Profumi verdi – di Nadia Peruzzi
La casa era silenziosa, nessuno si era ancora svegliato malgrado dalle gelosie il sole cominciasse a far capolino.
Era un’alba magnifica, tersa, senza nemmeno una nuvola.
L’aroma del basilico era rimasto a galleggiare nell’aria dalla sera precendente. La pianta con le sue foglie brillanti, faceva la sua bella figura sul davanzale. Era solo in attesa di qualcuno che aprisse la finestra .
La prima a scendere in cucina fu la nonna. Non riusciva a dormire più di tanto e la prima luce era più che sufficiente a svegliarla e a indurla ad alzarsi dal letto. La prima cosa che fece,fu di andare verso la finestra. Il profumo del basilico le piaceva così tanto che doveva riaprirgli la strada verso l’interno della casa. Le piaceva far colazione da sola, per gustarsela tutta la calma dell’alba in campagna.
La luce che via via prendeva forza, il torpore, il silenzio della notte che man mano cedevano a energie in movimento e punteggiature di rumori, e l’aroma del basilico che si fondeva e rincorreva con quello della menta dell’aiola davanti casa in una strana alleanza per tentare di sovrastare, senza esito, quello prepotente, resinoso, quasi aggressivo del cipresso che ombreggiava, austero e imponente, la porta di ingresso.
Voleva solo per sé i profumi del mattino, insieme all’aroma del caffé che parlottava mentre stava uscendo e del pane tostato ricoperto generosamente di marmellata.
“Stamattina qualcuno si deve essere alzato prima di me”, penso’ Luisa sentendo che in mezzo agli altri si era insinuato l’odore inconfondibile dell’erba tagliata di fresco ,unito all’odore di terra un po’ bagnata dalla rugiada del primo mattino ..
Arrivava da oriente, insieme al sole che riprendeva il suo corso e ad una brezza tesa e gia’ tiepida.
Era il prato di Egisto, si disse, mentre le passava negli occhi l’immagine di quel tappeto lucido e folto.
Non arrivò da sola quella immagine. Era sempre una scommessa giocata con la natura provare ad indovinare in anticipo quali novità, quali colori, quali profumi le avrebbe regalato quella nuova giornata.Si sapeva perdente, la natura ha sempre la meglio. Mai uguale del tutto a sé stessa, sempre in grado di meravigliare. Assaporo’ con gusto la sua colazione in solitaria e si decise ad uscire inseguendo la scia che la attirava verso l’immenso tavolo da biliardo disteso a lambire la vigna del suo vicino.
Cercò il punto che le piaceva tanto, quello vicino al pino marittimo arrivato li chissà come,chissà in quale tempo. Era gia’ cosi’ tiepida l’aria che decise di stendersi chiudendo gli occhi.Sperava di sentire arrivare il profumo intenso delle rose di Elena.Le arrivò invece, avvolgente e dolce, seducente e ammaliatore, quello del glicine del pergolato di Anita. Quella mattina era condito, ogni tanto, con un pizzico di penetrante rosmarino dalla siepe attorno casa e di salvia con più di un tocco di timo.
Le capitò di pensare a quando, in mezzo a tutto questo si infiltrava l’afrore forte del bestiame concentrato nelle stalle vicine e del letame raccolto in grandi mucchi in attesa di esser usato come concime. Era piccola, allora.
La mattina la svegliavano il passo cadenzato delle mucche in formazione e il concerto festante dei loro campanacci,mentre prendevano la strada del pascolo.La sera le vedeva caracollare appesantite e quasi stordite dal sole e dalla gran quantità di latte che gonfiava come otri le loro mammelle al punto di scoppiare se nessuno le avesse man mano svuotate.Ricordò che al suono del primo campanaccio che annunciava il rientro nelle stalle,la mamma le consegnava il recipiente smaltato di bianco e di rosso,un pochino sbocconcellato,in modo che fosse fra i primi a mettersi in fila dal contadino più vicino per comprare il latte per l’indomani.
Si rivide col vestitino a grandi tasche di cotone rosso a fiorellini bianchi, con i codini con quei bei fermagli con le coccinelle, mentre porgeva il pentolino in cui veniva versato quel liquido denso, ricco di panna e così dolce che quasi non aveva bisogno di metterci lo zucchero,e pregustava già il momento in cui ci avrebbe inzuppato le fette di pane col burro e la marmellata. Dai recipienti colmi di latte il profumo invadeva la piccola stanza della mescita riportandola per un attimo al tenero abbraccio e al seno materno,allo zampillo del suo nettare essenziale,nutriente e ricco di vita e di energia.
Si abbandono’ a quella immagine fino a che si accorse che l’aria si era fatta ferma e che non le arrivava più nessun nuovo odore.
Era senz’altro ora di rientrare. La mattina era così bella, tuttavia, che optò per il sentiero più lungo. Quello che costeggiava il fiume nel punto in cui faceva quel piccolo salto fra le rocce e l’acqua scendeva a valle chioccolante.
C’era una piccola radura ombreggiata da querce e noccioli.Attorno alla cascata era un gioco di rocce, muschi, violette e felci.
Il verde la faceva da padrone in quella stagione. Cosi’ tante erano le sue sfumature da dare quasi alla testa. I raggi del sole ne facevano risaltare alcune, a scapito di altre mentre andavano ad infrangersi nell’acqua che lucidava i lastroni di pietra e zampillava da ogni anfratto nella sua corsa verso il basso. A volte l’acqua sembrava chiedere permesso agli arbusti che ne frenavano il percorso e lo deviavano in più punti in alleanza con le pietre più grosse. Il più delle volte ,trovava da sé la strada per precipitare con una energia che non ammetteva né regole né freni.
Il profumo del muschio intrecciato a quello dell’acqua corrente la colpì più di sempre.Era misto a quello dei gelsi non distanti e ai biancospini. Le arrivò anche un piccolo tocco di ginepro .Quasi si perse, ma sapeva che era il momento di rientrare.
Mancava poco che si svegliassero tutti.Lei non mancava mai di accogliere il loro parlottio ancora un po’ velato di sonno,e le loro risate mattutine attorno a quel tavolo per lo più coperto dalla tovaglia a quadri rossi e bianchi che metteva allegria.
Si sentiva leggera, ristorata, priva di pensieri. Pronta per la nuova giornata.
Prima di mettersi ad acciottolare stoviglie,decise di fare un salto al piano di sopra,dalla piccolina.
Alice dormiva placidamente nella culla, che nella penombra sembrava occupare quasi tutta la piccola stanza.
Rosea, paffutella, i pugnetti stretti stretti, le gambine semi piegate,un respiro lento e quieto.
Fu un attimo e la vide aprire gli occhi. Si accesero insieme, vispi come sempre. Le regalò un sorriso bellissimo che le scolpiva deliziose fossette sulle guance.
La piccola si mosse e lei sentì arrivare quel profumo da neonati misto di olio, latte, salviette detergenti e crema emolliente, sapone delicato e quel pizzico inconfondibile di pannolino da cambiare, che si librava nell’aria minando più di un po’l’ idillio e la poesia.
La pacchia era finita, pensò Luisa, era ora di ripartire dal cambio di quel pannolino puzzolente!