Immaginare…..

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….un mandarino – di Nadia Peruzzi

Sei rimasto da solo nella fruttiera e non so che fare. Vorrei mangiarti subito, ma poi non rimarrebbe nulla a dar colore al bianco della porcellana e a far contrasto alle fogliette verdi che stan li a far decoro.

Lo prendo in mano, lo giro e lo rigiro. Lo guardo vogliosa e dubbiosa allo stesso tempo.

E’ un po’ che è in casa.  E’ avvizzito. Non è un male però visto che il profumo che emana è ancora più penetrante ,arriva ovunque in cucina.

Quasi quasi mi dispiace. No, via non posso mangiarlo, questo bel mandarino, mi dico.

Lo rimetto al suo posto e non lo guardo per un po’. Faccio finta che non esista, che la fruttiera sia vuota e soprattutto faccio finta che quel suo profumo un po’ troppo maliziosamente, non arrivi dove non deve a stuzzicar appetito.

E’ durata poco, la gara di resistenza mista a noncuranza.

L’ho ripreso in mano. Questa volta non ha scampo!

Sbucciandolo piano piano, l’ho mangiato con gli occhi del desiderio, prima che con la bocca.

Morbido e succoso ,nonostante la buccia raggrinzita, per nulla aspro.

Se non ci fossero stati tutti quei semi, sarebbe stato il mandarino/merenda più buono al mondo!!

 

Brillanti di luce

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GOCCE – di M.Laura Tripodi

Il mercoledì mattina mi alzo a fatica perché capita spesso che la nottata sia stata insonne e  ho sempre la sensazione  che il sole o il grigio che filtra attraverso le  persiane sia malato. Eh sì, infatti vado in  reparto e non so mai cosa mi aspetta. Però i bambini sono esseri meravigliosi  e non vivono il male e il dolore come noi.   E’ una bella lezione di vita.

La scorsa settimana  ho ritrovato X., otto mesi. Se la dormiva tranquillo, ma il suo corpicino era attraversato da tubi e tubicini per il monitoraggio costante delle sue funzioni . E dal piedino spuntava il collegamento con il boccione della flebo. La mamma mi ha chiesto se poteva assentarsi un’oretta per prendere una boccata d’aria.

Mi sono seduta accanto a lui, ho tirato fuori il mio libro e mi sono messa a leggere. Ma ero inquieta.

Mentalmente avevo registrato i numeri sui vari monitor per essere sicura che non intervenissero variazioni significative. Ma il mio sguardo, non so perché, tornava insistentemente a quella goccia di soluzione che scendeva con regolarità ogni due secondi, si infilava silenziosa nel tubicino e portava la vita al piccolo X.

I miei pensieri si sono scatenati.  Mentre guardavo come ipnotizzata quel regolare fluire di gocce trasparenti ,  quelle stesse gocce hanno preso  colori e significati diversi.

E sono arrivate le gocce di sangue uscite  da un ginocchio sbucciato e frettolosamente ripulito con un po’ di saliva e poi via di nuovo di corsa a giocare.

E  i fili d’argento della pioggia fatti di gocce che si rincorrono velocissime per raggiungere la terra che le assorbe rilasciando quel meraviglioso profumo che cambia, a seconda delle stagioni.

E lampadari scintillanti di gocce di cristallo a illuminare ricevimenti ricchi di musica e sfarzo, come nelle scene del romanzo Il Gattopardo.

E gocce di brillanti, a impreziosire i lobi delle ragazze in età da marito che attendono un invito  al ballo in una bella serata di fine Ottocento.

E una goccia di vino caduta accidentalmente a profanare il bianco immacolato della tovaglia di fiandra, tirata fuori per un’occasione speciale.

E una goccia di rugiada rimasta  incerta sul petalo di una margherita.  Poi il fiorellino che si piega per l’arrivo improvviso di un soffio di vento e la goccia che se ne scende senza fretta e raggiunge il suolo, sparendovi dentro.

E le grotte dove millenni di gocce hanno formato figure affascinanti, dalla terra verso il cielo e dal cielo verso la terra.

E le gocce di cielo  negli occhi del mio piccolo Lorenzo che non ha ancora capito se sono la sua nonna o la sua compagna di giochi.

X. ha mugugnato qualcosa, si è mosso impercettibilmente e poi ha continuato a dormire. L’incantesimo si è interrotto, io sono tornata alla mia realtà, ma una  goccia  salata mi si era impigliata incerta fra le ciglia.

Quando la mamma è tornata mi ha chiesto se era tutto a posto.

“Certo, non ha dato nessun problema. Ha sempre dormito. Spero di non rivedervi qui il prossimo mercoledì”.

Lei ha sorriso e mi ha buttato un bacio sulla punta delle dita.

Io ho dato un ultimo sguardo al piccolo e  alle gocce di vita  che continuavano a scendere con regolarità.

 

Bersaglio

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Il bersaglio – di Roberta Morandi
Le parole entrano ed escono
balzellando nella testa…
poi si affollano
in punta di lingua.
Come in un bersaglio cerco il centro
e la penna s’arresta.
Mi concentro
entro nel mio centro,
faccio spazio,
accolgo.
È chiaro il concetto:
se dico amicizia
ho nel bianco l’arcobaleno perfetto
fino al cuore del mondo
nel giallo
l’empatia
il mio specchio sugli altri.