Il gioco con le parole di Carla

Parole: Macchia, lacerare, frequentarsi

Ambiente: Pranzo di compleanno.

La festa – di Carla Faggi

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Pier Ferdinando Luca Emanuele ed un cognome altisonante, un fricchettone di trenta anni pieno di soldi, festeggia il suo compleanno.

Io sono tra gli ospiti.

Tanti regali, alcuni belli, altri no, alcuni originali, altri banali, li avessero regalati a me non avrei saputo che farmene.

Quando arrivò il mio turno mi presentai e dissi:

“Sono una cartomante, ed il mio dono è la lettura della tua mano, ma non per predire il tuo futuro ma per capirti e raccontarti”.

Perplessità nel suo sguardo ma tanta curiosità tra i suoi ospiti che dovette accettare il mio regalo.

Presi la sua mano, la guardai a lungo e iniziai:

“La piccola macchia del palmo superiore mi dice che sei generoso nei sentimenti, che hai un cuore buono e forse molti si approfittano di te.”

“Si! Si!” disse Pier, “ è cosi! Certo che è così!”

“La tua mano è molto interessante, denota un carattere sensibile, un’intelligenza acuta, a volte non sei capito ma sono gli altri che non sempre sono alla tua altezza.”

“Eh! Già…” gongolava soddisfatto Pier Ferdinando.

“Saresti capace di dare tanto amore, il tuo cuore ne è colmo, ma non tutti lo meritano, sappi che chi non ti vuole è perché non ne è capace”.

Gli occhi di Pier Ferdinando Luca lacerarono di colpo quegli della biondina là in fondo che abbassò subito gli occhi a terra in imbarazzo.

Io continuai: “Ognuno avrà la vita che merita, e tu avrai una vita lunga e felice, piena di amore”.

Pier Ferdinando Luca Emanuele mi guardò con gratitudine, entusiasmo e riconoscenza. Decise che quello era stato il più bel regalo ricevuto.

Io, consapevole che il mio pacchetto di scemenze e banalità andavano sempre bene a chiunque, distribuii ai presenti il mio biglietto da visita.

Racconto con giochi di parole di Stefania

Parole: macchia, lacerare, frequentarsi

Ambiente: pranzo di compleanno

Il mio compleanno – di Stefania Bonanni

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Non aveva voglia di grandi cose, ma di essere coccolata non vedeva l’ ora. Per questo li aveva invitati a pranzo a casa sua. Era il suo compleanno ed avrebbe dovuto cucinare, ma li voleva lì. Voleva un’ occasione per stare tutti insieme da soli, che sembra un ossimoro.

I bambini erano in forma smagliante, la figlia arrivo’ in ritardo, come sempre, ma con un sorriso che l’ avrebbe fatta perdonare anche di ore di attesa. Il suo “bambino” l’ avvolse in un abbraccio di barba e baci e lei ancora una volta si sorprese a pensare come questo fosse tutto quello che voleva davvero.

Non c’era bisogno di occasioni per frequentarci, ma la frequentazione faceva diventare avvenimenti le occasioni. Poi, naturalmente, c’era il marito, che era specializzato nell’ intraprendere ogni anno, all’ avvicinarsi del compleanno di lei, discussioni che continuavano e finivano per creare una brutta atmosfera, da spengere sul nascere i festeggiamenti. Davvero non ricordava un compleanno sereno, nel quale si fosse ricordato  o addirittura avesse pensato ad un regalo. Non lo aveva scusato, aveva pero’ preso atto del comportamento, magari era imbarazzo. Comunque non gli avrebbe permesso di rovinare la festa, quest’ anno. Aveva invitato a pranzo figli e nipoti, e lui facesse quello che credeva.

Poi, durante il pranzo, i bambini ridevano, mangiavano e mandavano lampi con quegli occhi di stelle, aspettando il momento di mostrare il loro regalo, e tutti eravamo allegri e molto felici. Proprio felici. Uno di quei momenti perfetti, capace di lacerare veli, ci fossero, riparare strappi, cucire tele e ricamarle anche di fiori colorati. Come quelli che ora ci sono, in giardino. Come quelli che si arrampicano sulla macchia d’edera. Ma cosa è successo a quella macchia? Mi sembra diversa, vedo uno strano diradamento, che non c’ era. Ridono tutti. Guardo meglio. Hanno infilato qualcosa tra l’ edera. Non so cosa aspettarmi. Boom: è la panchina che voglio da sempre, per guardare il tramonto .

La storia di Rossella G.

Macchia…lacerarsi, frequentarsi ed un piccolo accenno ad un mercato….

Ti ricordo stamani – di Rossella Gallori

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Metà anni 60, poco prima dell’alluvione, durante la semimiseria, con in gola la solitudine e la speranza sempre incerta che per noi ci sarebbe stato un futuro bello bello, di vestiti,  di cose, di rose senza spine, di maschi senza macchia né paura, con le spalle larghe e gli occhi dolci.

Ero lì, io, in quel negozio così grande da perderci il capo, da un paio di mesi, timida e sfacciata al tempo stesso, sola, se pur sempre con qualcuno, capelli fino al culo ed una gonna che quasi non c’era…

Avevo già decretato, che non era il posto adatto a me ed era inutile che il conto di casa Gallori, fosse più che in rosso, io li non ci sarei rimasta.

Poi arrivò lei: Anna, carina sorridente, precisa nel parlare, nella pettinatura che vantava una ordinata coda di cavallo con tanto di fiocco di raso nero, la sottana al punto giusto, la camicina bianca….accompagnata dalla mamma!

Così diverse e così simili, senza babbo, con qualche fratello. Ci bastò poco per decidere di frequentarsi, anche fuori! Quindici anni, ci chiamavano le “bambine” le nostre colleghe vecchie di trent’anni nemmeno.

Quello era il tempo delle cantine, delle feste in casa: si va Anna?

Certo Rosy!

Ė le domeniche volavano, mentre lei fumava di nascosto ed io per farmi notare.

Casa mia, finchè ci fu era la sua, la sua, la mia.

Lei: via Ginori, tre piani che facevamo senza fermarsi, un corridoio lungo e stretto …se faceva freddo, si accendeva il forno, se era caldo si stava in mutande sul letto a finestre spalancate. Se c’erano i soldi si comprava la Fiesta grande, più zucchero che cacao, ed anche i ravioli della Campbell, più alluminio  che sugo. Se il contante languiva c’era il piano A: andare da mio zio in via Roma e farsi portar da Bruzzichelli, il piano B prevedeva la fuga da San Lorenzo a Sant’Ambrogio, che a noi sembrava New York forse lo era, lì poi giocavamo fuori casa ma qualche bischero che pagava un panino si trovava, anche uno in due, eravamo affamate di vita, non di cibo…bastava promettere, per non mantenere, far credere…poi!

Andammo avanti 7 forse 8 anni, tra amori, i  miei che non piacevano a lei…ed i suoi: ma come fa?? E glielo dicevo….

Poi, poi lei trovò quello dall’ apparenza perfetta: capello biondo, occhio azzurro, “orologio bono” macchina giusta…scelse i soldi.

Io preferii uno che sarebbe rimasto, che avrebbe aspettato il mio ritorno, rispettato il mio zig zag emotivo, uno che mi insegnasse a camminare dritta, io che tanto diritta non ero nata…..

Si sposò,  non mi invitò, disse pochi intimi e ci crederti, le facemmo un bel regalo, accettandolo disse che si sarebbe licenziata.

Mi sposai io, la invitai, li invitammo, venne vestita” da soldi” non si trattenne, lui l’ aspettava fuori con una macchina “lunga”

Poi, qualche telefonata ed il quasi nulla, la sua prima figlia…e sempre più distante. Vacanze belle, la casa bella.

Riappare una sera in negozio, quei sabati interminabili, con le gambe gonfie che non avevo solo io, lei ingioiellata, le scarpe di Raspini, mi sfiorò la guancia mentre mi diceva: io Rosy questa vita di merda non la potevo fare….

Andai in bagno a vomitare, ci misi anche poco, tornai a salutarla con un sorriso così grande da lacerare gli angoli della bocca.

Seppi di te qualcosa, ma non più da te, anni senza sentirsi, il tuo lui in galera, dissero, case sparite…ricercavi lavoro, non ci volevo credere. Erano voci, non le nostre, quelle di un tempo.

Anna, Anna……

Ieri ha squillato il telefono, un ex collega, anche lui sparito, vive all’ estero, parliamo ci raccontiamo, poi un attimo di silenzio e: Sapevi di Anna, è morta

Ne sei certo?

Si!

Riattacco promettendo di richiamarlo.

Ho provato un dolore immenso, ho salato una ferita che sembrava chiusa, tanto, troppo male.

E sono tornata indietro di 50 anni, sono tornata da lei, in via Ginori, ho fatto le scale senza fatica, poi insieme siamo andate in via Guasti  da me, in quella casa che non c’ è più….abbiamo mangiato la Fiesta grande, siamo andate ad un festa piccola, San Lorenzo era: il Bolshoi, sant’Ambrogio:  la vie Lumière ….

Ciao Anna ti volevo bene, molto bene, troppo bene..

Ma com’ era poi la storia della vita di merda?

Vivo in una casa piccola, con un giardino piccolo, ho accanto un uomo semplice…forse solo oggi ho capito che ci sto quasi bene….

Ma non ti dimentico.

Gioco con le parole di Vittorio

Parole: macchie, lacerare, frequentarsi

Cena di compleanno sul mare

Terrazza sul mare – di Vittorio Zappelli

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Terrazza sul mare d’estate: sera ventosa sotto la tenda

Si aspettano invitati avvezzi da tempo a frequentarsi .

Dopo un po’ la conversazione non langue; anzi si parte con toni serrati ma bassi e si scalda con opinioni contrappunte: è la politica l’oggetto della discussione .

Due signore amiche in particolare si arroccano nelle loro posizioni e  lanciano parole come sassi una verso l’altra.

Sarà il vento che rende elettrica l’aria che si respira in terrazza .

L’amicizia tra loro sembra sul punto di lacerarsi.

Un inciampo e la caraffa del vino passata con mano incerta si rovescia sui vestiti bianchi delle signore; un grido e i vestiti diventano bianchi a macchie  rosse .L’espressione delle madame passa in un attimo dal sostenuto alla meraviglia e poi si scioglie in una bella risata .Tutto finisce con le risa della tavolata .

Anche la luna piena ferma nel cielo pare sorridere.