Bernini il ratto di Proserpina – di Nadia Peruzzi
Che forza quelle mani che afferrano e penetrano nella carne. Artigliano, affondano, trattengono. Lei quasi in volo. Un estremo slancio la fa librare in aria. Vuole fuggire, ma non riesce. È tesa in uno sforzo immane e sul suo volto di ragazza non c’è alcuna gioia, solo sofferenza. Si appoggia al volto dell’uomo, ma senza tenerezza. Vuole spingersi via da lui. Sul viso il riflesso del contrasto e del terrore che la attanagliano. Gli occhi , con le loro orbite vuote, già perduti e aperti su un altro mondo. È in corso una lotta possente fra due energie e lei è la preda di entrambe. Una, quella che sta per vincere, la stringe in una morsa che non le lascia scampo. È un abbraccio a cui non ci si può abbandonare placati, la stringe per portarla via, oltre il confine fra la vita e la morte, lontana dalla madre Terra che l’ha generata, dalla luce e dai colori. Tutto è tensione in lei. Anche nei capelli, all’indietro, quasi come se il vento degli Inferi già avesse la meglio sulle brezze delicate che le scompigliavano i riccioli solo un attimo prima che quelle mani la ghermissero.
La madre è riuscita solo ad ottenere da Zeus di poterla riavere dopo 6 lunghi mesi. Adesso non ha scampo. Nessuna resistenza le è possibile, ormai.
Plutone, del resto, non arretra. È saldamente piantato a terra. Col suo corpo possente ha neutralizzato ormai ogni residua resistenza della fanciulla.
Tutti i suoi muscoli sono tesi nello sforzo, l’energia concentrata in quelle sue mani grandi e bellissime. Le dita affusolate quasi perse nella carne delicata in cui affondano. Stanno sui fianchi e sui glutei a evidenziare ancora di più rotondità e morbidezze inattese.
Ti chiedi come tutto questo possa esser stato, un tempo, un blocco inerte di marmo, e ora, tradotto in statua, la sintesi perfetta di una passione che travolge tutto. Senza filtri, né veli, esplicitamente e realisticamente, la racconta, la fa vivere, riesce a farcela vedere, quasi sentire. Nessun suono ne esce, se dovesse uscire sarebbero gemiti, sospiri, forse urla di piacere.
Non certo di dei, visto che sembra piuttosto l’esplosione incontenibile di una passione tutta umana, quella a cui non puoi opporre linee di difesa, o argini, fatta di carne, e di sangue che ribolle.
C’è la potenza di un amplesso in quel tripudio di marmi che Bernini ci ha lasciato in dono.
Non solo di rosso si veste passione. Il suo bello è che si può vestire di tutti i colori , nessuno escluso.
Anche il bianco, col suo lucore, le sue trasparenze, le dona e la sa rappresentare come non immaginavi possibile.