Ispirandosi alle parole di altri: “Mi sono visto di spalle che partivo”

Mi sono visto di spalle che partivo – di M.Laura Tripodi

Sembrava che Jack Vettriano avesse dipinto quel soggetto per me.

Un uomo di spalle, con la camicia bianca arrotolata sui gomiti, il cappello in testa e una valigia in mano.

Fuma, fuma e cammina  lungo la riva rocciosa di un mare  ostile. Sopra di lui un cielo grigio denso di nuvole minacciose, ma a tratti solcato da scolorite  strisce azzurre.

Eccola lì: la solitudine.

Chissà dove sta andando e cosa porta in quella valigia.

Forse   non va da nessuna parte e sta  semplicemente osservando e ascoltando il mare.

Forse il suo bagaglio non contiene abiti, ma ricordi, speranze, illusioni e qualche abilità.

Ho riconosciuto Laura  che certe volte sembra andare alla  deriva, ma poi ritrova sempre la strada.

E mi guardo andare di spalle perché è come se una seconda me stessa sorvegliasse quel cammino.

Ho sentito quel soggetto in maniera così profonda che ho scelto di ridisegnarlo, ma in bianco e nero, come se il colore fosse un riempimento del  futuro.

Quando mio cognato l’ha visto mi ha chiesto se glielo potevo regalare. Adesso è  a casa di mia sorella.

Ispirandosi alle parole di altri: “Certi passeggeri malumori”

anxiety-2878777_960_720

Certi passeggeri malumori – di Stefania Bonanni

Arrivano strisciando, sempre più silenziosi, si infilano nelle scarpe e formicolando salgono su per le gambe, poi più su, soffermandosi nel petto, lì dove nasce e vive il respiro. E, come soffiando, cambiano il suo ritmo, che diventa corto, a momenti un po’ ansimante. Non si fermano i malumori, contraggono le spalle, affossano il collo, induriscono il sorriso, fanno ronzare le orecchie e per ultimo, si impossessano dei pensieri.

Con un misterioso, portentoso talento, scacciano quelli un po’ banali, quotidiani, che regolano le funzioni semplici di giornate comuni, e trivellano in profondità, e non si fermano, fino a quando non riescono a trovare le pietre dure, quelle che si sono sedimentare chissà dove, ma così in profondità da rendere l’estrazione troppo costosa anche solo per essere tentata. Allora si manifestano ricordi che si pensava non facessero più male, ed invece si scopre che certi giorni restituiscono loro grande fiato. E non basta ancora, arrivano paure indicibili, pensieri neri, incubi pronti a cascarti addosso.

Chissà perché basta uno strano senso di malumore a dare l’esatta misura dello spessore del filo su cui si cammina.

Per fortuna ho sempre sentito molto i cambiamenti del tempo. Spero davvero piova presto, e per tanti tanti giorni.

Ispirandosi alle parole di altri: “Parlare ininterrottamente”

records-2211355_960_720

Parlando ininterrottamente – di Rossella Gallori

 Zitto, per favore, zitto….

E ti coprivo la bocca, con la mano.

Zitto, per sei, cinque, quattro minuti….anche solo per tre.

Cercavo di distrarti, di fare in modo che il tuo parlare senza sosta ….il tuo narrare, rincorrere parole, ricominciare, descrivere,  andare e tornare, diventasse silenzio, un silenzio di ascolto.

Inutile, ….zitto, ti prego zitto, almeno due minuti,e sganciavo il primo bottone, della camicetta color Nilo.

Zitto, ma tu non mi guardavi….

Per favore, zitto …..e distratta accavallavo le gambe….e la gonna saliva ….saliva ….

Ed insieme a quel brusio , cascate di parole, ti ho baciato.

Imperterrito hai continuato a parlare….

Quando ti ho sparato …..ed al primo colpo,  ho centrato la tua bocca….parlavi ancora….

Così parlando ininterrottamente,  sei morto.

Nel frastuono del mio silenzio,  nella mia voglia di dire  qualcosa, di essere  ascoltata ….

Zitto finalmente, zitto, ora parlo io!

 

Anime salve

Anime salve trae il suo significato dall’origine e dall’etimologia delle due parole “anime” “salve”, che sta a significare “spiriti solitari”.  Testuali parole di De Andrè sull’elogio alla solitudine: «Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l’universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili, credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri. Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell’anacoretismo né dell’eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita che  credo di aver vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura. »

 

Solitudine bianca

mycenae-1350376_960_720

Da un lavoro su “Anime salve” di De André e “Amata solitudine” di Franco Battiato

Solitudine a Micene – di Lorenzo Salsi

Mi scoprii solo ma felice, seduto su di uno scranno di pietra, una pietra regale.

Solo, fermo, silente, attorniato dal silenzio, assoluto silenzio. Tutto si era acquietato, le voci, le grida del giorno, del sole, del sudore dei gitanti, delle emozioni.

Silenzio e solitudine che salutavo come compagni di strada, di tragitto, una strada ferma, un viaggio mentale in piena solitudine.

Meccanicamente accesi una sigaretta; fu il rumore metallico dello Zippo che mi riscosse, mi svegliò, facendomi trovare improvvisamente solo, di quella solitudine un po’ malinconica ma gradevole.

Nella mia mente però si muovevano lente alcune frasi, quasi sconnesse, dell’Odissea, dell’Iliade, di tragedie greche ma anche neo classiche ottocentesche .

Seduto, solo, con la sigaretta accesa che si consumava senza essere fumata, la più buona e saporita sigaretta che abbia mai fumato.
Seduto, solo, su quel trono fittizio forse di Agamennone .

Seduto, solo, ma gioioso. Seduto su Micene, solo, che bellezza .

 

Ispirarsi alle parole degli altri: “Sono state giornate furibonde….”

fish-258048_960_720

Sono state giornate furibonde – di Carla Faggi

 Di che colore è una giornata furibonda?

Non certo bianca.

Forse marrone con schizzi di grasso.

Le braciole fritte.

L’olio sgocciolato nel fornello.

Il puzzo di grasso nei capelli che ho appena lavati.

Il cappotto appeso nell’ingresso è inavvicinabile.

Mi cambio tutto, perfino le mutande.

La cucina è furibonda, apro tutte le finestre ma fa freddo.

Dubbio amletico: meglio il puzzo di fritto o il vento gelido?

Rinuncio a darmi una risposta, uscirò e metterò il piumino che era nell’armadio.

Buono il fritto, dice mio marito, dovresti farlo più spesso!

 

 

Una fetta brillante

moon-2923903_960_720

Una fetta brillante – di Stefania Bonanni

Dopocena di una sera freddissima. Metto in moto e parto, verso la città. Comincia la discesa, non incrocio macchine, il freddo invita a rimanere a casa. Sono sola, incerta tra la mancanza e la libertà. Mi tuffo nel mare scuro della notte, poi d’improvviso la vedo. Una fetta d’oro brillante, posata con grazia sul contorno lontano di brutti condominii, che non meritano tanta preziosa corona, ma non avranno altro riscatto.

Una notte così può coprire e trattenere, o sembrare eterna . Una luna così commovente, più tenera e perfetta di quella nel cielo artificiale del presepe, più gialla di quella d’argento, più vera di quella rossa, può bastare a far risplendere il pozzo. La notte rende immobile il mondo, costringe il giorno a fermarsi, a ripensarsi, e nello stesso tempo gli regala un senso. Perché non ci sarebbe il sole, senza la luna. Non nascerebbe il giorno, senza la notte.

Potrebbe tutto essere possibile, sotto una luna così. Non illumina come quando sarà rotonda, non allunga le piccole ombre di uomini ancor più piccoli, non costringe a baci romantici, non sarà ritratta in paesaggi illuminati, ma, se la cerchi, c’è. Una luna privata. Una luna discreta. Una luna sorella. Una luna che fa sembrare eterne le strade vuote, le finestre chiuse, le luci spente, i respiri tranquilli ritmati dal sonno.

Si potrebbe mangiare, sotto una luna così. “Non arance, frutta verde, e gelata”, che faccia strizzare gli occhi e riempia la bocca di vita. Ci si potrebbe abbracciare, sotto una luna così, e non finirebbe la notte.

Allora ti chiamo: “Non chiudere senza guardare la luna. Cercala, prima di chiudere le finestre”

-“Ma guarda che c’era già quando sono tornato. E non è un granché…non è neanche piena”