Il gioco con le parole di Stefano

Macchia – frequentarsi – lacerare

Cena sotto le stelle

L’amico scomparso – di Stefano Maurri

Photo by Eren Aru0131cu0131 on Pexels.com

Erano stati tutti convocati per una cena sotto le stelle, nella zona di Campiglia dove la macchia boschiva si alterna al prato e al seminativo. Dalla casa molto suggestiva si  vedeva il mare, ma anche le ciminiere delle acciaierie di Piombino e la Torre del Sale, ex struttura dell’ENEL per la produzione di energia elettrica, testimonianza visiva del lavoro di migliaia di operai che si erano susseguiti fino ad allora. Il fumo rilasciato dalle ciminiere con i suoi colori rossicci faceva apparire quelle costruzioni come le bocche di un drago.

Tutto era come sempre, con l’abituale voglia di frequentarsi, niente sembrava intaccare la loro voglia di stare insieme, quando si accorsero che Qualcuno mancava. Furono tutti sorpresi e ognuno accusò l’altro di non aver invitato proprio la persona che mancava. Invece qualcuno lo aveva visto muoversi lì intorno. Infatti c’era, ma si era allontanato verso la macchia e dall’alto era rimasto a guardarli mentre si confondevano via via con il paesaggio e fino a ché sparirono nell’aria come il fumo delle ciminiere.

Con il gioco di parole il nuovo racconto di Luca

Macchia – lacerare – frequentarsi

Il convento di clausura

L’inglese e le suore – di Luca Miraglia

Photo by Devansh Soni on Pexels.com

Non saprei dire come mai, o per quale strana scelta dei miei genitori, invece di essere a giocare con i miei amici di strada mi ritrovavo in quell’aula a studiare i rudimenti della lingua inglese.

Era un luogo tra il cupo e il fatiscente, a cui si accedeva dal chiostro di un convento di suore di clausura. Una enorme macchia d’umido sovrastava la porticina d’ingresso di una stanzetta apparecchiata ad aula con pochi banchi in legno, una cattedra sbrindellata, un alfabetiere illustrato alle pareti.

Ricordo bene il sorriso gentile della maestrina che accoglieva noi rampolli un po’ sgarrupati di borghesia emergente anni ’60.

Ricordo bene anche le sverze dei banchi che regolarmente laceravano le ginocchia già un po’ sdrucite dai giochi lasciati da poco per strada.

“Hello!” “Good afternoon!” appena entravo.

“Bye bye” le due paroline magiche che subito avevo capito voler dire “Ciao, ciao!” e che soprattutto significavano la fine di quell’ora di noia mortale.

Bye bye e si schizzava fuori a ricercare la luce, il sole, i giochi, il frequentarsi con il gusto della libertà bambina.

Poco importava se la suorona portinaia ci redarguiva ogni volta che ci mettevamo a correre verso l’uscita. A volte tentava anche di blandirci con qualche caramellina d’orzo autoprodotta, o con i ritagli delle ostie che le suore preparavano per le messe. Noi via, via, via…….

Il gioco con le parole di Carmela

Macchia, frequentarsi, lacerare

Un convento di clausura

Frequentarsi – di Carmela De Pilla

Photo by T. Royce Xan on Pexels.com

Arrivò in silenzio, senza far rumore e lei l’accolse con sollievo, già da tempo provava uno strano tumulto, la paura di non farcela la immobilizzava, sentiva  che quella macchia nascosta stava lacerando  un dentro malmesso e capì che doveva riconciliarsi con la propria storia.

Era sempre stata irrequieta e un po’ assente, aveva preferito lasciarsi vivere che vivere, ma ora basta! Doveva riconciliarsi con la sua storia per ritrovarsi e fu così che quella mattina di buon’ora senza pensarci troppo decise di partire, la sera precedente aveva fatto una breve ricerca su internet, “ Convento di clausura Santa Chiara”, doveva andare da lei.

Quando lo seppe non si dava pace, non capiva, era accaduto tutto così in fretta che non ebbe nemmeno il tempo di adattarsi a quella nuova storia, stavano sempre insieme loro eppure non si era accorta che uno tsunami  stava cambiando la vita della sua più cara amica, era la più corteggiata Anna, i suoi capelli lunghi e neri incorniciavano un volto dolce e sorridente e i suoi occhi grandi guardavano la vita con curiosità e passione, ricordava bene quando  le raccontò del suo grande amore, erano appena entrate in una vita più complicata, ma straordinaria, da adolescenti si sa, appare tutto moltiplicato per cento e quel giorno lo capì dai suoi occhi bagnati che era innamorata.

Poi arrivò il tempo dell’università e le loro strade si divisero, ma continuavano a frequentarsi, ogni settimana una lettera e ognuna continuava a vivere nella vita dell’altra e quel giorno quando lesse la notizia ne rimase tramortita “ Ho deciso, Maria, mi faccio suora, entro nel convento di clausura Santa Chiara, mi dispiace non avertene parlato, ma io stessa sono stata travolta da una tempesta improvvisa, voglio pregare per l’umanità e pregherò anche per te” e quella mattina una forte spinta la condusse al convento.

-Vorrei parlare con Suor Anna- disse alla monaca che stava dietro la grata della piccola finestra.

-Ma lei lo sa che questo è un convento di clausura? E poi qui non c’è nessuna suora che si chiami Anna!-

-Lo so per certo, è entrata in convento un mese fa.-

-Ah, vorrà dire suor Chiara! Comunque sia non posso chiamare nessuna suora, siamo in clausura signora cara!-

-Bene, allora vorrà dire che aspetterò qui e ci dormirò anche, se necessario!-

Il caso volle che proprio in quel momento arrivasse Suor Chiara per dare il cambio in portineria e quando i loro occhi s’incontrarono i  cuori incominciarono a battere forte in un unico ritmo, non poterono abbracciarsi per l’impedimento della grata, ma le loro mani s’incontrarono in un tenero abbraccio.

Non ci volle molto perché ognuna si aprisse all’altra, si raccontarono le cose più intime e nascoste, si donarono il piacere di incontrarsi ancora, di frequentarsi come quando erano bambine, di visitare ogni angolo dell’anima, non si accorsero del tempo che scorreva troppo velocemente, ma furono grate a quel tempo che aveva permesso il loro incontro.

-Non sarà facile, Maria, ci vorrà del tempo, dovrai ripercorrere la tua vita per riconciliarti con essa, devi ritornare un po’ bambina e lasciarti attraversare dagli eventi con più leggerezza e capirai tante cose che finora ti erano oscure, dai luce alla tua vita e tutto ti sembrerà più bello e ricordati che io sono felice qui.-

Abbracciarono ancora più intensamente le loro mani -Ritorna quando vuoi- disse Suor Chiara col sorriso di quella ragazzina di un tempo lontano.