Quando ricordi le cose belle non sei mai solo

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Solitudine – di Rossela Gallori

…..eppure ci son stati giorni speciali, giorni in cui non ero sola, non mi sentivo sola….si, ci son stati giorni unici, che sanno di vaniglia, di musica, di tepore , di caffè,  di camicie azzurre, di jeans troppo stretti, di una casa bellissima, di amori più  grandi di me….in tutti i sensi……

…..E come era alta quella schiacciata….e quanto zucchero sopra …e che Vin Santo…e che risate… ed eravamo TUTTI, te lo ricordi babbo ?

….e quando scoppiò la pentola di Pirex….oh mamma ….ma la retina? L’avevi   usata per farci un sottopentola….te lo ricordi, vero? …ed il brodo pieno di schegge di vetro….che colasti , dicendo : il primo che trova un brillante, vince una coscia di pollo….che risate…

…e quando cominciai… a tornar troppo tardi  per la mia età…e nessuno mi brontolava?

…e lo Stibbert con il suo laghetto, dopo la salita…..il pari …si diceva così e si correva, a volte cadendo ma non sentendo mai  male….

…e il gelatino “ trenta “ dal Moretti in piazza Viessieux  …chi c’ha i soldi paga, gridava qualcuno…..ed anche se non ero io, ridevo, e leccavo l’ inizio del mondo…

E la tua valigia, babbo…. un sogno di colori , un fruscio di sogni…

Ed i tuoi rossetti , mamma….idee stupendamente, improbabili, e quelle calze color miele?

E i famosi “ sospensori “ dei miei fratelli, che ho capito dopo, ma non troppo, a cosa servivano!

E le frittelle, di riso con l ‘ uvetta, senza uvetta, di farina, dolce o bianca …..frittelle di tutto …e per tutti…

Ed i primi baci. Morsi d’amore, io affamata di sogni …

E le fughe a Bologna….che ….lì si vive! mica qui……

E le prime poesie, scritte e gettate nel cestino, del domani, che sembrava lontano….

Ed il primo vestito da sera, volutamente indecente…e tu eri con me…..

E Londra….e Monaco….e lo Stelvio….e la Sardegna e perché no, Montepiano con i primi tacchi alti….

E…EE…E….

 QUANDO RICORDI LE COSE BELLE NON SEI MAI….SOLO….

 

 

 

 

 

Ispirato alle parole di altri: “Conclusione di un ragionamento”

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Conclusione di un ragionamento – di Lorenzo Salsi

“Ragiona! ” ” QuandE tu fa’ quarcosa… ragiona  “.  Era il monito che Oscare diceva al ragazzo di bottega, nella speranza che “al fin della licenza” egli toccasse le biciclette con criterio per aggiustarle.
“Se tu lavori co’ la testa ni’ sacco, senza ragionare, icché tu lavori a fare?” . Oscar, Oscare per tutti noi, era il biciclettaio, era l’ex meccanico di Gino Bartali.
Aveva come base di tutto il “ragionamento”, perché dopo che si era ” ragionato ” tutto diventava più facile, più liscio.
“Alla fine di’ ragionamento, poi a voRte ‘un ci si ricorda più d’icché si ragionava e allora tutto si sistema”; un po’ come gli psicologi che si siedono pensando (ragionando) a un problema ma gli si contorce così tanto il pensiero che dimenticano il problema.

Ragionamento logico, filato, semplice e senza intoppi .

Grande Oscare, burberissimo con un cuore per niente ragionante perché la ragione non è nel cuore.

***

(Dalla canzone di Franco Battiato, Amata solitudine – Il testo:  “A quel tempo tu stavi, sicura di te, della tua logica, guidando e parlando ininterrottamente… ed io, che già non ti ascoltavo più, (come ipnotizzato), seguivo gli occhi che seguivano i colori, i raggi elettrici della città. Chissà cos’è quel moto che ci unisce e ci divide, e quel parlare inutilmente delle nostre incomprensioni, per certi passeggeri malumori. Amata solitudine, isola benedetta. A quel tempo di te, amavo il tuo pensiero logico e quella linea perfetta del baciare, la simmetria delle tue carezze; vivificato dal chiarore vibrante di sapore: scintilla di una mente universale. Ero in te come un argomento del tuo amore sillogistico, conclusione di un ragionamento. Ma mi piaceva essere così, avviluppato dai tuoi sensi artificiali. Ora sono come fluttuante… Amata solitudine, isola benedetta. Così è finita, mi stacco da te, da solo continuo il viaggio. Rivedo daccapo il cielo colorato di sole, di nuovo vivo”.)

Ispirandosi alle parole di altri: “Sono solo passaggi di tempo”

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Solo passaggi di tempo – di Tina Conti

Si avverte sempre il  passaggio    del tempo?
A volte si, a volte no!
È facile coglierlo negli altri  ma non sempre in noi!
Si può leggere il tempo che passa?
Vedere con gli occhi degli altri aiuta a vederci ?
Come percepiamo il tempo che scorre?
Sicuramente  quando stentiamo a riconoscere un nostro coetaneo e siamo aiutati dalla sua voce per identificarlo, facciamo una riflessione  anche su noi stessi.
Guardandoci allo specchio si percepiscono poco le fasi dei cambiamenti.
Sono  le foto che talvolta ci passano davanti  a mostrarci come e cosa eravamo ma, talvolta, non ci corrispondono neppure quelle.
Non mi vedevo mica così, mi sembravo diversa, mi sono detta tante volte.
Le nostre case ci parlano dei momenti  passati, di oggetti che abbiamo usato e amato.
Avvertiamo così il passare dei vari stili, della moda, nell’architettura, nei colori.
La storia dei popoli e delle nazioni ci svela anche il passare del tempo nel mondo.

 

Solitudine e paura

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SOLITUDINE – di Emilia Caravaggi

Solitudine, dolce incanto dopo il brusio di tante parole dette e ridette e senza senso. E’ bella se sai apprezzarla, capirla e se non hai paura. E’ il tuo angolo privato con musica e libri che colmano la tua voglia di restare sola anche solo nella contemplazione di un tramonto da una terrazza fiorita e profumata da dove i tuoi pensieri volano nel vento tiepido della sera per raggiungere il loro destino. Non si è mai soli se non hai paura. Il silenzio è pace, è gioia che ti circonda più di una piazza affollata di gente che non sa bene dove andare, dove stare.  La solitudine si, è il riposo del corpo e della mente se non hai paura. Io ho paura.

Ancora su Anime salve – le parole di De André

http://www.fabiosroom.eu/it/canzoni/anime-salve/

“Anime Salve” è cantata con Ivano Fossati. Spiega De Andrè:

“Il titolo dell’album si rifà all’etimo delle due parole anima e salvo, e vuole mantenere il suo significato originario di spirito solitario. Nel verso ‘mi sono visto di spalle che partivo’ già si accenna al rifiuto dell’identità anagrafica, cioè del personaggio costruito da un’autorità che vuole imporre a ciascuno di stare al mondo o al proprio posto; la solitudine, che in questo caso consiste in una scelta autonoma, consente di non stare nel mucchio: la sola condizione idonea a non essere contaminati da passioni di parte è uno stato di tranquillità dell’animo che permette di abbandonarsi all’assoluto, alle sue immagini e alle sue voci, interiori ed esterne, senza marchi posticci.”

 

Fascino della solitudine

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Com’è bella solitudine – di  Nadia Peruzzi

Voci lontane, che si fanno vicine. Troppo. A pancia all’insù ero perso in un cielo così blu, da scivolare in indaco. Solo qualche nuvola a punteggiare quella distesa che sapeva un po’ anche di mare!

La fronda dell’albero a coprire gli occhi e la faccia, mentre il sole, in quella frizzante giornata di marzo riscaldava il mio corpo rilassato e felice.

Ero lì da solo, senza un pensiero particolare da seguire.

Solo il piccolo stridere degli animaletti del bosco da ascoltare, il fruscio dell’erba mossa dal vento, il canto di qualche uccellino in volo, e  profumi di una promessa di primavera, che iniziava a reclamare lo spazio che le spettava dopo il freddo dei giorni appena passati.

Ero andato in quella radura che conoscevo come luogo non battuto. Fin troppo difficile arrivarci, su per quel sentiero impervio. Avevo bisogno di pace.

Stavo per abbandonarmi del tutto alla sensazione di benessere che si stava impossessando del mio corpo, quando li sentii. Prima in lontananza, poi sempre piu’ vicino. Prima una voce gracchiante e sopra le righe, poi tutte le altre invadenti e irrispettose. Erano in gruppo e con le radio a tutto volume. Con l’orecchio a terra potevo sentire i rimbombi dei loro passi quasi cadenzati, da esercito.

Purtroppo non suonavano come quelli dei liberatori. Tutt’altro. Non potevo vederli, tuttavia sapevo  che c’era in arrivo  uno dei tanti gruppi di barbari che, con estrema difficoltà e moltissima pazienza, qualcuno avrebbe pure potuto ricondurre sulla via della civilta’. Non io, non in quel momento. Me ne andai a gambe levate, per non doverli incontrare!

 

Solitudine

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SOLITUDINI……- di Rossella Gallori

È un cappello stretto, vecchio, che non riesci a buttare…

è una morte temporanea, che mette a lutto, ogni volta che bussa alla tua porta…

è la voglia di scappare, ma la catena è corta e qualcuno ha rubato il lucchetto ….

è un telefono che non squilla, una voce che non senti….

è un freddo letale, in piena estate….

è un caldo asfissiante, che lentamente ti  soffoca in un inverno di ghiaccio…

è un cuore, stanco, che perde colpi, ad ogni passo….

…..è quando ci sei e nessuno ti vede…..

Ispirandosi alle parole di altri “Mi sono visto di spalle che partivo”

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Mi sono visto di spalle  che partivo – di  Roberta Morandi

Hai fatto le valigie, con quello  che hai voluto portarti dietro, due libri, Lettera ad una professoressa e Pinocchio, un abitino di mussola a fiori, un paio di ciabattine e niente altro, avevi indosso un paio di jeans sdruciti ed un maglione troppo grande per essere il tuo.
Te ne sei andata via senza un saluto, senza un abbraccio, senza dirmi niente, senza neppure un sorriso o una pacca sulla spalla, come usavamo fare quando ironicamente ci scambiavamo le nostre idee, sempre diverse, anzi, direi quasi agli antipodi.
Hai sceso le scale e lentamente, con la tua agile falcata, ti sei incamminata lungo il vialetto che dalla casa porta alla strada, non ti sei neppure voltata indietro per un ultimo saluto, anche con la mano o uno sguardo. Dritta e sicura sei andata verso il tuo destino, il tuo futuro, non una spiegazione né  uno sguardo complice.
Tu sei così, o ti capiamo al volo o pazienza e ci lasci esterrefatti e stupiti e increduli.
E poi non torni i dietro, no sui tuoi passi mai, una decisione è cosi: si prende e basta.
Ti allontani e io ti vedo di spalle, di dietro fino a che non scompari nel riverbero accecante del sole…sono io.

Ispirandosi alle parole di altri “Sono solo passaggi di tempo”

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Sono solo passaggi di tempo – di Patrizia Fusi

Sono in macchina con mio nipote stiamo andando a Firenze, mentre guido la città scorre accanto a me, luoghi conosciuti dove io ho trascorso una parte della  gioventù.

All’età di quattordici anni lavoravo da quelle parti, i ricordi mi affiorano alla mente e glieli racconto.

Ero commessa in una succursale di una lavanderia, nella giornata avevo tanto tempo libero quando non avevo da fare con i clienti, così presi l’abitudine di leggere.

Iniziai con una collana per ragazzine che una mia cara amica mi passava, ad un certo punto mi venne un rifiuto fisico per quel tipo di lettura, allora iniziai a leggere i gialli Mondadori che compravo da un giornalaio vicino al negozio, anche questi tipo di libri mi vennero a noia, e passai ad altra letteratura.

Gli racconto di una mia insicurezza di ragazzina, il negozio chiudeva alle diciannove e trenta,  facevo i viali a piedi per andare a prendere l’autobus sui lungarni, nel percorso passavo davanti ad una caserma di militari, alcune volte li incrociavo nella loro libera uscita, quando li vedevo cambiavo marciapiede, mi sembravano tanto grandi e i loro apprezzamenti mi imbarazzavano.

Nel frattempo siamo arrivati, mi sono fermata vicino ad una villa, ricordo che in quel periodo quella villa era in stato di abbandono, io a quei tempi ci ho fantasticato molto su chi poteva essere il proprietario e per quale motivo non ci abitava o quale dramma c’era dietro quell’abbandono.

Ora è la sede di una banca.

Mentre gli racconto tutto questo, mi vedo ragazzina che gira per quei luoghi con tanti sogni, speranze, incertezze, paure, ma aperta alla vita.

Tanti ricordi ………passaggi di tempo.

 

Il tiro con l’arco in un libro – Fitarco che passione! di Ugo Ercoli

Tra ricordi e polemiche, tra sogni e rimpianti, tra speranze e illusioni un libro che riassume cinquant’anni di tiro con l’arco di Ugo Ercoli. Un omaggio alla passione, alla tenacia, all’amicizia e alla potenza indiscussa della parola.

Tra gli ospiti: Eugenio Giani, Paolo Allegretti, Franco Morabito, Giorgio Cavini,  Tiziana Scalisi nella sempre splendida cornice del Teatro Comunale di Antella e per la cortese disponibilità di Riccardo Massai.

 

I Mercoledì della Matita – I diari di bordo: la potenza del viaggio è nel ritorno – Un viaggio su carta attraverso i confini

 

Emma Rotini, Paola Barzagli, Cristina Binarelli leggono i diari di Roberto Zatini e Mirella Calvelli alla Bibliocoop di Bagno a Ripoli con Cecilia Trinci e diversi graditi ospiti.

La diversità dell’andare e del fermare su carta un movimento nel mondo: stili e contenuti diversi per  conoscenze diverse ispirate all’incontro con gli esseri umani in dimensioni inconsuete, sotto colori di religioni, musiche e parole diverse.

Ispirandosi alle parole di altri: “Mi sono visto di spalle che partivo”

Mi sono visto di spalle che partivo – di M.Laura Tripodi

Sembrava che Jack Vettriano avesse dipinto quel soggetto per me.

Un uomo di spalle, con la camicia bianca arrotolata sui gomiti, il cappello in testa e una valigia in mano.

Fuma, fuma e cammina  lungo la riva rocciosa di un mare  ostile. Sopra di lui un cielo grigio denso di nuvole minacciose, ma a tratti solcato da scolorite  strisce azzurre.

Eccola lì: la solitudine.

Chissà dove sta andando e cosa porta in quella valigia.

Forse   non va da nessuna parte e sta  semplicemente osservando e ascoltando il mare.

Forse il suo bagaglio non contiene abiti, ma ricordi, speranze, illusioni e qualche abilità.

Ho riconosciuto Laura  che certe volte sembra andare alla  deriva, ma poi ritrova sempre la strada.

E mi guardo andare di spalle perché è come se una seconda me stessa sorvegliasse quel cammino.

Ho sentito quel soggetto in maniera così profonda che ho scelto di ridisegnarlo, ma in bianco e nero, come se il colore fosse un riempimento del  futuro.

Quando mio cognato l’ha visto mi ha chiesto se glielo potevo regalare. Adesso è  a casa di mia sorella.

Ispirandosi alle parole di altri: “Certi passeggeri malumori”

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Certi passeggeri malumori – di Stefania Bonanni

Arrivano strisciando, sempre più silenziosi, si infilano nelle scarpe e formicolando salgono su per le gambe, poi più su, soffermandosi nel petto, lì dove nasce e vive il respiro. E, come soffiando, cambiano il suo ritmo, che diventa corto, a momenti un po’ ansimante. Non si fermano i malumori, contraggono le spalle, affossano il collo, induriscono il sorriso, fanno ronzare le orecchie e per ultimo, si impossessano dei pensieri.

Con un misterioso, portentoso talento, scacciano quelli un po’ banali, quotidiani, che regolano le funzioni semplici di giornate comuni, e trivellano in profondità, e non si fermano, fino a quando non riescono a trovare le pietre dure, quelle che si sono sedimentare chissà dove, ma così in profondità da rendere l’estrazione troppo costosa anche solo per essere tentata. Allora si manifestano ricordi che si pensava non facessero più male, ed invece si scopre che certi giorni restituiscono loro grande fiato. E non basta ancora, arrivano paure indicibili, pensieri neri, incubi pronti a cascarti addosso.

Chissà perché basta uno strano senso di malumore a dare l’esatta misura dello spessore del filo su cui si cammina.

Per fortuna ho sempre sentito molto i cambiamenti del tempo. Spero davvero piova presto, e per tanti tanti giorni.

Ispirandosi alle parole di altri: “Parlare ininterrottamente”

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Parlando ininterrottamente – di Rossella Gallori

 Zitto, per favore, zitto….

E ti coprivo la bocca, con la mano.

Zitto, per sei, cinque, quattro minuti….anche solo per tre.

Cercavo di distrarti, di fare in modo che il tuo parlare senza sosta ….il tuo narrare, rincorrere parole, ricominciare, descrivere,  andare e tornare, diventasse silenzio, un silenzio di ascolto.

Inutile, ….zitto, ti prego zitto, almeno due minuti,e sganciavo il primo bottone, della camicetta color Nilo.

Zitto, ma tu non mi guardavi….

Per favore, zitto …..e distratta accavallavo le gambe….e la gonna saliva ….saliva ….

Ed insieme a quel brusio , cascate di parole, ti ho baciato.

Imperterrito hai continuato a parlare….

Quando ti ho sparato …..ed al primo colpo,  ho centrato la tua bocca….parlavi ancora….

Così parlando ininterrottamente,  sei morto.

Nel frastuono del mio silenzio,  nella mia voglia di dire  qualcosa, di essere  ascoltata ….

Zitto finalmente, zitto, ora parlo io!

 

Anime salve

Anime salve trae il suo significato dall’origine e dall’etimologia delle due parole “anime” “salve”, che sta a significare “spiriti solitari”.  Testuali parole di De Andrè sull’elogio alla solitudine: «Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri. Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita che  credo di aver vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura. »

 

Solitudine bianca

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Da un lavoro su “Anime salve” di De André e “Amata solitudine” di Franco Battiato

Solitudine a Micene – di Lorenzo Salsi

Mi scoprii solo ma felice, seduto su di uno scranno di pietra, una pietra regale.

Solo, fermo, silente, attorniato dal silenzio, assoluto silenzio. Tutto si era acquietato, le voci, le grida del giorno, del sole, del sudore dei gitanti, delle emozioni.

Silenzio e solitudine che salutavo come compagni di strada, di tragitto, una strada ferma, un viaggio mentale in piena solitudine.

Meccanicamente accesi una sigaretta; fu il rumore metallico dello Zippo che mi riscosse, mi svegliò, facendomi trovare improvvisamente solo, di quella solitudine un po’ malinconica ma gradevole.

Nella mia mente però si muovevano lente alcune frasi, quasi sconnesse, dell’Odissea, dell’Iliade, di tragedie greche ma anche neo classiche ottocentesche .

Seduto, solo, con la sigaretta accesa che si consumava senza essere fumata, la più buona e saporita sigaretta che abbia mai fumato.
Seduto, solo, su quel trono fittizio forse di Agamennone .

Seduto, solo, ma gioioso. Seduto su Micene, solo, che bellezza .

 

Ispirarsi alle parole degli altri: “Sono state giornate furibonde….”

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Sono state giornate furibonde – di Carla Faggi

 Di che colore è una giornata furibonda?

Non certo bianca.

Forse marrone con schizzi di grasso.

Le braciole fritte.

L’olio sgocciolato nel fornello.

Il puzzo di grasso nei capelli che ho appena lavati.

Il cappotto appeso nell’ingresso è inavvicinabile.

Mi cambio tutto, perfino le mutande.

La cucina è furibonda, apro tutte le finestre ma fa freddo.

Dubbio amletico: meglio il puzzo di fritto o il vento gelido?

Rinuncio a darmi una risposta, uscirò e metterò il piumino che era nell’armadio.

Buono il fritto, dice mio marito, dovresti farlo più spesso!

 

 

Una fetta brillante

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Una fetta brillante – di Stefania Bonanni

Dopocena di una sera freddissima. Metto in moto e parto, verso la città. Comincia la discesa, non incrocio macchine, il freddo invita a rimanere a casa. Sono sola, incerta tra la mancanza e la libertà. Mi tuffo nel mare scuro della notte, poi d’improvviso la vedo. Una fetta d’oro brillante, posata con grazia sul contorno lontano di brutti condominii, che non meritano tanta preziosa corona, ma non avranno altro riscatto.

Una notte così può coprire e trattenere, o sembrare eterna . Una luna così commovente, più tenera e perfetta di quella nel cielo artificiale del presepe, più gialla di quella d’argento, più vera di quella rossa, può bastare a far risplendere il pozzo. La notte rende immobile il mondo, costringe il giorno a fermarsi, a ripensarsi, e nello stesso tempo gli regala un senso. Perché non ci sarebbe il sole, senza la luna. Non nascerebbe il giorno, senza la notte.

Potrebbe tutto essere possibile, sotto una luna così. Non illumina come quando sarà rotonda, non allunga le piccole ombre di uomini ancor più piccoli, non costringe a baci romantici, non sarà ritratta in paesaggi illuminati, ma, se la cerchi, c’è. Una luna privata. Una luna discreta. Una luna sorella. Una luna che fa sembrare eterne le strade vuote, le finestre chiuse, le luci spente, i respiri tranquilli ritmati dal sonno.

Si potrebbe mangiare, sotto una luna così. “Non arance, frutta verde, e gelata”, che faccia strizzare gli occhi e riempia la bocca di vita. Ci si potrebbe abbracciare, sotto una luna così, e non finirebbe la notte.

Allora ti chiamo: “Non chiudere senza guardare la luna. Cercala, prima di chiudere le finestre”

-“Ma guarda che c’era già quando sono tornato. E non è un granché…non è neanche piena”

Bersaglio

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Sprofondare in un bersaglio – di Ivana Acciaioli

Giallo:  vivere con intensità

Rosso:  aiutare

Blu: ascoltare

Nero: comunicare

Bianco: realizzare

Nel giallo del bersaglio arrivo scagliata dalla freccia della vita e godo d’intensità, ogni momento è appagante, pieno. Che sia per dolore, felicità o amore tutta la passione del rosso che in me si raccoglie mi fa offrire mani e gambe a chi nel rosso sprofonda, posso aiutare perché il mio mondo si è arricchito, si è agghindato di voglia di dare, posso ascoltare emergendo dal blu di un mare da cui affiorano corpi, idee, sentimenti;  ho la certezza di poter comunicare allontanandomi dai miei bisogni per accogliere gli altri e condividere sogni e passioni con la certezza che insieme o da soli si possa realizzare il meglio di noi e della vita, tutto prima che la freccia mi scagli nel sole giallo e luminoso dell’eternità.