
GOCCE – di M.Laura Tripodi
Il mercoledì mattina mi alzo a fatica perché capita spesso che la nottata sia stata insonne e ho sempre la sensazione che il sole o il grigio che filtra attraverso le persiane sia malato. Eh sì, infatti vado in reparto e non so mai cosa mi aspetta. Però i bambini sono esseri meravigliosi e non vivono il male e il dolore come noi. E’ una bella lezione di vita.
La scorsa settimana ho ritrovato X., otto mesi. Se la dormiva tranquillo, ma il suo corpicino era attraversato da tubi e tubicini per il monitoraggio costante delle sue funzioni . E dal piedino spuntava il collegamento con il boccione della flebo. La mamma mi ha chiesto se poteva assentarsi un’oretta per prendere una boccata d’aria.
Mi sono seduta accanto a lui, ho tirato fuori il mio libro e mi sono messa a leggere. Ma ero inquieta.
Mentalmente avevo registrato i numeri sui vari monitor per essere sicura che non intervenissero variazioni significative. Ma il mio sguardo, non so perché, tornava insistentemente a quella goccia di soluzione che scendeva con regolarità ogni due secondi, si infilava silenziosa nel tubicino e portava la vita al piccolo X.
I miei pensieri si sono scatenati. Mentre guardavo come ipnotizzata quel regolare fluire di gocce trasparenti , quelle stesse gocce hanno preso colori e significati diversi.
E sono arrivate le gocce di sangue uscite da un ginocchio sbucciato e frettolosamente ripulito con un po’ di saliva e poi via di nuovo di corsa a giocare.
E i fili d’argento della pioggia fatti di gocce che si rincorrono velocissime per raggiungere la terra che le assorbe rilasciando quel meraviglioso profumo che cambia, a seconda delle stagioni.
E lampadari scintillanti di gocce di cristallo a illuminare ricevimenti ricchi di musica e sfarzo, come nelle scene del romanzo Il Gattopardo.
E gocce di brillanti, a impreziosire i lobi delle ragazze in età da marito che attendono un invito al ballo in una bella serata di fine Ottocento.
E una goccia di vino caduta accidentalmente a profanare il bianco immacolato della tovaglia di fiandra, tirata fuori per un’occasione speciale.
E una goccia di rugiada rimasta incerta sul petalo di una margherita. Poi il fiorellino che si piega per l’arrivo improvviso di un soffio di vento e la goccia che se ne scende senza fretta e raggiunge il suolo, sparendovi dentro.
E le grotte dove millenni di gocce hanno formato figure affascinanti, dalla terra verso il cielo e dal cielo verso la terra.
E le gocce di cielo negli occhi del mio piccolo Lorenzo che non ha ancora capito se sono la sua nonna o la sua compagna di giochi.
X. ha mugugnato qualcosa, si è mosso impercettibilmente e poi ha continuato a dormire. L’incantesimo si è interrotto, io sono tornata alla mia realtà, ma una goccia salata mi si era impigliata incerta fra le ciglia.
Quando la mamma è tornata mi ha chiesto se era tutto a posto.
“Certo, non ha dato nessun problema. Ha sempre dormito. Spero di non rivedervi qui il prossimo mercoledì”.
Lei ha sorriso e mi ha buttato un bacio sulla punta delle dita.
Io ho dato un ultimo sguardo al piccolo e alle gocce di vita che continuavano a scendere con regolarità.