Angolo della letteratura

“Cantava, dico, ma sottovoce, vecchi motivi senza parole,metà mugolìo, metà fischiettìo, e un gorgheggio a tratti; ed era una buffadonna coi suoi cinquant’anni o poco meno, e la sua faccia non vecchia ancora,asciugata dagli anni, ma non vecchia, giovane anzi, e coi capelli castani quasibiondi, con la coperta rossa sulle spalle, con gli scarponi del babbo ai piedi.Vidi le sue mani, ed erano grandi, consumate, nodose, completamente diversedalla faccia, perché potevano anche essere di uomo che abbatte alberi o lavorala terra mentre la sua faccia era di odalisca in qualche modo. «Queste nostredonne!» pensai, e non volevo dire le siciliane ma le donne in genere senzadolcezza per la notte sulle mani, e forse, alle volte, infelici di questo,gelose e selvagge per questo, non avere di odalische le mani come pur avevanoil cuore e la faccia e non poter tenere i loro uomini legati a loro con lemani. Pensai mio padre e me, tutti gli uomini, col nostro bisogno di manimorbide su di noi, e credetti capire qualcosa della nostra inquietudine con ledonne; di come eravamo pronti a disertare da loro, le donne nostre con le manirudi e spicce, quasi maschili, dure nella notte; e di come si cadeva inschiavitù a chiamar regina una donna che fosse donna, odalisca, quando toccava”

Elio Vittorini Conversazioni in Sicilia

Boato

Boato – di M.Laura Tripodi

Esplode improvvisamente. Può essere violentissimo o un’eco lontana. Si annuncia con un crescendo quasi musicale, incerto. Sembra quasi avvertire per non spaventare troppo. A volte brontola a intermittenza e sembra volersi allontanare. Ma intanto le nuvole nere corrono veloci senza sapere dove andare. Si scontrano, si allontanano, si fondono. Intorno c’è odore di pioggia e come un’aria di aspettativa. Poi si fa buio, un buio innaturale nel primo pomeriggio. Si rischiara all’improvviso per una saetta che perfora le nuvole. E finalmente il tuono grida con tutta la sua forza.

Ridere

Ridere – di M.Laura Tripodi

Voleva andare al lago.

“Zia ci andiamo in bicicletta?”

“Io non ci so andare”

“Ha ha! Allora andiamo a piedi. Ma ce l’hai la canna?”

“Io? Io non sono mai andata a pescare! Mi siedo accanto a te e ti guardo.”

“Ma non sai fare proprio nulla!”

“Invece no. So ridere!” E dopo uno scambio di spintarelle e solletico giù matte risate a rotoloni sull’erba.

In un libro ho tenuto per anni una margheritina che il bimbo aveva raccolto e mi aveva regalato quella bella mattina di primavera.

Piangere

Lacrime d’argento – di M.Laura Tripodi

Fin da piccolissima c’erano parole che nella mia mente diventavano o evocavano altro.

Il termine “piangere” da sempre mi fa pensare all’argento e non credo sia solo una questione di suono. Chissà da dove arriva l’immagine di un metallo che non ha un gran valore, ma con il quale si fanno gioielli bellissimi.

Eccolo il pianto che viene da un sentimento di profonda tristezza, ma consola, pulisce, libera.

Lo stomaco si chiude in uno spasmo incontrollato, lo sguardo si appanna, il singhiozzo sale senza che nulla possa fermarlo.

Piangere è qualcosa che si scioglie dentro come se i nostri ghiacciai interiori si trasformassero in acqua che disseta.

Piangevo lacrime d’argento.