
L’omino di pasta – di Tina Conti
Le donne della mia famiglia hanno compiuto il gesto di impastare il pane ogni settimana e mentre per me è un vero piacere, per loro era un dovere.
Ho pensato che la mia nonna avrà provato sollievo quando è andata ad abitare in paese e non aveva più questa incombenza ma sicuramente sarà stato anche rimpianto.
La preparazione era attenta è fatta per tempo.
La madia, che esisteva in ogni casa di campagna, conteneva un po’ di impasto acido della panificazione precedente.
Il forno a legna era spazzolato e con tutte le fascine pronte già sistemate.
La mattina presto si accendeva, si preparavano le assi con i panni puliti per poggiare i pani lievitati e pronti per il forno. E poi via l’infornata.
Rimaneva sempre un po’ di pasta per la schiacciata salata o per i contentini dei bambini.
Sulla tavola della cucina i bambini ormai svegli avevano il loro pezzetto di pasta; facevano panini, palline e provavano a imitare la nonna a modellare bambolotti .
Il risultato non era mai pari a quello della nonna.
Storti, goffi, e di sesso indefinito.
La nonna ormai esperta, con pochi gesti tirava fuori la donnina che semina il grano, il soldatino, il principe, Pinocchio. E tutti volevano il bambino fatto da lei.
A volte riusciva anche a soddisfare richiesta bizzarre e fantasiose. Ma solo se era in vena e aveva tempo.
Dopo la cottura c’era la lotta per il riconoscimento non sempre leale, per aggiudicarsi quello che era venuto meglio.
Era un rito molto amato e un premio atteso dai bambini.
Il fascino del passato semplice e la freschezza dei bambini. Afascinante
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