
Sono stati giorni bianchi – di Stefania Bonanni
Sono stati giorni bianchi, quelli appena passati.
Giorni di valigie, e non erano mie le cose che le riempivano. Non erano neanche cose conosciute, non tutte, quelle nelle valigie. Erano cose comprate in un’altra città, alcune in un paese straniero, cose che non ho mai visto indossato. Cose di una vita lontana, altra da noi.
E silenzi. Cosa dire? Qualunque domanda poteva scatenare ansia. Perché raccontarsi l’ansia non la diminuisce, anzi la moltiplica. Rende reali le brutte fantasie, rendersi conto che qualcun altro condivide le tue paure, ha pensato quelle stesse cose angoscianti.
Allora, meglio stare zitti, camminare in punta di piedi, lasciare che il tempo passi, che venga il giorno della partenza, senza aumentare il carico. Senza fare discorsi di saluto, senza essere patetici. Come stare nella nebbia, cercando di prevenire i colpi che si corre il rischio di picchiare, ma senza fermare il cammino di nessuno.
Non siamo usciti, negli ultimi giorni . Siamo tutti stati sempre in casa, al caldo, vicini, attenti a non fare discorsi dolorosi. Attenti a non dire neanche che sarebbe andato tutto bene, perché anche questo avrebbe significato che c’era la possibilità che potesse andare storto qualcosa.
Zitti, a vedere un Sanremo che non abbiamo seguito. Ognuno perso dietro il bisogno urgente che il tempo passasse veloce, e il desiderio di fermarlo, quel tempo che non è tuo. È solo suo, é il tempo giovane di una vita solo sua, bello da seguire nei sogni e nel coraggio. Ed ogni volta il viaggio è più complicato, lo scopo mette sempre più alla prova. E si può solo seguire da lontano, sempre più nel cuore. E poi ricominciano le telefonate serali, quelle che non sono interessate al senso delle parole, ma più al tono. Quelle voci che parlano ad altri organi, oltre le orecchie, e che per le mamme parlano sempre di più ed aldilà, con la presunzione che solo la mamma può capire, e che sa se va tutto bene anche solo da quel “ciao”.
E vengono alle labbra preghiere, che ci sia chi le tiene una mano sulla testa. E vengono alla mente pensieri onesti e razionali. Sta andando ad affrontare un progetto che ha cercato e voluto, viaggia in aereo, ha soldi e comodità per affrontare disagi. Di questi tempi, tutti si sa, sono altri i giovani che fanno viaggi pericolosi. Però restiamo qui, si ricomincia ad aspettare un messaggio, uno squillo, una parola detta con voce sorridente. Siamo qui, in un tempo bianco, attutiti, appuntiti, abbracciati, più vicini che mai.
Semplicemente splendido! È così.
"Mi piace""Mi piace"
“aspettare una parola detta con voce sorridente” ogni madre lo sa, a ogni madre tocca questo passaggio e resterà così, per gran parte del tempo…..finché anche loro diventeranno madri. E allora forse, un po’ capiranno il prezzo che costa
"Mi piace""Mi piace"
Silenzio, saluti,sorrisi, e lacrime , lacrime che aspetteranno che la porta si chiuda alle sue spalle….per uscire allo scoperto….così bello da non trovar parole…per commentare…..un abbraccio.per te Stefi.
"Mi piace""Mi piace"