i capelli lisci e tirati all’indietro, faceva entrare i pazienti e poi se stava seduta da una parte a cucire, ricamava a punt’a smerlo un pezzetto di stoffa da me mai ben identificato. Poteva essere un colletto, il davanti di una camicetta o un banale fazzoletto.

Emma, l’ho scoperto da grande, non era un’infermiera, ma semplicemente una persona che da volontaria, faceva l’assistente al medico e poi apriva, chiudeva, puliva .

Dappertutto in quella stanza dominava il bianco, nel telo che copriva il lettino, nell’asciugamano che ciondolava accanto al lavandino e nel metallo dell’armadietto a vetri sui cui ripiani erano schierate bottigliette di disinfettanti, contenitori in smalto e scatole di sconosciute medicine.

Era proprio l’armadietto la prima cosa che guardavo, nel timore di scoprirci siringhe pronte per chissà quale iniezione!

Nel centro della parete di fronte alla porta c’era il tavolo del dottor S. il nostro medico. Un uomo sempre vestito con eleganza, alto, con un bel vocione simpatico.

Ci accoglieva sorridendo, chiedeva, spiegava con parole semplici, talvolta con battute anche salaci. Pur mantenendo l’autorevolezza di un dottore, si faceva capire da persone umili, che non avevano dimestichezza con i termini tecnici della scienza medica.

Da piccola rosicchiavo le bucce delle arance, la mamma gli domandò se mi potevano far male: – No, ma stai attenta, chissà laggiù chi le maneggia e cosa ci mettono sopra, le devi lavare bene bene!-

Una volta, io ero terrorizzata da alcuni nei che mi erano comparsi sulle mani, lui con fare paterno e un po’ scuotendo la testa disse: – Ma non sei morta ancora, e allora?-

Un’altra volta, ma ero già più grande, mi ammalai poco dopo essere stata dalla parrucchiera, venne a visitarmi e vedendo i miei capelli ben acconciati e constatando il mio stato (febbre alta, tosse e raffreddore) esclamò:- Anche con la peste bubbonica andate a farvi i capelli voi donne!-

E di fronte ai continui lamenti della mamma su intestino e stomaco che secondo lei non funzionavano, venne fuori con questa domanda: – Allora cos’è, non digerisci o non cachi?-

Lei fece tesoro di quella domanda e per un po’ il suo apparato digerente non dette problemi.

Era un medico di altri tempi, veniva a casa, visitava i malati, si fermava a salutare e chiacchierare. I pazienti lo rispettavano e seguivano le sue prescrizioni.

Non ne ho mai avuto paura. Le mani che palpavano la pancia dolorante erano morbide e calde, l’orecchio appoggiato sulla schiena per sentire i bronchi mi provocava solo un leggero solletico quando i capelli sfioravano la pelle. Mi disturbavano l’aprir bocca e l’abbassa-lingua ma durava un attimo!

Non drammatizzava le situazioni e questo era un bene per la mia mamma, che, non lo voleva dare a vedere, ma era ossessionata dalle malattie.

Invece per alcuni era lì il suo punto debole. Si raccontava di mali non riconosciuti, di diagnosi fatte con leggerezza, di pazienti che per queste ragioni si erano rivolti a altri dottori.

La mia famiglia non ha mai avuto da rimproverargli niente. È rimasto il nostro medico di famiglia, sino a quando, per raggiunti limiti d’età ha lasciato la professione.

Da moltissimi anni quell’ambulatorio luminoso e lindo non c’è più. Nel corso del tempo la stanza è stata utilizzata per le più svariate esigenze. Nei lontani anni Settanta del secolo scorso ha persino ospitato una sezione di scuola materna!  

Ma oltre al ricordo dell’Emma e del dottore, resta dentro di me quel senso di rispetto e reverenza per il Signor Dottore che mi è stato inculcato negli anni dell’infanzia, mi accompagna in ogni contatto col mondo della sanità e mi porta a considerare medici e infermieri persone di un gradino più alto perché capaci di conoscere e curare quei misteri che spesso sono le malattie.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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