Parole: macchia, lacerare, frequentarsi
Ambiente: pranzo di compleanno
Pranzo di non compleanno – di Gabriella Crisafulli
Via della Bombarda: la casa torre aveva le scale in pietra ripide e strette. Per raggiungere l’appartamento c’erano da fare tre piani e arrivarono al pianerottolo con il fiatone. Non erano più ragazzine. Silene, come al solito, era splendida con quel suo fare soave che l’aveva sempre contraddistinta e che la recente, grande sofferenza aveva distillato. Dall’ultima volta che si erano incontrate stava meglio: non era più così profondamente lacerata anche se il dolore era ancora palpabile.
In casa solo qualche cambiamento: in soggiorno si era aggiunto il mobilino antico che veniva dalla casa dei genitori, nello studio l’armadio della nonna. Come sempre i quadri facevano bella mostra di sé e donavano macchie di colore alle sfumature brune prevalenti nell’ambiente. Dalla finestrina che si affacciava sul cortile interno entrava un fascio di sole mentre dall’apertura che era dalla parte della facciata facevano capolino le voci della strada avvolte dalla tiepida aria primaverile.
Il profumo in casa era da acquolina in bocca.
Lei l’aveva detto: voglio fare un pranzo speciale tutto per noi. Non era un pranzo di compleanno anche se tre di loro lo festeggiavano in quei giorni, no, era la festa della loro storia.
Si erano conosciute e frequentate laggiù in quell’edificio affacciato sul Borro delle Argille che si allungava sulle colline da Ovest ad Est. Per andare da un capo all’altro ci sarebbero voluti i pattini a rotelle e spesso chi si trovava ad un estremo non sapeva nulla di ciò che succedeva all’altro.
Per un verso o per un altro, da una parte o dall’altra, loro sei erano state insieme per molti anni. Forse nessuna di loro avrebbe scelto una delle altre per lavorarci insieme, ma la sorte le aveva accomunate e non si erano davvero risparmiate.
All’arrivo a casa di Silene c’era stato il momento dei baci e degli abbracci, poi era toccato al guardare le foto: quelle dei matrimoni, dei momenti felici. C’era anche lo scatto delle nozze di Mafalda con l’acconciatura anni cinquanta e il bel vestito di sartoria cucito dalle sorelle.
A tavola mentre si susseguono le pietanze e scorre il vino è un discorrere continuo. Per anni avevano spartito tanto, avevano spartito quasi tutto tra registri, alunni, libri, collegi, riunioni, aggiornamenti, sindacato, relazioni, invidie, conflitti, carte geografiche, orto, cartelloni per supportare, linee dei numeri per terra, pitture alle pareti, pennelli da lavare, barattoli da ripulire, mele da sbucciare, computer, incastri orari, uscite sul territorio, spettacoli, …
Avevano coinvolto anche le rispettive famiglie.
Era venuto il babbo per aiutare a fare l’orto e Giovanni per dare una mano quando era stata la volta di Cipì.
Nel tempo avevano condiviso amori, separazioni, figli, nipoti, malattie, sindacato, conflitti, competizioni, … e tanta, tanta fatica e tanto, tanto stress per essere il più possibile all’altezza della situazione.
È tutto un parlare:
“Ti ricordi quando nacque Elena?”
“E l’allagamento di Lilliano? Che anno era? Io tenevo le classi in auditorium, tu e il Preside spazzavate acqua dai pavimenti. Io ho perduto l’automobile.”
“Hanno chiuso la sede di Tegolaia: adesso l’Infanzia è a Lilliano.”
“Stanno costruendo un nuovo edificio per la scuola dell’Infanzia davanti alla Biblioteca Comunale.”
“Sai non sono più separati e adesso hanno un altro bambino.”
“Mirco fa il volontario alla Misericordia.”
“Sapete nulla di Francesco?”
“Io incontro spesso la Susanna.”
“Marzia è andata in pensione.”
“Luciana ha da aspettare ancora un anno.”
“Mio nipote è nella classe di Elisa.”
“Io mi sono trovata in biblioteca con Lucia.”
“Non ci sono più quattro classi per ogni grado, ma solo due.”
“A Lilliano nel piazzale, davanti alle aule a pianterreno stanno costruendo un nuovo edificio come spazio mensa.”
“Dove andate in vacanza questa estate?”
“Chiara ha vinto il concorso e da tre giorni è stata assunta a tempo indeterminato.”
“Devo scegliere il vestito per il matrimonio di Ettore. Deve essere un colore pastello. Non sopporto i colori pastello.”
Squilla il telefono di Viviana: sono i nipoti. Chiamano da lontano, da molto lontano. Con la nonna parlano italiano. Lei fa girare il telefono e ci presenta: “Sono le mie amiche, dice.” I bambini ci salutano. Sono belli, biondi: sembrano dei cherubini.
“Tre chitarre?”
“Sì, Valerio suonava e cantava. Gli piaceva molto.”
Passano cinque ore.
Il tempo per loro sei si è fermato.
Sono nello spazio decantato della sincerità.
Tra un discorso e un altro sono arrivati in tavola dopo gli antipasti i tortelli mugellani, fatti a regola d’arte, conditi con il sugo secondo le indicazioni di Mafalda. E poi il coniglio ripieno, l’insalata con l’aceto balsamico stagionato trent’anni, le patate arrosto, le fragole con panna e, dulcis in fundo, le peschine ripiene di chantilly e crema al cioccolato.
Deliziose.
Peccato solo che l’Alchermes non sia più così rosso come una volta.
Il rosso non va più di moda.