Giugno e le lucciole

lucciole

Lucciole – di Mimma Caravaggi

Poche sere fa la sorpresa mentre uscivo in giardino con il mio cane. Non avevo acceso la luce per cui l’ho vista immediatamente: una lucciola, la prima della stagione. Ho cercato di seguirla finché e stato possibile poi è sparita. Sono stata fuori per un po’ ma non è tornata. Rientrando in casa i ricordi si sono affollati in testa ricreando quasi quel loro volo fatato. Ricordi dimenticati che tornavano a rifiorire lentamente, belli, simpatici, diversi. Giugno è il mese delle lucciole e ricordo che le vedevamo apparire durante la mietitura ed erano tante e noi bambine ci divertivamo a catturarle per vedere come facessero a fare luce. Si rimaneva affascinati da questo miracolo della natura, questo piccolo essere che di notte brillava, faceva luce. Le catturavamo e tenendo le mani a coppa cercavamo di studiarle senza che ci sfuggissero di mano. A volte le portavamo in casa e le mettevamo sotto un bicchiere ma ci rimproveravano perché non era bello imprigionare quello speciale essere vivente  soprattutto perché a breve sarebbero morte per mancanza d’aria. Cosi, un po’ dispiaciute liberavamo le povere lucciole ma pronte a rincorrerle di nuovo e a catturarle per poi rilasciarle volare libere. Le guardavamo volare via con la loro luce ad intermittenza che ci stupiva ma che ci dava tanta allegria e gioia mentre correvamo in giro per il campo urlando : “eccola l’ho presa” “anche io l’ho presa” “io ne ho prese due tutte insieme” e poi felici le rilasciavamo sentendoci gratificate per la bravura di averle prese. Oggi mi fermo ad ammirare il loro volo e quando sono in tante e mi pervade una gioia immensa vederle volare mentre si accendono  e spengono in quella loro danza magica. E’ uno spettacolo bellissimo al buio, mi hanno sempre data l’impressione che delle piccole stelle ribelli, fuggite dalla loro dimensione si fossero catapultate giù fino a terra per  fare “caciara” insieme a noi e poi stanche della loro scappatella riprendere la via del ritorno. Ed ora fino alla fine del mese, la sera mi godo questo spettacolo gratuito di Madre Natura che continua ancora oggi a stupirmi e rallegrarmi.

“La musica che ascoltiamo è ciò che siamo”

SARA – di Rossella Gallori

La prima volta che l’ho vista era dietro il bancone di un bar, un bar piccolo sulla spiaggia; serviva caffè a gente   assonnata ed affamata di sole, in un maggio caldo ed umido, un locale colorato dentro e fuori…un po’ Cuba, un po’ Miami e molto, molto Marina di Cecina.

Aveva, Sara,  su di sé una boutique di parole, si intrecciavano sulle   braccia nomi, tralci di fiori, piccoli animali, cuori, di alcuni tatuaggi si vedeva solo l’ inizio, sembravano piccoli ruscelli, che finivano la loro corsa tra i seni, un canyon giovane e sfacciato.

Quando mi girò le spalle rimasi ancor più colpita…un volto dai capelli arruffati mi guardava dalla sua spalla sinistra, una frase sul lato destro. Se l’era scritta addosso quel suo angelo custode, orpello inutile nei mesi invernali, protetto dalla lana e dal ritmo lento del suo respiro. Esposto nei mesi caldi a facce sconcertate, appena nascosto, volutamente mal celato,  da sottili spalline di raso.

D’altronde per Sara, quella musica era stata la sua vita, una carezza per l’anima, quella chitarra un regalo semplice e sontuoso al tempo stesso… un bacio piovuto dal cielo, un modo per essere viva, sfrontata nella sua timidezza. Sì Sara era così, la osservavo mentre bevevo un caffè troppo alto ed addentavo un cornetto pieno di marmellata di pesche…più affettuosa che curiosa, più benevola che critica…strano avevo ancora voglia di essere giovane, viva, di fare mattina sulla spiaggia, di tatuarmi qualcosa o qualcuno sulla pelle e nel  cuore, di bere un kuba libre, di far scorrere rum nelle vene, di camminare a piedi scalzi, di indossare un nulla pieno di colori,di fumare roba buona, di ascoltare musica rock, fino a non sentire più il rumore del mio respiro stanco.

In quel piccolo bar sulla spiaggia, guardando i tatuaggi di Sara avevo sentito il desiderio di tornare indietro e di rivivere tutto, con più  grinta, di riprendermi ciò che era sempre stato mio ed avevo perso per strada…con quella musica e quella frase…

LA MUSICA CHE ASCOLTIAMO È CIÓ CHE SIAMO.