di M.Laura Tripodi
Quando il cuore è pesante come la pietra di un sepolcro aprire la finestra su un campo di papaveri, spaziare con lo sguardo tra terra e cielo e condire tutto con la risata di un bimbo.

Scusate, ho perso la speranza – di Rossella Gallori
Un giorno come tanti, un anniversario, difficile, più che una data, sembra un boomerang, che mi prende in pieno tutti, gli anni, so che succederà, ma inesorabilmente, non riesco a schivare il colpo. Anzi, me lo aspetto, so che starò male, voglio star male. Non preparo cerotti, ne disinfettanti, voglio grondare….e se non è sangue, sarà sudore, e se non fosse né sangue, né sudore….saranno lacrime.
Quest’ anno però, non è andata così…eppure le premesse c’erano tutte….il sacchetto con la spugna, le forbici, la pianta con i garofani rossi, due sassi ed una conchiglia, un pezzetto di collana rotta, che volevo nascondere dietro la croce, tra la tua, babbo e quella del bambino……avevo anche imbevuto un cotoncino con il mio profumo, volevo fartelo sentire; di me, forse ricordi l’ odore di una bimba, il borotalco Roberts che amavamo tanto….o quella saponetta Palmolive, di un verde tenero, che usavamo solo noi.
Si c’era tutto quello che serviva…….ma dopo 57 anni non ce l’ ho fatta….per la prima ed forse non ultima volta, mi sono arresa….non sono riuscita a fare niente di quello che ho sempre fatto….alzarmi prestissimo, fare colazione, prendere la bustona per te, aspettare il 14, scendere in S Marco…..riprendere un caffè ….salire sul 25….e all’altezza del Cionfo, iniziare a piangere…sempre il solito film….arrivare a Trespiano, comprare altri fiori, percorrere il solito viale, con il soliti cipressi che mi sembran sempre meno verdi e più bassi di allora…..percorrere quei metri, ed essere sicura di non trovarti sperando che sia stata l’ennesima bugia di mia madre, la tua morte. Sedermi ad aspettare per poi i vederti apparire….ti ho sempre aspettato, lo sai, vero?….poi delusa, ma non arresa ho sempre ripercorso il tragitto a ritroso….sicura di ritrovarti….per tornare a casa insieme….
Quest’anno no, non ce l’ ho fatta, ho perso la speranza, quella speranza verde prato, che è più una follia grigio piombo…
Ci venivo a 11 anni da sola, a volte facendo un lungo pezzo a piedi, passando da Santa Marta….e ora a 67…. Mi arrendo…mi sono arresa, mi sono fatta accompagnare, ed erano già passati tre giorni da quel 16 aprile, e quest’ anno, pensa non mi sono arrabbiata, rileggendo la tua data errata incisa sulla lapide, frutto di un ennesimo errore della mamma.
Sono stanca, ho perso la speranza di trovarti seduto ad aspettarmi, di sentire la tua voce, che mi chiama tra i salici piangenti….
Non sono venuta sola, perché ho avuto paura…sapevo che le mie gambe questa volta non mi avrebbero portato da te…volevo un braccio, una spalla, una mano….un appiglio umano, che non ho usato, ma avevo bisogno ci fosse, di un compagno silenzioso ….che al momento giusto mi portasse via.
Scusa ancora, se perdendo la speranza, non mi sono voltata per salutarti, non ti ho detto “a dopo”, come sempre, questa volta l’ho capito….non mi senti….non sei lì.
Qualcuno mi ha detto che è un piccolo traguardo, io credo di aver perso la guerra, non la solita battagliuccia quotidiana.
Ti chiedo scusa…..ma cos’è questa speranza di cui tanto si parla, cos’è? Una pazzia? Una necessità? Un sogno? Un incubo…..io comunque l’ho persa…..

Non credo alla speranza – di Ivana Acciaioli
A quindici anni mi vedo, come fosse adesso, spalle contro il muro in quella camera dove la mia migliore amica di sedici anni sta morendo; mi chiama e chiede il dottore e l’ambulanza, lei non sa che nella stanza accanto ci sono le sue due ultime speranze, ma che scuotono la testa e per lei non hanno rimedi. Vorrei abbracciarla per l’ultima volta, salutarla con tutte le parole di bene che ho per lei, invece resto impietrita, non riesco a mentire ma neppure a darle speranza.
Nel tempo ho capito che non riesco e non voglio dare speranza.
Alla mia seconda amica che mi lascia alle soglie dei nostri cinquant’anni, mentre preparo la valigia per condurla a casa a morire, a lei che mi chiede la pappa reale per il desiderio di rimettersi presto, non ho il coraggio di dire di abbracciare la figlia e salutarla con le parole di amore che potrà ricordare, farle tutte le raccomandazioni come ogni mamma farebbe ad ogni partenza.
Il suo commiato è la sua ultima occasione .
Questo vorrei poterle suggerire, invece la guardo, sorrido appena, non mento spudoratamente, ma non ho il coraggio di togliere speranza.
Ci vuole coraggio a toglierla e a darla, la speranza!
……
Se penso a mia madre morta a novantanove anni ho la certezza che la speranza non è infinita, si esaurisce in noi e si spegne insieme a tutto il resto del nostro corpo. Così mi appare chiara la frase di Sciascia: “Ad un certo punto della vita non è la speranza l’ultima a morire, ma il morire è l’ultima speranza”.