Io non ho paura – di Gabriella Crisafulli

Era una di quelle albe brumose che fanno rimpiangere di essersi alzati. Ma era una ragazza tutta di un pezzo. Aveva deciso di andare a messa e doveva farlo a quell’ora perché dopo la zia andava al lavoro e toccava a lei prendersi cura dei bambini.
Fuori dal palazzo le strade erano deserte. I grattacieli di quella periferia svettavano uno accanto all’altro nel silenzio assoluto. Sentì un brivido di freddo. Guardò per bene l’edificio da cui era uscita e se lo impresse nella memoria. Che fortuna! La parrocchia era vicina e aveva in calendario la prima funzione di prima mattina. Così lei poteva garantirsi, malgrado il suo impegno a Milano, la sequenza continua dell’eucarestia nei primi venerdì del mese, cosa che le avrebbe garantito la salvezza eterna.
Accelerò il passo per la preoccupazione di trovarsi in un posto sconosciuto. Riuscì a scaldarsi un pochino e resistette al ghiaccio della chiesa.
Tornando a casa era felice: operazione riuscita in perfetto orario.
Dentro all’androne cominciò a scongelare e all’uscita dall’ascensore, all’undicesimo piano, era pronta per badare ai suoi cugini.
Quando suonò il campanello le venne ad aprire una donna sconosciuta che la guardò con sospetto: che ci faceva quella ragazzina davanti al suo uscio a quell’ora del mattino? E chiuse la porta.
Etta guardò la targa affissa accanto all’ingresso dell’appartamento, ma effettivamente non c’era scritto il nome dei suoi zii.
Pensò di aver sbagliato piano. Salì a quello di sopra, scese a quello di sotto. Se li fece tutti. Niente: spariti. Dissolti nel nulla. E lei con loro.
Uscì per strada, esaminò con attenzione la pulsantiera alla ricerca del cognome: ma Cosenza non era scritto da nessuna parte.
Ripercorse il tragitto fatto e di nuovo le sue gambe la portarono in quel luogo. Si stava facendo tardi: la paura le cresceva dentro. Si vedeva in un film di terrore.
Percorse le scale del grattacielo a destra e poi di quello a sinistra.
Nulla.
Si disse “io sono qui, sto pensando, non sono matta, non credo ai fantasmi, devo solo trovare dove andare.”
“Io non ho paura. Lo sanno in tutta Italia. Lo ripetono sempre i miei genitori. Mai avuta, fin da piccola. Non ho mai pianto di paura: non era possibile”
– Etta è una bambina coraggiosa – dicevano.
Erano sette i palazzoni identici uno accanto all’altro.
Se li fece tutti.
E all’undicesimo piano di uno di questi, alla porta giusta, la zia l’accolse col suo sorriso bonario.
Mentre si toglieva la giacca, le venne accanto la piccola Daniela. Senza una parola le si strofinò vicino per farle festa, piano piano, timida e riservata come sempre.




