Il gioco delle parole di Stefania

Stanca. Complicato. Coltello

Se non ci fossero le notti – di Stefania Bonanni

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Se non ci fossero le notti, ce l’ avrei fatta.

Anche di giorno sono stanca.I pensieri tornano sempre lì, e non c’ è peggior stanchezza di non distrarsi mai.  Anche i giorni sono lunghi, e le pause, quelle vuote di lavori ed abitudini, quasi impensieriscono. Basta fermare le mani, e si muovono i pensieri.

Le immagini ritornano immutate. Il tempo non guarisce, non aiuta, non solleva.

Fossero ricordi fotografati, sarebbero tutti attraversati da un lampo, un bagliore luminoso e doloroso. Non una luce che schiarisce, proprio un lampo che strappa il velo, che squarcia il buio, che e’ destinato ad essere ancora piu’ buio, non appena si disfa’ il lampo.

Fa paura, un lampo così. Ti costringe all’ attenzione, all’ ascolto, all’ attesa si compia il cattivo presagio. Mette il cuore in allerta, accende una luce sinistra laddove sembrava la solita atmosfera.

Era una vita complicata, vista dall’ interno. Da fuori no, non credo. Situazioni comuni a tanti, solo io vedo lampi. Questo lo so

Mi sono chiesta perché lampi, perché i turbamenti nascano dai lampi. Poi, per caso, in una mattina di sole obliquo dalla finestra di cucina, ho visto lampeggiare i coltelli, sollecitati dai raggi. Era un’ indicazione. Da quella mattina i lampi mi fanno pensare ai coltelli. Le burrasche mi fanno ribollire. Tutto quello sfogo di rumore e scrosci, mi fa capire che è necessario scoppiare, per ritrovare la calma. Che il sereno non e’ detto torni sempre, ma di certo, passata la tempesta, prima o poi torna il sole. Il coltello, la tempesta. Pensieri di coltelli, pensieri di tempesta. Passerà la tempesta…. passeranno i coltelli?

Poi viene la notte.

E le notti sono piene di lampi: occhi che mandano lampi, circuiti elettrici che smettono di funzionare e friggono, ombre strane partorite da candele tremolanti, acqua che non smettera’ di scrosciare, vento che sbatacchia. Oscurità che non finirà, giorno che non verrà.

Non ci fossero le notti, avrei scritto di coltelli, e sarebbero spariti i lampi.

Il Gioco con le parole di Anna

STANCA – di Anna Meli

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Stanca, stanca, sono stanca!!!

            Chissà quante volte nella vita, avrò pronunciato questa parola, certamente in situazioni sempre diverse e facendo ogni volta grandi sforzi per uscirne, per continuare ad andare avanti giorno per giorno. Ogni stanchezza ha un suo colore: verde dopo una passeggiata in campagna, azzurro dopo una nuotata in mare, blu nelle lunghe attese ma anche grigio nel proseguo di cure sanitarie.

            Non la sentivo molto da bambina perché i giochi, il mettersi a confronto con i compagni, il susseguirsi di nuove esperienze magari piacevoli ma altrettanto faticose, venivano superate da un rilassante sonno.

            Ma le cose cambiano nel tempo e ora, ormai anziana, mi sento più fragile e spesso mi ritrovo stanca, tanto stanca che a volte mi sembra di vedere la poltrona che mi tende i” braccioli” e mi sussurra:- vieni vieni qua , lasciati andare, riposa, non pensare a niente – come se questo fosse possibile! Però ubbidisco e con piacere mi ci affondo socchiudendo gli occhi in un dolce dormi-veglia. Anche per oggi, dopo aver fatto diverse cose e aver preparato e fatto pranzare i miei nipoti, ho una gran voglia di riposarmi; il resto può aspettare. Sono stanca, è l’ora di fermarsi.

            La mia morbida poltrona mi accoglie e mi sento perfettamente a mio agio; ma ecco un colpetto al vetro della finestra attrae la mia già offuscata attenzione” Ecco, lo sapevo…proprio ora” faccio finta di niente, ma quella bestiola bianca e grigia si mette a miagolare con toni fra il dolce e il disperato. Lo faccio entrare e ripiombo nel mio accogliente nido di morbida stoffa intenzionata a rimanervi. Lui, il gattaccio, mi gira un po’ intorno, quindi con un leggero balzo di velluto, si piazza sulle mie ginocchia ronfando. Il suono delle sue fusa leggere accompagnano dolcemente il mio riposo, lo accarezzo e mi rilasso.

            Non sono più stanca.

Il Gioco con le parole di Rossella B.

STANCA COMPLICATO COLTELLO – di Rossella Bonechi

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Saliva piano piano le scale di casa, uno scalino alla volta e le sembrava di dover conquistare una vetta. Il rumore rassicurante delle chiavi nella serratura le fece tirare un sospiro di sollievo e entrando in casa cominciò a liberarsi di scarpe, giubbotto, sciarpa, borsa, non necessariamente in quest’ordine. Si meritava il suo divano in penombra, era così stanca che ci si tuffò. Finalmente il silenzio, la quiete, il nulla che poteva spengere il cervello.

Ma perché tutto doveva essere così complicato? Pesi troppo pesanti, parole troppo parlate, grida urlate per farsi sentire, sorrisi finti e occhiatacce vere, chi ti fa domande trabocchetto e chi ti fa domande e non ascolta le risposte e gente gente gente.

Dicono che ne dovrei essere contenta….mah…forse è vero ma non ero preparata a tutto questo. Pensavo fosse molto più facile per una che a detta di tutti era gioviale e empatica, riuscire a presentare con facilità tutte le magnifiche doti di quel coltello di Gran Marca, figo, alla moda, di design. E invece no, te ne dovevi intendere perché il mondo degli attrezzi da cucina è infido e davvero complicato ! 

Seduta, guardava con apprensione il borsone con le “rimanenze” e le venne da pensare: “Io li regalo, sennò alla fine li lancio come in un numero da Circo !”

E chiudendo gli occhi piano piano sognò nella penombra che il prossimo articolo sarebbe stata una poltrona, di Gran Marca….alla moda…..di design….

Il gioco con le parole di Rossella G.

COLTELLO STANCA COMPLICATO – di Rossella Gallori

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sarà che sono stanca, che ho il coltello dalla parte della lama, sarà che ho paura di tagliarmi e da un innumerevole numero di anni per me è tutto complicato, molto complicato,   troppo….

Non tutti i giorni sono uguali, confusi tra minuti, secondi ed ore farlocche.

Sono scesa da un pezzo dall’ altalena, ci ho lasciato a dondolare: sogni fatti e da fare, bugie grasse e secche verità.

Ho silenzio dentro e buio fuori, ogni tanto qualcuno arriva con una grossa torcia, un flash, poi le pile finiscono, lasciandomi in ombra… eppure basterebbe un fiammifero gigante, uno di quelli che si usano per il camino, fiamma calda e colorata, uno struscìo delicato, per farmi sentire meno stanca,  se pur afflosciata su qualcosa che sembra zattera o boa ed è invece  “divano”, salvezza unica di un periodo complicato, tra scrittura braille che non so leggere ed un alfabeto morse intraducibile, per quei pochi neuroni che mi restano.

Ho scritto, parlato, pianto, sofferto tanto per quell’eroe unico, perso per strada, cerco affannosamente di pensare se quell’ amore sia stato vita o morte, fame o digiuno…grida o silenzio.

Ho ripensato a quel coltello nascosto tra i vestiti, lucido e tagliente, non ricordo se serviva per difendermi o offendermi, per tenere a distanza odio ed amore. Mani pietose me lo avevano tolto dagli occhi e dal cuore.

Chiudo gli occhi ripenso ai racconti di qualcuno, antenati mai conosciuti, pazzi e persi, chi per mete impossibili, chi per gesti eclatanti, per amori inesistenti ed inverosimili, ripenso a quel ramo di follia che è  nel mio dna, ed un po’ mi fa male ed un po’ mi rende viva.

Mi ripeto, non tutti i giorni sono uguali, ci sono quelli che hanno le ore giuste, i minuti delicati…i secondi quasi simpatici, mi appollaio sul divano…scrivo come prima, mi capisco, mi perdono, non ho bisogno di interprete….e….

Sarà che sono stanca ed ho fame, taglio una fetta di torta, il coltello indugia sulla mandorla croccante, sorrido con la bocca sporca di zucchero ed oggi tutto mi sembra tutto  “quasi meno complicato”