Voltare pagina

La finestra sul cortile – di Gabriella Crisafulli

E all’improvviso il mondo si ferma di nuovo come allora.

La finestra è aperta su un agosto implacabile, l’aria è immobile, la temperatura cresce di ora in ora.

Siamo sole, io e te, bambina mia, mentre un martello pneumatico batte accanito sulle pietre.

Proseguirà fino a sera, così come ieri, così come domani, così come sempre, esclusa la domenica.

Ci sono da realizzare le nuove cucine e si approfitta dell’agosto per ultimare le opere prima che l’attività ricominci a pieno ritmo.

Devo scegliere: o si chiude la finestra e si muore dal caldo o la si lascia aperta e si impazzisce dal rumore.

Siamo sole, io e te, bambina mia.

Anzi, no.

Ogni giorno alle quattro del mattino arriva l’infermiera: mi mette in gola un sondino lungo un metro che terrò per alcune ore.

Poi c’è chi consegna il mangiare tre volte al giorno.

Alle 9 passa un medico.

Nient’altro.

Cinquant’anni fa non esisteva il telefono in camera né il televisore o la radio. Non era ancora tempo di cellulari.

Potevo leggere, scrivere, sognare: era meglio non farsi troppe domande. Ero spaventata. Però potevo lavorare a maglia.

Mi hanno anche proposto di abortire, ma quando me l’hanno detto tu ormai eri la mia piccina.

Siamo sole, io e te, bambina mia, sul basso continuo del martello pneumatico che si fermerà a mezzogiorno: a mezzogiorno gli operai mangiano.

Li vedo bagnare il pane con l’acqua e strofinare sopra il pomodoro. Qualcuno ha anche la cipolla di Acquaviva.

E si fermerà alle 18: alle 18 smettono di lavorare.

Proprio sole forse non siamo: vengono a trovarci quattro persone. Si tengono a debita distanza: siamo in isolamento.

La domenica arriva il tuo papà.

Non ci domandiamo se questa malattia danneggerà la tua salute, ma il pensiero è sempre lì.

Ti parliamo.

Ma gli altri giorni mentre altre mamme e altri bambini sono immersi in un universo sonoro di voci e musica, per te e per me c’è solo il martello pneumatico.

Dopo mesi di malattia, all’ennesimo rialzo termico, vacillo e penso seriamente che non ce la faremo: il medico ride della mia paura.

Non riesco a difendere la mia bambina a cui arrivano tutte le medicine che mi intossicano.

Me ne sto lì, immersa nel vuoto.

Ormai la fede scivola via dall’anulare e la sposto al medio.

In quei giorni gli astronauti sono scesi sulla luna, ma te ed io non possiamo andar via di lì.

Poi sei nata.

Ti ho esaminata centimetro per centimetro: eri bella, eri dolce, eri soffice, eri sana.

Ho tirato un sospiro di sollievo.

Ho aperto le porte ad una incontenibile felicità.

Avevo tanto latte e tu ne prendevi a volontà.

Ho voltato pagina.

Ho pensato che tutto quello che avevamo passato sarebbe stato cancellato per sempre dalle nostre vite.

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

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