Una ricetta e una storia

Cassola…dolce ebraico… – di Rossella Gallori

Arrigo si annunciava un paio di giorni prima: che la vole?…ce l’ho!!!

Arrivava sul presto, che in casa nostra sembrava sempre un po’ tardi,  mattinieri per necessità, più che per vocazione…

Era un omone dagli occhi verdi e vispi, un basco nero, la camicia a quadretti un po’ grandini, il fazzoletto rosso al collo, la giacca di velluto sganciata…suonava così forte il campanello che spesso apriva anche la signora di sopra..

La mamma  metteva il caffè sul fuoco e correva verso “LA RICOTTA” ….si verso la ricotta, sapeva già cosa farne….per LEI, la ricotta, sopportava le sbirciate di Arrigo, il gioco valeva la candela, mia madre è sempre stata una donna dal seno piccolo ma dai grandi scolli….e poi diciamocela tutta un chilo di ricotta buona e gratis, mica capitava tutti i giorni….lo congedava in fretta, poi il povero pastore di San Godenzo…

Si metteva subito all’opera, con la radio accesa, e la padella nera,  quella con il manico di legno grosso, quella che le mie mani di bimba non riuscivano ad afferrare.

Nasceva cosi il suo dolce preferito, che all’epoca non aveva un nome, ma un profumo,  un sapore ed un colore indimenticabili…ricotta, uvetta “BRIACA”  di rum o di quel che c’era, uova, zucchero, arance…vaniglina tanta, forse troppa….ma le dosi erano un  segreto che nemmeno la cuoca, mia madre,  conosceva.

Ricordo il colore le sfumature del giallo che diventava arancio, lo stupore nello scoprire che la nostra cena “ A CAFFELLATTE”  sarebbe stata arricchita da quella che lei chiamava: un dolce ebraico di giù…..ci veniva impedito garbatamente o quasi  di porre altre domande…

La tradizione fu abbandonata alla morte di Arrigo, ricordo che andammo io e la mamma in pullman, rimpiangendo, andata e ritorno, più la ricotta che lui….poveretto.

Gli anni sono passati, i ricordi  assopiti, i sapori poi quasi dimenticati, manca tanta, troppa gente all’appello….le mani mi avanzano per contare chi mi è rimasto……..

Poi arriva la telefonata, Alice mia figlia,  mi domanda : mamma, la conosci la cassola?…..chissà perché rispondo: che?????

Potevo almeno sciorinare quei tre grammi di cultura che ho….parlando di uno scrittore….invece …..

Ali è sbrigativa spesso ricorda mia madre…dopo te la porto….tra dieci minuti  son li.

Chissà perché penso ad uno spezzatino…penso male…

Arriva con un qualcosa che credevo aver dimenticato, il sapore, il colore …l’amore…una enorme fetta di Cassola…un dolce ebraico romanesco… del quale non sapevo il nome,  e non ne conoscevo le origini, ho sempre creduto poco alla mamma…

Mia figlia mi guarda, mangio in silenzio, con le lacrime che scendono….poi mi alzo ho sentito suonare il campanello….apro, c’ è Arrigo sull’uscio, con “la pezzola ai collo”. Sento il profumo del caffè, mia madre” tira fori la teglia nera”…

Grazie di esistere Alice.

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La ricetta di Alice Parretta

CASSOLA EBRAICO-ROMANESCA

Preparazione: 10 minuti     Cottura: 30 minuti     Dosi: 8 persone

Ingredienti: 600 g di ricotta – 4 uova – 100 g di zucchero – 110 g di uvetta – 1/2 scorza di limone – 1/2 di scorza d’arancia – 1 pizzico di sale – 1 pizzico di cannella

Per guarnire: 4 fette di arancia – q.b di pangrattato – 10 g di burro – 1 cucchiaino di zucchero

Per realizzare la Cassòla ebraico-romanesca iniziate mettendo l’uvetta a rinvenire in acqua tiepida, aggiungendo del liquore se volete dare una nota più decisa.
Poi prendete una ciotola capiente, impasterete tutto li: versate la ricotta con lo zucchero, poi la scorza di mezzo limone e di mezza arancia con il pizzico di cannella – se piace – e il pizzico di sale. Lavorate bene fino a ridurre a crema, con una forchetta o, meglio, con una frusta a mano.
Incorporate all’impasto un uovo per volta, avendo cura di amalgamarlo bene prima di inserire il successivo. Strizzate ora l’uvetta dal liquido e inseritela nell’impasto mescolando con un mestolo.

Accendere il forno a 180°C. Imburrate molto bene uno stampo del diametro di 18-20 cm, alto almeno 3 cm, cercando di abbondare con il burro, che sarà poi fondamentale nell’operazione si sformatura del dolce. Se non avete ospiti celiaci, spolverizzate con del pan grattato tutto l’interno dello stampo, sarà ancora più facile sformarlo. In caso contrario, omettetelo.
Versate l’impasto e infornate per circa 30 minuti, in ogni caso estraetelo quando il centro del dolce non risulta più tremolante scuotendo lo stampo. Fate raffreddare bene su una griglia e poi in frigorifero, poi sformatelo sul piatto di portata e servite.
Se volete arricchire la sua presentazione, tagliate 4 o 5 fette sottili di arancia e fatele scaldare con un cucchiaio di zucchero in padella, finchè si caramelleranno, poi adagiatele nel centro del dolce.

Una storia è cresciuta dentro un’altra

E per compagno di vita un libro – di Carla Faggi

Biblioteca di Ponte a Niccheri: Pierantonio non ama frequentare questi luoghi. Li considera deposito di libri vecchi, vecchissimi, di polvere e di oscurità. Ci vede solo ombre! Di ogni tipo, lunghe, corte, grassocce e deformi; e c’è un silenzio indefinito, scandito solo da un fruscio di mani che le toccano, le sfogliano, una cantilena quasi assordante.

Ogni libro ha un suono che ogni mano che lo sfiora trasforma. Entrare in una biblioteca è come vivere dentro una bolla di sapone con in sottofondo una melodia lieve. Lui non ama questa atmosfera ovattata, non la trova piacevole.

– Hei, Dottor Antonio, ancora qui? Ma non ci stai mai in ginecologia a Ponte a Niccheri?- gorgheggia una voce femminile.

Lui sgrana i suoi grandi occhi color nocciola. Si sveglia dal torpore del suo stato d’animo polveroso ed ombroso e  sorride alla splendida ragazza, vero scopo della sua visita in biblioteca, seduta in sala lettura.

È bellissima, pensa. I suoi capelli biondi risplendono nella luminosità della sala.

I coloratissimi libri ben disposti sugli scaffali attorno le fanno da cornice.

Sembra una Madonna! Anzi, no! Le Madonne non sono bionde, sembraaa…una cortigiana del Re Sole!

-Stavo cercando un libro – balbetta ancora rapito ma senza dimenticarsi di imbronciare la sua bella bocca carnosa che sa essere punto di forza nella conquista delle femmine.

– Cosa cercavi? Vuoi che ti aiuti?

– Beh, sai…cercavo qualcosa di particolare, che mi possa aiutare a capire il mondo – intanto si aggiusta, carezzandoli, i capelli castani tagliati all’ultima moda- …il mio posto nel mondo…perchè sono qui ora…perchè appena due ore fa ho aiutato una vita a nascere, e quella vita avrà uno scopo più alto della mia, sicuramente perchè non siamo niente nei confronti dell’Universo….e… parla e guarda la splendida bionda.

Ogni fruscio diventa volo d’angelo. Quella cantilena che prima gli sembrava così assordante diventa musica soave. Quel sottofondo ovattato si trasforma in melodia.

-… oh Antonio, che animo gentile e che profondità di pensiero…vieni, andiamo che ti aiuto a cercare i libri adatti che possano aiutarti-

Disteso sul letto, un grosso cuscino alle spalle con la finestra spalancata che illuminava prepotentemente la stanza, Pierantonio sfogliava il libro con interesse parziale. Doveva leggerlo, se poi lei gli avesse chiesto qualcosa non voleva deluderla, ma di tutta quella psicoterapia della Gestalt, dell’aggressività della libido, non ne poteva più.

Si rilassa e cerca di chiudere gli occhi.

All’improvviso un’ombra scura gli si para davanti, è enorme, tenta di abbracciarlo, lui fugge ma viene fermato, si tiene alla spalliera del letto, ma una forza lo risucchia, lo spinge in un buco nero senza fine, il tempo non esiste più, lui stesso non esiste più. C’è solo il nero, il caldo, l’infinito.

Un urlo stridente gli fa spalancare gli occhi: È lui che sta istericamente urlando! È lui che sudato fradicio, il cuore scalpitante, stringe il libro al petto quasi a farsi male.

Ok, calma, ricominciamo, leggiamo questo libro…la seduzione nella vita del soggetto egotista…la conquista dell’altro sesso per conquistare se stesso…la nevrosi come prematura pacificazione del conflitto…

Però è interessante…qualche problemino forse ce l’ho…qualche fissazione…beh! Lo continuerò domani, ora mi sembra di bruciare, forse ho la febbre.

No, non ho la febbre, è che questo Freud, anzi in questo caso Jung e la sua “Teoria della Gestalt” mi ha proprio rotto le scatole!

E poi io ho le visioni, proprio come Santa Ildegarda, e se mi curassi con le erbe? Vediamo allora questo libro “la farmacia di Santa Ildegarda”: Finocchio che vince la malinconia, salvia che consola, profumo di rosa che rallegra…uhm…

Mi sembrano un po’ antichi come rimedi!

Rufola tra i libri presi alla biblioteca di Ponte a Niccheri: forse il Dott. Bach con i suoi fiori, ecco! L’insicurezza che porta alla ricerca della conquista e non all’impegno diceva Jung: mi sembra faccia al caso mio Scleranthus…si aggiungendo anche… Pine per il senso di colpa…è vero, sono perfido con le femmine, inaffidabile, non è giusto poverine, ok Pine è perfetto per me, io sono un senso di colpa vivente…

Non è stato sincero, i libri erano delle scuse. Voleva solo far colpo su di lei. Ma l’aveva illusa.

Si rendeva conto che riusciva a far del male per delle motivazioni futili. Era ingiusto, si sentiva in colpa e voleva espiare.  Posa il libro di Giuseppe Berto “La cosa buffa” che lo stava ispirando in quel momento e spalanca la finestra di casa, appoggiandosi al davanzale a dorso nudo.

– Non merito pietà. Il mio corpo sarà martoriato dal freddo, mi ammalerò, forse morirò, è giusto che succeda per ripristinare la giustizia e l’equilibrio. Soffrire per aver fatto soffrire!

Sente freddo, ma è un refrigerio piacevole – è una stoica rassegnazione all’espiazione profonda. Il freddo sarà il mio carnefice!

Quando nel  balcone di fronte vede una splendida donna, allora si rassetta i capelli, ma solo un poco, sa che “il trasandato” piace.

Dicono che per pagare e morire c’è sempre tempo, anche per soffrire, pensa e sorride alla ragazza.

Ma le prime decisioni sono sempre le più determinanti e Pierantonio il giorno seguente è a letto con febbre alta e una bella bronchite.

Riesce però a leggere, e finisce la sua attuale lettura che gli ha fornito l’ispirazione alla bronchite pret a portet, poi inizia “Espiazione “ di Ian Mc Ewan.

La protagonista la sua espiazione la trova nella scrittura, pensa, e riflette, la prossima volta scrivo!

Inizia così a scrivere la sua biografia ( tutte le persone importanti ne hanno una, pensa).

Racconta di quando a tre anni si trasferì con la famiglia a Los Angeles da Avellino, ricordi sfuocati di disagio e sofferenza, e poi quando rientrò in Italia, a Firenze, a diciassette anni, appena in tempo per studiare e laurearsi in Medicina. Di come si sentiva senza patria e come il suo italiano con forte accento americano glielo ricordava continuamente. Si era sempre sentito come in bilico sul filo spinato, senza capire all’inizio l’ironia dei fiorentini e con la difficoltà a sentirsi accolto.

Disagio che naturalmente non aveva con l’universo femminile. Era  ben accettato, anche troppo. Per questo si era dedicato totalmente alle donne, anche in campo professionale. Essere medico ospedaliero con specializzazione in ginecologia lo gratificava abbastanza. La scoperta continua del femminile gli creava soddisfazione e irrequietezza allo stesso tempo.

Nell’universo tenebroso, buio ma accogliente della natura della donna aveva incentrato tutte le sue paure ma anche tutte le sue aspettative.

Raccontò quindi delle sue donne, delle avventure, del mordi e fuggi, di come conquistava le femmine e del relativo soprannome di Dottor “Tuttamore”.

Di come sfuggiva dai rapporti seri con l’altro sesso, e si limitava alla soddisfazione della conquista.

Scrisse tanto…riempì pagine e pagine.

Scrivere di noi e per noi è come vivere di nuovo, reinventarci. Rivedere il nostro vissuto con compassione, perdonandoci; magari ricordando particolari dimenticati ma essenziali per capire ed accettare, liberandoci dalle colpe e le insoddisfazioni.

Scrivere è fermare i pensieri, chiarirli.

E Pierantonio capì che doveva capirsi. Accettò che doveva accettarsi.

Mise un punto su quel capitolo, ora si sentiva pronto a viverne e  scriverne uno nuovo.

Andò al lavoro più tranquillo quella mattina, si incamminò veloce nel corridoio del reparto, e come sempre, ma ora con la consapevolezza e l’orgoglio di farlo, guardava il suo riflesso nello specchio di ogni vetro e non dimenticava le sue ormai mitiche occhiate mielose alle giovani infermiere che espressamente apprezzano .

Non voglio più farmi problemi con le donne, pensa, io le amo tutte. È tanto bello quando faccio nascere una femmina, quando ne vedo la testina spuntare, e poi la vedo uscire con prepotenza femminile, ed il pianto, anche quello è diverso, più deciso, più determinato. Si le femmine sono veramente un miracolo divino!

Si sente come uno scienziato della vita.

Vuole essere il medico delle donne, il loro primo medico di riferimento.

Seguirle nel loro mistero femminile fin dalla nascita, poi in ogni fase della crescita, con il loro corpo che cambia, si evolve, muta le  abitudini e la  psicoemotività.

Fino alla menopausa che è una tappa biografica importante che coinvolge corpo, mente, desideri e organi del corpo femminile.

Per curare occorre prima conoscere il paziente, comprenderne i disagi, le preoccupazioni, curarne la mente oltre che il corpo.

Pensa ai libri che lo hanno guidato in queste riflessioni. Libri come compagni di vita! Pensa alla ragazza della biblioteca che lo ha indirizzato verso quelle letture e riflessioni. Andrò a trovarla, pensa, la inviterò ad uscire.

Miracolo di un libro, di una donna, del suo lavoro? Non lo sa il Dottor Pierantonio, ma accelera il passo, le sue donne hanno bisogno di lui e c’è un parto da seguire, e “speriamo che sia femmina”, pensa, proprio come suggerisce il titolo di un vecchio film.