Quando l’amore se ne va – di Nadia Peruzzi
Ci siamo rivisti dopo qualche mese. Ci siamo appena sfiorati ad un semaforo, del tutto impreparati all’imprevisto.
Imbarazzati, non siamo riusciti ad andare oltre un banale: “Ciao, come stai?”. Scattato in automatico, più che desiderato e cercato. Era uscito da solo.
Troppo poco per quello che c’era stato fra noi. Intesa, passione, tenerezza! Nei mesi della nostra convivenza, bastava guardarsi negli occhi e un intero mondo si apriva.
Decisamente troppo per quello che avevi combinato. Ti saresti meritato tutto il ceffone che non ero riuscita a darti, e tutte le parole che non avevo potuto vomitarti addosso per liberare il cuore dal dolore che mi aveva lasciata impietrita.
Un giorno, senza alcuna spiegazione, te ne sei andato. Dopo, nessuna telefonata. Nessuna risposta ai miei messaggi e alle mie chiamate. Non per riportarti da me, ma per capire.
Il tuo silenzio e la negazione di te e di qualsiasi contatto si è fatto, giorno dopo giorno, lama dolorosa che mi sono portata dentro e addosso nel tempo dell’abbandono. Domande senza risposta. Dalla tenerezza, talora anche troppo sdolcinata, al disinteresse condito di cattiveria. Come può essere possibile? Perché? Si può cambiare all’improvviso? Da quanto durava. da quanto covava tutto questo, senza che io mi fossi accorta di nulla?
Domande che hanno incontrato solo il silenzio dell’assenza, come risposta. Tu non c’eri, nessuno ,se non te, avrebbe dovuto rispondere. Silenzio, silenzio, silenzio, attorno trovavo solo quello mentre giravo nelle stanze vuote di te, del tuo profumo, delle tue cose.
Le domande man mano hanno smesso di esser formulate al vento, e si sono piantate dentro il cuore come macigni, quasi tradotte in colpa per non aver compreso, per non essermi accorta dei tuoi disagi, in anticipo .Come potevo, se non hai mai lasciato trasparire nulla delle tue insicurezze e delle tue insoddisfazioni?
Così il “Ciao ,come stai” l’ho vissuto insieme come il tutto e il nulla.
Anche la flebile risposta, mista di imbarazzo da parte di entrambi, ”bene”, altro non è stata che una forma di silenzio.
Le parole vere, quelle che mia avevano tormentato l’anima in quei mesi erano rimaste al loro posto. Di colpo ne avevo compresa la totale inutilità. Cosa dire ad uno così?? La rabbia, pure svanita di colpo. Non ti meritavi neanche quella.
L’ho capito in quel momento e in quel luogo, aperto, assolato, limpido e terso nel frizzore di questa bella giornata invernale, che non meritavi nulla!
Né le mie parole, né tutti i tormenti e tutto il dolore che mi avevano tenuta bloccata nei mesi precedenti.
E’ stato un attimo, rivelatore.
Ognuno ha ripreso la sua strada, dopo un altro attimo di imbarazzo. In silenzio. Il mio era pieno di disprezzo, ma ora, lo sentivo, aveva anche il sapore di una liberazione. Mi strinsi addosso il cappotto e allungai il passo!
Molto sentito questo tuo silenzio doloroso, intenso e per me un deja’ Vieu finalmente dimenticato
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Lame che difendono….lame che silenziose uccidono……e si va avanti….si deve andare avanti…..accattonando ….non dimenticando….intenso il tuo scrivere…molto…
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