
Calendule – di Cecilia Trinci
Non hanno profumo le calendule. Sono fiori stellati, quasi grossi margheritoni arancioni, allegri, ottimisti, ma senza il minimo profumo. Fioriscono ora, quando l’inverno è attivo e qua e là le previsioni del tempo danno ancora “possibili nevicate anche in pianura”. Erano i primi che ci accoglievano in campagna, con quelle capocchie accese, rugginose e tozze, quando si arrivava in certe mattine di sabato piene di sole freddo e si scoprivano lì, sotto il mandorlo secco, esploso di bianco.
In città era inverno e lì era già “primavera a mare”. Perché il mare è proprio là, a pochi metri di distanza.
Da tanto tempo non le vedo rifiorire, anche se certamente lo faranno senza di me. Esploderanno silenziose d’arancio e petali allungati, guardando il sole di mare con lo stupore solito, staranno qualche giorno a parlare con i merli innamorati, il vento di libeccio strapazzone e le nuvole salate che strisciano basse, bianche e ghiacce come bioccoli di gelato. Chissà se si chiederanno di noi, se noteranno la nostra assenza e la mancanza definitiva di qualcuno della famiglia o se staranno lì, nell’erba, senza domande, in silenzio, aspettando senza paura la loro fine fiorita.




