Il gioco con le parole di Tina

Macchia – lacerare – frequentarsi

Il mercato di Sant’Ambrogio a Firenze

Amiche in giro – di Tina Conti

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Emma cammina avanti e indietro sul marciapiede, passano frettolose signore con fagotti, pacchi e borse piene di frutta e verdura.

Si sentono voci che reclamano la bontà e la freschezza degli ultimi carciofi e dei novelli asparagi, il banco che si allarga ogni giorno e che prepara panini e prelibatezze fiorentine, stamani ha messo due tavolini con le sedie sopra un camioncino.

Gli avventori si mostrano soddisfatti di quella posizione dall’alto, il proprietario ha guadagnato cinque o sei posti per i suoi clienti e poi, essere lassù crea una bella novità

Emma, riceve una telefonata dalla sua amica Marcella.

 -Dove sei Emma? Non mi ricordo dove abbiamo fissato!

-ti sto aspettando davanti al negozio della Corti

 -bene ,arrivo!

 -scusami, aggiunge Emma, arriverò  con qualche minuto di ritardo, ho combinato un bel guaio, ma penso di farcela in dieci minuti………scusi tanto  signora, non volevo proprio crearle problemi

-ne è sicura? risponde la Signora. Viaggiare con quell’ ombrello sbrindellato, con quelle stecche rugginose sporgenti cosa credeva di fare? ormai il danno è fatto, e mi deve risarcire, guardi che lacerazione alla mia bella gonna di seta.

-certo, certo, ha ragione sediamoci a quel caffè  e accordiamoci, desidera prendere qualcosa?

 -si, si,quando sono agitata mi rilassa solo uno spumantino!

-Italiano o Francese?

 -naturalmente francese……allora, facciamo presto, la gonna come vede è ERMES di seta, l’ho pagata 800 euro e sicuramente non ne troverei una uguale, facciamo 1800 euro e io sarei soddisfatta.

 -via signora, sia ragionevole, la gonna è vecchia.

 -vecchia? ma come si permette, e poi faccia attenzione con quel bricchino di caffè, non vorrei  che combinasse un altro guaio.

 -le faccio un assegno  di 900 euro e così  penso di averla risarcita a modo.

 -metta giù quella mano, vede che sta rovesciando il caffè sulla mia maglia? Ma da dove viene, che sguaiata che  è

 –scusi, scusi, sono mortificata, mi devo essere emozionata, io vengo dall’Antella, ho appuntamento con  un ‘amica, accordiamoci lei mi sta aspettando.

 -bene, lacerazione gonna, macchia che non so se ne andrà sul golfino di Cuccinelli, facciamo 2000 e salutiamoci.

Marcella, ha seguito la scena da lontano e si avvicina all’amica

– Emma ma cosa è accaduto? avevi appuntamento con me, chi è questa signora?

-si sieda con noi, dice la Signora,   faremo in un attimo, ma, io la conosco, è la signora della bottega di ricami in Portarossa.

 – Si! si!,  sono Ferrini, la riconosco anche io, ci frequentavamo spesso in passato

 -che peccato  che avete chiuso il negozio, io ci venivo spesso , ho fatto regali  a tutti gli amici sparsi per il mondo, la qualità era ottima e poi che fantasia.

 -si! si!, mi ricordo di lei  molto bene, mi ricordo anche che non ha saldato gli ultimi conti, ci ha lasciato un bel buco. Mi ricordo che erano circa 6000 euro, aggiunge aggressiva Marcella, se ha da accordarsi con la mia amica possiamo fare i conti così io potrò incassare la parte che mi deve, le sembra una buona proposta? Lo spumante naturalmente lo offriamo noi, siamo le signore dell’Antella

Il gioco con le parole di Nadia

Macchia, lacerare, frequentarsi.

Pranzo di compleanno

Tempo che va – di Nadia Peruzzi

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Era il suo trentesimo compleanno.
Lei non amava festeggiare, tanto meno che la festeggiassero. Era stato così da sempre. Preferiva lasciare scorrere il tempo così come veniva.
Si negava sempre quando la invitavano alle feste di compleanno di amici e parenti. Ritrovi di chiacchiericci infiniti, pettegolezzi che la annoiavano  a morte. Per non parlare dei complimenti con sorrisi che più falsi non potevano essere.  Quelli li detestava proprio. Bastava guardare gli sguardi fuori sintonia  di chi si sperticava  in “come stai, bene! questo taglio di capelli ti dona tantissimo! che vestito fantastico!” Insopportabile.
Spesso per evitare tutto questo, scompariva letteralmente. Per il suo compleanno preferiva andare in viaggio, anche solo per qualche giorno, in modo che nessuno la assillasse, e quel fatidico giorno passasse in tranquillità, senza che fosse la festa a decidere per lei, e a condizionare il suo doversi atteggiare rispetto agli altri.
Quell’anno però qualcosa era cambiato.
Aveva cominciato a frequentarsi con Nicola. Un amore partito quasi per scherzo e diventato serio e appassionato in breve tempo.
Lui, a differenza di lei, era votato alle feste. Era un giocherellone che amava la compagnia e quel particolare clima che una festa ben organizzata era in grado di creare.
Stava cominciando a contagiare piano piano anche lei, che stava scoprendo come, accanto a lui,  anche le cose che detestava di più cominciassero a piacerle.
Per i suoi 30 anni Nina non aveva più possibilità né di scappare, né di rinchiudersi a riccio. Nicola cominciò per tempo a lavorare sulle sue ritrosie e a far cadere tutte le linee di difesa che lei provava ad alzare.
Alla fine decisero per un pranzo in una località di mare.
Invitarono gli amici più cari. Alcuni li accompagnavano addirittura fino dall’infanzia. Non erano in molti.
Si stavano divertendo e Nina si sentiva stranamente bene .
Il sole caldo e un vinello frizzante fecero il resto.
Si mangiava bene in quella trattoria sul lungomare. Gli spaghetti erano così conditi che alla prima forchettata, la camicetta di seta bianca di Nina subì un attacco traditore.
Uno spaghetto si mosse a mo’ di frusta e zac, una macchia rossa e strascicata cominciò a colare sul davanti. Proprio in bella vista.
Si alzò di scatto, per non farla vedere anche agli altri.
In bagno riuscì in qualche modo, sfregando e risfregando,  a far sì che rimanesse solo un piccolo alone quasi invisibile.
Si riavvicinò al tavolo. Tutti ridevano e scherzavano, erano così belli.
Nicola, il più figo di tutti, ed era solo suo, pensò con grande gioia.
Pensiero fugace. Fu un’occhiata lanciata da Lara, seduta proprio di fronte a lui, a farle gelare il sangue.
Era ammiccante, seducente ed estremamente fuori luogo e fastidiosa.
Anche lui guardava lei. Non ci potevano essere dubbi. Lo si capiva da come muoveva la testa e dal suo gesticolare. Era rivolto, quasi proteso verso Lara e rideva alle sciocche battute di lei. Erano amici di infanzia. Per questo l’aveva portata quel giorno.
Nina si sedette al suo posto. Non sapeva né cosa pensare, e soprattutto non sapeva che cosa fare. Si vedeva chiaramente che fra quei due c’era dell’altro, non solo amicizia.
Si trovò, senza rendersene nemmeno conto, a lacerare in pezzetti piccolissimi il tovagliolo di carta che aveva sulle ginocchia. Sicuramente un transfert alla Jung o alla Freud, anche se non le importava minimamente né dell’uno, tantomeno dell’altro in quel momento.
L’istinto l’avrebbe indotta a far ben altro.
Si immaginò come una furia, a tirar via la tovaglia con tutto quel che c’era sopra. Non contenta si vide lanciata attraverso la tavola con una mano stretta a pugno, versione volante alla Superwoman, per beccare Lara direttamente sugli incisivi.
Infine una mossa alla Jackie Chan. Con un colpo di gomito si vide centrare il naso di Nicola in modo da romperglielo almeno in due punti, uno solo sarebbe stato troppo poco per ciò che aveva visto.
Il piano B che comprendeva il fugone le sembrò il più adatto a lei.
Non salutò nessuno, se ne andò a rotta di collo.
Ricominciò a scappare dai suoi compleanni e anche dalle rimpatriate fra amici di più o meno lunga data.
Preferiva di gran lunga i giorni normali, quelli in cui il tempo scorre e si lascia vivere un po’ così come viene.
Di Nicola non seppe più niente e si accorse che nemmeno le importava sapere cosa facesse o dove fosse!
Era tornata lei a decidere il chi, il dove, il come. Era libera di essere sé stessa e questo la faceva star bene.