I gioielli della Regina

 

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Il  cielo in un vetro blu – di Nadia Peruzzi

George bighellonava nella sua bottega. Guardava e riguardava un blocco di vetro informe, rozzo, puntuto, irregolare.

Ne era attratto per il suo blu e per la trasparenza che riusciva a farsi strada malgrado tutta quella massa. Era inerte, ma non privo di vita. George la percepiva, quasi la sentiva pulsare come a chiedergli di fare da levatrice.

Sembrava chiedergli una forma, non una qualsiasi, una che servisse a qualcuno.

Era stufo di star lì pietrificato e senza un senso compiuto.

Toccandolo, gli sembrava di avvertire come un’onda di pura energia. E guardandolo bene poteva trovarne più di una traccia il quel groviglio di bolle, bollicine, gocce, che stavano sospese in un galleggiamento perfetto e orientate dal centro verso l’esterno.

Gli sembrava che si fossero organizzate tutte insieme, per trovare una via di uscita, rispetto all’angustia nella quale si trovavano costrette!

Il blu, quel blu profondo, intenso sapeva di magia. Come se un tocco di bacchetta magica avesse solidificato un pezzo di mare e qualcuno fosse riuscito a strapparlo nel punto più profondo, quello in cui il blu è più blu.

George decise. Non poteva certo restituirgli la fluidità dell’acqua. Doveva riuscire a ridargli duttilità e morbidezza, che gli avrebbe permesso di lavorarlo senza romperlo.

Ci voleva fare qualcosa di bello. Non sentiva, però, nessuna ispirazione. Eppure sperava che, tradotto in gel dal calore, fosse proprio quel blocco, in forma più malleabile e meno puntuta, a trasmettergli tutto quello che serviva per il suo capolavoro.

Di prismi non sapeva più che farsene. Ne ha fatti di tutti i tipi e di tutte le grandezze. Li trovava ormai privi di senso e di vera utilità, troppo simili ai patacconi preziosi che passavano tutto il loro tempo incastonati in anelli, corone, poltrone e di cui nel gran palazzo non si sentiva certo la mancanza.

Voleva semplicità. E una forma che fosse  in grado di rappresentarla. Era stufo di cose che avevano un valore materiale, pur inestimabile, ma che non parlavano al cuore e alle emozioni.

Una lieve scossa sembrò arrivargli direttamente dalla materia, guidandolo verso l’idea giusta. Bastava un semplice rettangolo per realizzarla.

La stanza in cui la regina amava passare le ore del  pomeriggio aveva, a guardarla bene, un che di triste e banale. Eppure le finestre facevano entrare non poca luce. I raggi si rincorrevano e giocavano a rimbalzino su quei mobili austeri, mancava  un po’ di vita. Mancavano giochi di colore. Il gel blu si compose, quasi magicamente, in un rettangolo che si adattava benissimo ad una delle grandi finestre. E altrettanto magicamente nella scomposizione di quella massa informe cominciarono a far capolino altri  toni di blu che, da cristallizzati, non riuscivano a farsi apprezzare per la loro bellezza, vivacità e varietà.

In un baleno riuscì a montarlo e agganciarlo al telaio. Lo rimiro’ soddisfatto. Era cambiato tutto. La stanza sembrava aver cambiato pelle. Un pezzo di cielo, con tutte le sue sfumature, stava giocando birichino con quadri, arazzi e con i mobili stile Impero.  Finalmente, si disse, la vita entrava in quella stanza !

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Autore: lamatitaperscrivereilcielo

Lamatitaperscrivereilcielo è un progetto di scrittura, legata all'anima delle persone che condividono un percorso di scoperta, di osservazione e di ricordo. Questo blog intende raccontare quanto non è facilmente visibile che abbia una relazione con l'Umanità nelle sue varie espressioni

1 commento su “I gioielli della Regina”

  1. Bello e simpatico il tuo racconto . Mi è piaciuta molto il finale con l’entrata della luce e la fine della banalità.

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