Alla ricerca del Simurgh – Un libro, uno spettacolo teatrale

 

di Cecilia Trinci

La conferenza degli uccelli è un poema persiano del dodicesimo secolo,  in 4500 versi, scritto da Farīd ad-Dīn ‘Attār – di cui quasi nulla si sa, tranne che intraprese un lungo viaggio dalla Persia fino in India. La storia narra di come un giorno tutti gli uccelli della terra siano stati chiamati a raccolta dalla saggia Upupa che, per fuggire il dolore del mondo, vuole convincerli  ad intraprendere la ricerca di un re, il Simurg, che si dice abbia tutte le risposte. Gli uccelli non sono pronti a questa avventura difficoltosa e manifestano infinite giustificazioni per rimandarla, finché, alla fine, trovano il coraggio di partire. È l’inizio di un viaggio  verso la dimora di Simurg, protetta da sette misteriose valli. In ognuna, gli uccelli dovranno affrontare insidie mortali: ma chi riuscirà a superarle otterrà la verità. Alla fine del viaggio infatti, i trenta uccelli superstiti,  si troveranno davanti l’oggetto della loro ricerca, che altro non è che  la propria immagine riflessa in uno specchio, a testimonianza di come  tutta  la necessaria forza  per vivere stia nascosta dentro ognuno di noi.

 

E’ stato il testo, che da tempo si muoveva tra i progetti teatrali di Riccardo Massai, che alla fine si è materializzato, rivestito  in una  forma  che ha potuto dare vita al laboratorio per extracomunitari del mondo e allo spettacolo replicato più volte “Alla ricerca del Simurgh”, prodotto da Fondazione Teatro Metastasio Prato-Archetipo- Giallo Mare  Minimal Teatro – Regione Toscana.

Un lavoro  “immenso” come hanno definito gli stessi protagonisti, che ha presentato problematiche inattese e variegate  anche per chi, come Riccardo Massai e Miriam Bardini hanno lunga esperienza non solo in campo artistico, ma anche di teatro sociale.

Il progetto era infatti rivolto a giovani extracomunitari che volessero, anche per la prima volta, mettersi alla prova in uno spettacolo teatrale e molti hanno risposto alla sfida, creando un gruppo molto composito per lingua, civiltà, paese di provenienza, esperienze di vita e aspettative.  Le difficoltà maggiori sono state, come raccontano i protagonisti, proprio nella fase di progettazione, di studio delle persone, di coordinamento e conoscenza di storie personali variegate e complesse.

In una intervista concessa il 21  dicembre scorso, il regista Riccardo Massai, l’attrice e collaboratrice Miriam Bardini e uno dei ragazzi che hanno partecipato al progetto, Nimantha  (per gli amici Nima) di origini dello Sri Lanka, hanno ripercorso i punti salienti della loro avventura umana e teatrale.

“Se dovessi riassumere tutto in una parola, dice Nima, direi emozione. Quello che mi è piaciuto di più è il testo. Questo è  un testo persiano, antico, con uccelli fantastici colorati, che volano, che viaggiano. Mi sono piaciuti i ragazzi che venivano da paesi diversi, come se ognuno fosse davvero l’uccello che veniva da quel posto lontano. Mi è piaciuto che non volevano partire e che invece poi hanno trovato il coraggio di andare verso qualcosa che non conoscevano. Mi è piaciuto il pubblico, mi piaceva dare quel messaggio di coraggio a tutti. E  poi a vedermi c’erano tutti quelli che conoscevo, ero contento e imbarazzato perché mi chiedevo cosa potevano pensare di me vestito da uccello, con quel  becco grande. Ci tenevo molto al parere di una mia amica e mi domandavo: Sarò piaciuto a lei?”

Lo spettacolo ha lasciato nuove relazioni. Amicizie che non sarebbero nate altrimenti. Tra i ragazzi tra loro ma anche tra loro e gli adulti. Riccardo e Miriam parlano dell’affetto forte che li ha accesi in questi due mesi di lavoro. Due mesi soltanto per un lavoro così grande.

Miriam Bardini ci racconta che è stato un lavoro complesso, totalizzante, un lavoro in cui si è costantemente messa in gioco e in discussione confermando il concetto che mai niente è scontato, soprattutto quando si ha a che fare con adolescenti e per di più con problematiche molto varie, ma che quello che più a fondo rimane è la relazione, la meraviglia per l’essere  umano. “Se  dovessi riassumere tutto  in una parola, dice lei, sarebbe  stupore”.

“Ho capito che la loro forza, anche dal punto di vista scenico, stava nella loro persona. Quello che un attore deve conquistarsi con il lavoro e lo studio, loro lo possedevano come essenza, come natura. Questo mi ha fatto stare in ascolto costante e questa apertura  è quello che è rimasto, al di là e oltre il successo momentaneo dello spettacolo e della risposta del pubblico. Il pubblico percepisce sempre il valore della materia umana che sale su un palcoscenico e ne ha sempre rispetto”.

“Questo poi, aggiunge,  è stato un vero spettacolo di poesia, i ragazzi erano davvero attori ed è questo che il pubblico ha percepito, senza alcuna sfumatura patetica”.

Riccardo Massai infatti ha curato lo spettacolo come tutte le sue creazioni, con lo scopo di ottenerne un lavoro importante, emozionante, senza sconti per nessuno degli attori coinvolti.

“Devo ammettere, dice Riccardo,  che quando lavoro ad una messa in scena pretendo sempre il massimo dagli attori e non distinguo la loro formazione e neppure gli scopi che possono condizionarli. Anche nel lavoro fatto anni fa con i non vedenti, o i ragazzi del carcere minorile  è stato così.  In questo caso ammetto che spesso è stata  una fatica molto più dura per la varietà umana che raccoglievano, ma insieme abbiamo raggiunto l’obiettivo che mi ero posto, anche artisticamente. Se dovessi riassumere tutto in una parola direi disgregazione,  perché ha distrutto le mie certezze, le mie abitudini, le mie aspettative iniziali, ma ha ricreato qualcosa di nuovo e potente”.

Il pubblico ha risposto infatti con grande entusiasmo in tutte e tre le repliche: al Teatro Comunale di Antella e a Castelfiorentino oltre che al Fabbricone di Prato. Colori, energie, vitalità, entusiasmo in uno spettacolo intenso dal messaggio profondo, guidato con potente magia.

 

Una spettatrice ci ha donato il suo personale commento concedendoci di pubblicarlo:

 

Sperano nell’amore

Coni di cartone il loro naso coprono:

sono uccelli e volano

ma frenetici nei pantaloni alla zuava

volteggiano

danzano

colori, lustrini, musica, canto, felicità.

Qualcuno il becco perde,

ma vanno avanti

volteggi, girotondi, capriole.

Tutti a convegno

sfilano sul fondo i loro nomi:

passerotto, airone, merlo, fagiano, pappagallo, rondine, upupa….

Tanti, diversi, tutti.

Discutono, bisticciano, poi partono.

Il loro dio, Simurgh cercano.

Lungo viaggio per ritrovare se stessi.

Ma il dio è dentro di noi.

Si schiudono le porte del cielo.

Storie strane, terre lontane,

lingue bislacche

la bellezza non è né prima né dopo

la bellezza è dentro di noi.

Gli uccelli sono persone e

sperano nell’amore

sorridono e si prendono per mano.

 

M.Grazia Lotti