
Il segreto – di Luca Di Volo
In quella casa l’odore di fritto, o d’arrosto, o di bruciaticcio era costante. . , anzi , direi che ogni volta che andavo a trovare la cugina della mamma , a Stia, era proprio questa traccia a farmi correre infallibilmente verso quel piccolo edificio isolato in fondo alla lunga piazza Tanucci.
Strana coppia quella di questa cugina e di suo marito, lui insegnava disegno, cosa che non era quel gran successo che lui forse sognava. Piccolo, magro magro (direi anche in senso morale), si era arreso al mondo reale che , anzi, lo infastidiva facendolo reagire con stizza verso chiunque gli ponesse qualche questione. Peccato perché in fondo era un brav’uomo . . , non era colpa sua se di talenti dal buon Dio ne aveva ricevuti pochi.
Comunque, io volevo bene a tutti e due , prima di affacciarmi alla porta , mi piaceva girare un po’ attorno alla casa, osservare quel prato dove tante volte avevo giocato da bambino. . spesso anche la vista di una stanza in disordine e un suono di telefono evocavano una insperata eco di commovente familiarità rendendo vivo e palpitante un luogo che , ad una prima occhiata non sarebbe sembrato affatto bello.
Ma poi il desiderio di vedere la cugina (la chiamavo così, forse per me non era neppure una zia), si faceva prepotente e con allegria suonavo il campanello. Mi ricordo che , aprendo la porta, lei era sempre uguale, come uguale era la cucina in cui il nero del fumo faceva da pendant all’espressione stanca e rannuvolata di lei, nero su nero, si sarebbe detto, anche se qualche barbaglio sul volto , alla mia vista, si sarebbe risvegliato . Dopo avermi baciato e prima di lamentarsi della sua amara vita coniugale, si accinse subito a celebrare il nostro rito segreto: sapeva che andavo matto per le polpettine piccanti . Guarda caso queste stavano già friggendo insieme a cipolle dorate in mezzo all’olio che dolcemente e quasi in silenzio soffriggeva.


















