L’isolamento e la ricerca del passato

Il coronavirus ci isola. Ci porta a rimanere da soli, a scavare nel passato, a cercare di capire chi siamo e cosa rimane di ciò che siamo stati. Ci sono cassetti in cui conserviamo appunti scritti. La parola scritta non si ammala, non mente, rimane testimone eterna di ciò che abbiamo vissuto.

Un esempio? Una pagina di diario del 2002 riferita a un viaggio di studio di mia figlia in Amazzonia. Quasi due mesi isolata nella foresta con ogni tipo di pericolo davanti. Pochi contatti via internet a distanza di giorni uno dall’altro. Una grande prova. Coraggio e amore. Un ricordo, una traccia di ciò che siamo stati, di ciò che siamo ancora.

31 luglio 2002

Ieri sera, dopo aver guarducchiato il film perché Claudia parlasse in pace per conto suo (via internet) con la sua complice amazzonica (che guarda caso si chiama Cecilia anche lei …o che nome abbinato sempre a gente inquietante!) l’ho raggiunta in camera sua e mi sono distesa sul suo letto a guardarla. Lei mi leggeva la descrizione dei luoghi dove andrà, che in effetti non sono “il bagno Maria” di Rimini con le discoteche e gli spinelli, ma le coste del Rio delle Amazzoni e mentre mi elencava le innumerevoli specie di insetti che vivono SOLO lì e le razze di alligatori che, dice, sono pericolosi SOLO SE SI PESTANO, e mi elencava la percentuale mondiale dei primati, degli uccelli, dei rettili, degli anfibi, dei pesci che sembrava mi sciorinasse tutto il regno animale e vegetale dell’enciclopedia Treccani, mano a mano vedevo i suoi occhi illuminarsi e riempirsi di tutti quei riflessi. E gli occhi suoi riflettevano tutti i colori e i verdi di quelle foreste, si riempivano dei riflessi delle scaglie dei pesci, dei mantelli di ocelot e di giaguari, delle penne di uccelli quasi immaginari, di are, pappagalli e altri nomi neppure mai sentiti. E mentre ero lì sentivo il mio cuore come le crete di Siena, un po’ crettato e diviso in settori. Uno era decisamente di paura “ma dove sta andando questa pazza scatenata?” ma le altre scaglie erano di gioia. Di gioia nel vedere i suoi occhi pieni di gioia. Di gioia perché ce l’ho fatta a portarla fino a qui, ce l’ho fatta a permetterlo. E molto ha voluto dire questo progetto inatteso che mi ha dato i soldi per  questi suoi viaggi e questi studi incoscienti!

Un’altra creta  mi diceva: “forse non sei stata una mamma giusta. Potevi insegnarle l’uncinetto, dovevi proteggerla di più”….ma più pensavo così e più qualcosa dentro mi spingeva a pensare “vai vai vai, vai libera, vai felice, è la gioia più grande vederti così, dolce, con quei capelli che saluto addormentati ancora ogni mattina, così fini e teneri e con quello sguardo che è un misto di dolcezza e di diamantina determinazione. Io morirò di ansia, ma ti proteggerò anche da lontano perché non esiste lontananza per un amore, quando è grande davvero….”

E poi ho pensato che se sopravvivo alla paura, questa prova sarà importante anche per me. E allora penso che come ora io aiuto Claudia a realizzare i suoi sogni, sarà lei a dare forza a me e mi aiuterà a liberare la mia energia, e mi darà la spinta perché incontri davvero la persona che è in me.

Cecilia