Gioco con parole di Simone

Macchia – lacerare – frequentarsi

Sul ponte di una nave

PONTE DELLA  NAVE – di Simone Bellini

S’incontrarono a metà ponte,

 sguardi che non avevano un passato s’incatenarono,

 voltandosi si seguirono.

Il cuore si connetté.

La pelle vibrò fino ai capelli,

il cervello si lacerò,

le gambe cedettero.

 Dov’eri, dov’ero,

dove il tempo ci incontrò fermandosi.

Un attimo, non di più, bastò per sconvolgerci,

riprendendo la nostra strada

con lo sguardo sul domani.

Era inutile presentarsi,

tutto era in quello sguardo,

ero io, era lei, eravamo noi,

 non c’era altro da sapere.

Il passato, una macchia che non esisteva più,

Oggi è pieno di speranza,

certi che i nostri sguardi s’incontreranno ancora.

Il futuro è lì su quella nave.

La storia con gioco di parole di Lucia

Macchia – frequentarsi – lacerare

Ambiente : Eremo di Camaldoli

Moto e libertà – di Lucia Bettoni

foto di Lucia Bettoni

Per più di mezzo secolo sono stata una motociclista, una motociclista sul sellino posteriore.

Per cinque chilometri su quello anteriore.

Si, per cinque chilometri ho guidato io la moto, una BMW GS 750, ma questa è un’altra storia…

Con Luca ho percorso in lungo e in largo quasi tutta l’Italia, isole comprese e anche prima di lui già di chilometri in sella ne avevo fatti molti, perché gli uomini della mia vita hanno avuto una cosa in comune: la moto.

Fra tante, quella che ho amato davvero è stata solo una: la Moto Guzzi California. Era splendida, Luca la teneva sempre pulita, una moto senza macchia, senza polvere, nera e argento, accogliente come una mamma chioccia, veloce per le strade asfaltate, un po’ meno per quelle sterrate di campagna.

Ma quante strade sconnesse abbiamo percorso!

Sentieri lacerati dall’acqua su colline e montagne.

Ricordo bene Campo Imperatore. Che avventura indimenticabile!

Campo Imperatore è uno dei luoghi che dell’Italia io amo di più. Arrivammo lì in estate, un paesaggio lunare ci accolse.

I paesaggi brulli sono quelli che toccano particolarmente il mio cuore.

Emozionata guardavo girando la testa in ogni direzione con i capelli al vento.

Poi per una stradina sassosa poco adatta ad una moto di grossa cilindrata, al cui inizio un cartello ammoniva “Percorrete questa strada a vostro rischio e pericolo”, scendemmo verso Santo Stefano di Sessanio.

Lo scenario che apparve ai nostri occhi è rimasto nella memoria per sempre.

Una torre circolare svettava in cima al piccolo paese di pietra, appese ai suoi merli sventolavano strette e lunghe bandiere colorate,

Per un attimo pensai di essere stata catapultata nel medioevo.

Poco più in là Rocca Calascio, set cinematografico de “Il nome della rosa”.

Paesaggi e luoghi indimenticabili di un pezzo d’Italia che poi non saranno risparmiati da un pesante terremoto.

Quello era anche il periodo in cui vivevamo nella nostra casa sulla collina.

Le giornate cominciavano aprendo le finestre e salutando la montagna: Vallombrosa e Saltino erano di fronte a noi.

Quando nel fine settimana le giornate erano soleggiate o senza pioggia, spesso montavamo in sella e via…

Raggiungevamo le nostre montagne in poco tempo e poi scendevamo verso il Casentino per risalire spesso in direzione Camaldoli.

Raggiungere l’Eremo era una delle nostre mete abituali e preferite.

Viaggiare in moto attraverso la natura è un’esperienza che non ha prezzo.

Per me, per noi, la moto non era sinonimo di velocità ma di libertà, libertà di andare verso luoghi poco frequentati, isolati, a volte quasi deserti, dove la natura fosse la protagonista assoluta.

Viaggiando in moto si stabilisce un contatto e un dialogo privo di parole, che si nutre di energia, di emozioni e sensazioni che passano da pelle a pelle. Un linguaggio di mani, di corpi che vivono all’unisono, che si può veramente definire qui ed ora.

Bisogna stabilire un equilibrio perfetto perché tutto sia fluido leggero e possibile.

Il passeggero deve potersi affidare completamente al conducente, e nello stesso modo il conducente deve poter contare sulla “morbidezza” del passeggero.

Rigidità e paura non sono consentite a chi viaggia su due ruote.

La storia con le parole di Gabriella

Parole: macchia, lacerare, frequentarsi

Ambiente: pranzo di compleanno

Pranzo di non compleanno – di Gabriella Crisafulli

Photo by cottonbro studio on Pexels.com

Via della Bombarda: la casa torre aveva le scale in pietra ripide e strette. Per raggiungere l’appartamento c’erano da fare tre piani e arrivarono al pianerottolo con il fiatone. Non erano più ragazzine. Silene, come al solito, era splendida con quel suo fare soave che l’aveva sempre contraddistinta e che la recente, grande sofferenza aveva distillato. Dall’ultima volta che si erano incontrate stava meglio: non era più così profondamente lacerata anche se il dolore era ancora palpabile.

In casa solo qualche cambiamento: in soggiorno si era aggiunto il mobilino antico che veniva dalla casa dei genitori, nello studio l’armadio della nonna. Come sempre i quadri facevano bella mostra di sé e donavano macchie di colore alle sfumature brune prevalenti nell’ambiente. Dalla finestrina che si affacciava sul cortile interno entrava un fascio di sole mentre dall’apertura che era dalla parte della facciata facevano capolino le voci della strada avvolte dalla tiepida aria primaverile.

Il profumo in casa era da acquolina in bocca.

Lei l’aveva detto: voglio fare un pranzo speciale tutto per noi. Non era un pranzo di compleanno anche se tre di loro lo festeggiavano in quei giorni, no, era la festa della loro storia.

Si erano conosciute e frequentate laggiù in quell’edificio affacciato sul Borro delle Argille che si allungava sulle colline da Ovest ad Est. Per andare da un capo all’altro ci sarebbero voluti i pattini a rotelle e spesso chi si trovava ad un estremo non sapeva nulla di ciò che succedeva all’altro.

Per un verso o per un altro, da una parte o dall’altra, loro sei erano state insieme per molti anni. Forse nessuna di loro avrebbe scelto una delle altre per lavorarci insieme, ma la sorte le aveva accomunate e non si erano davvero risparmiate.

All’arrivo a casa di Silene c’era stato il momento dei baci e degli abbracci, poi era toccato al guardare le foto: quelle dei matrimoni, dei momenti felici. C’era anche lo scatto delle nozze di Mafalda con l’acconciatura anni cinquanta e il bel vestito di sartoria cucito dalle sorelle.

A tavola mentre si susseguono le pietanze e scorre il vino è un discorrere continuo. Per anni avevano spartito tanto, avevano spartito quasi tutto tra registri, alunni, libri, collegi, riunioni, aggiornamenti, sindacato, relazioni, invidie, conflitti, carte geografiche, orto, cartelloni per supportare, linee dei numeri per terra, pitture alle pareti, pennelli da lavare, barattoli da ripulire, mele da sbucciare, computer, incastri orari, uscite sul territorio, spettacoli, …

Avevano coinvolto anche le rispettive famiglie.

Era venuto il babbo per aiutare a fare l’orto e Giovanni per dare una mano quando era stata la volta di Cipì.

Nel tempo avevano condiviso amori, separazioni, figli, nipoti, malattie, sindacato, conflitti, competizioni, … e tanta, tanta fatica e tanto, tanto stress per essere il più possibile all’altezza della situazione.

È tutto un parlare:

“Ti ricordi quando nacque Elena?”

“E l’allagamento di Lilliano? Che anno era? Io tenevo le classi in auditorium, tu e il Preside spazzavate acqua dai pavimenti. Io ho perduto l’automobile.”

“Hanno chiuso la sede di Tegolaia: adesso l’Infanzia è a Lilliano.”

“Stanno costruendo un nuovo edificio per la scuola dell’Infanzia davanti alla Biblioteca Comunale.”

“Sai non sono più separati e adesso hanno un altro bambino.”

“Mirco fa il volontario alla Misericordia.”

“Sapete nulla di Francesco?”

“Io incontro spesso la Susanna.”

“Marzia è andata in pensione.”

“Luciana ha da aspettare ancora un anno.”

“Mio nipote è nella classe di Elisa.”

“Io mi sono trovata in biblioteca con Lucia.”

“Non ci sono più quattro classi per ogni grado, ma solo due.”

“A Lilliano nel piazzale, davanti alle aule a pianterreno stanno costruendo un nuovo edificio come spazio mensa.”

“Dove andate in vacanza questa estate?”

“Chiara ha vinto il concorso e da tre giorni è stata assunta a tempo indeterminato.”

“Devo scegliere il vestito per il matrimonio di Ettore. Deve essere un colore pastello. Non sopporto i colori pastello.”

Squilla il telefono di Viviana: sono i nipoti. Chiamano da lontano, da molto lontano. Con la nonna parlano italiano. Lei fa girare il telefono e ci presenta: “Sono le mie amiche, dice.” I bambini ci salutano. Sono belli, biondi: sembrano dei cherubini.

“Tre chitarre?”

“Sì, Valerio suonava e cantava. Gli piaceva molto.”

Passano cinque ore.

Il tempo per loro sei si è fermato.

Sono nello spazio decantato della sincerità.  

Tra un discorso e un altro sono arrivati in tavola dopo gli antipasti i tortelli mugellani, fatti a regola d’arte, conditi con il sugo secondo le indicazioni di Mafalda. E poi il coniglio ripieno, l’insalata con l’aceto balsamico stagionato trent’anni, le patate arrosto, le fragole con panna e, dulcis in fundo, le peschine ripiene di chantilly e crema al cioccolato.

Deliziose.

Peccato solo che l’Alchermes non sia più così rosso come una volta.

Il rosso non va più di moda.

Il gioco con le parole di Anna

MACCHIA  LACERARE FREQUENTARSI

IL MERCATO DI SANT’AMBROGIO

Al mercato – di Anna Meli

Photo by Min An on Pexels.com

            Oggi è una bellissima giornata, limpida e piena di sole ed io mi sono alzata molto presto per venire a Sant’Ambrogio: un mercato molto ben fornito dove ho la possibilità di scegliere veramente di tutto. C’è una parte interna per gli alimentari in genere ed una esterna dove trovi dai banchi di frutta e verdura a quelli di mercerie, abiti confezionati e chincaglierie varie. Colori, voci, odori, rumori improvvisi che a volte non ti aspetti e ti fanno sussultare. Tutto si fonde in un unica cosa che è vita. Mi sento a mio agio mescolandomi a tutta quella gente che osserva, chiede e spesso spinge per passare.

            Stamani sono qui per acquistare delle pesche cotogne che mi serviranno per fare, come ogni anno, la marmellata per tutta la famiglia e che dovrà bastare fino al prossimo anno. Mi muovo lentamente fra i banchi degli ortolani e allungo il collo per guardare al di sopra delle altre persone se vedo qualcosa di buono adatto alle mie esigenze. Individuo un banco che penso faccia al mio caso, mi appiattisco per passare senza spingere troppo mentre quel mio vestitino estivo leggero come ali di farfalla, si impiglia in un minuscolo chiodo e mi trattiene. L’ortolano con cortesia un po’ becera osserva” La stia attenta se non vole lacerare quel bel vestitino! Macchiare l’ha già macchiato così siamo al completo!”

            Lo fulmino con lo sguardo mentre un’altra signora interviene ”La mi voleva passare avanti, ma la un ce l’ha fatta!” Mi giustifico dicendo che  veramente non era così e con un po’ di vergogna vado oltre. Poco distante avvisto un banco con una distesa di bellissima frutta: susine, pere, uva e anche quelle pesche che cerco io, non hanno proprio un bell’aspetto, ma il profumo è inconfondibile!

            Mentre la signora me le pesa e prepara, mi guardo intorno; si è fatto tardi, il mercato si è animato in modo straordinario, fra la folla una macchia blu sembra venirmi incontro. Strizzo gli occhi per vedere in controluce e riconosco: è la mia amica Lilia. Era da tanto che non ci si vedeva: baci e abbracci, racconti che si accavallano, grande felicità per un’amicizia ritrovata. Non sappiamo spiegare come abbiamo smesso di frequentarci, ma per questo c’è rimedio! Intanto le dico” Aiutami a portare alla macchina le pesche che poi prendiamo accordi per ritrovarsi  e non perdersi più!”

Il gioco con le parole di Daniele

Parole: macchia – lacerare – frequentarsi.

Ambiente: pranzo di compleanno

I soliti in gita – di Daniele Violi

Photo by Damien Dufour on Pexels.com

Sussi e Biribissi si accordarono per le ore 6 del mattino successivo. Dovevano trovarsi ad un appuntamento alle 6 e trenta con i loro amici, il Gatto e la Volpe, alla Croce del Vento in Pinnole. Pensavano di arrivare in ritardo, considerando che il sentiero da prendere, poteva essere stato tralasciato nella cura da Oloferne e Giuditta, manutentori di turno, estratti a dadi, sapendo che spesso gli stessi amoreggiavano, visto che fine tragica avrebbe fatto Lui. Per questo motivo dedicavano poco tempo alla pulizia della macchia, che costeggiava il sentiero.

Il giorno dopo puntuali si ritrovarono; la loro meta, con il Gatto e la Volpe, era un pranzo di compleanno che si sarebbe svolto nei pressi di una conca scavata dal fiume Perdeacqua, nel cortile dell’Eremo Tanti e Forti, dove l’unico frate rimasto, a causa di necessità finanziaria, dava in concessione per cerimonie con due palanche.

Trovarono comunque il modo di arrivare all’appuntamento con il Gatto e la Volpe, cercando di non appiccicarsi con i loro vestiti ai rovi e sopratutto evitare di lacerare i loro zaini di panno di lana, pieni di regali e di mentine, ciringomma e panini con la finocchiona e formaggio di capra.

Sapevano i due, Sussi e Biribissi, che poteva capitare che chiacchierando con il Gatto e la Volpe, potevano perdere il sentiero. Camminando insieme difatti, la conversazione fra tutti e quattro, arrivava a distogliere la concentrazione, e perdere il filo del sentiero; era già capitato altre volte. Talvolta questo stato di cose, frutto del buonumore durante una passeggiata si trasformava poi in una tiritera di accuse reciproche, perché si accorgevano che non ritrovavano piu la strada, minacciando poi di non frequentarsi mai più.