Il Gioco delle parole di Patrizia

Stanca – Complicato-Coltello

Siamo in pericolo – di Patrizia Fusi

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Nella giornata deve fermarmi alcune volte il mio fisico richiede riposo, mi sento stanca anche mentalmente, per la situazione politica che c’è nel mondo attualmente, sta sparendo lo stato di diritto, i potenti di turno vogliono  decidere a loro favore con le leggi.

Siamo ad una nuova spartizione del mondo a favore di un pensiero di destra, nel potere non c’è più etica, solo egoismo per interessi propri e tanta gente è incantata da questo pensiero e li segue, non esiste più umanità.

Sento il pericolo nella tecnologia spaziale in mano di un privato cittadino, mi rendo conto di come l’ Europa sia  dietro a questo.

Mi pesa la sofferenza che le guerre producono sulle persone in tutto il mondo, quelle vicine quelle lontane e quelle dimenticate, mi pesa che ci siano interessi in tutto questo, tutti noi siamo pedine in mano a persone senza scrupoli, ( non voglio diventare tifosa vorrei continuare a ragionare).

Da questa realtà mi devo staccare mentalmente perché è come sentissi un coltello che gira dentro di me.

In questo mio fermarmi mi è tornato alla mente di come era il vivere sessanta anni fa di come tutto è cambiato delle volte in meglio ma alcune volte anche in  modo più complicato.

Lavoravo a Firenze in via della Mattonaia in una succursale di una grande lavanderia, il mio orario di lavoro era dalle otto e trenta (con due ore di pausa pranzo)   alle diciannove e trenta, andavo a prendere l’autobus sul lungarno, nel percorso vetrine da vedere, incertezze  e imbarazzo per gli apprezzamenti fatti da altri giovani.

Arrivavo al paese circa alle venti e trenta, per arrivare a casa mi ci volevano altri trenta minuti, era una strada quasi tutta al buio nel percorso c’erano solo due lampioni per arrivare al primo gruppo di case, macchine ne passavano rarissimamente o quasi mai, io avevo un po’ di paura di tutto quel buio, per vincerla mi ero inventata un gioco.

Ricordandomi un film o uno sceneggiato che avevo visti che mi era piaciuto, sceglievo un personaggio e rivivevo il racconto essendo io la protagonista, vivendo avventure, amori, vittorie, facendo rivivere tutta la storia a mio piacimento, cosi mi trovavo a casa vincendo la paura.

Ricordo paesaggi illuminati dalla luna piena, i piccoli frusci della campagna e i profumi che la frescura della tarda serata che il terreno della campagna sprigionano sempre in modo diverso  secondo le stagioni.

Oggi è tutta un’altra realtà i lampioni ci sono per tutto il percorso, le macchine circolano nelle stessa strada, ora si acquista tempo ,purtroppo perdendo altro. Chi guida chiuso dentro la macchina non vede niente di quello che lo circonda.

Il gioco delle parole di Stefania

Stanca. Complicato. Coltello

Se non ci fossero le notti – di Stefania Bonanni

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Se non ci fossero le notti, ce l’ avrei fatta.

Anche di giorno sono stanca.I pensieri tornano sempre lì, e non c’ è peggior stanchezza di non distrarsi mai.  Anche i giorni sono lunghi, e le pause, quelle vuote di lavori ed abitudini, quasi impensieriscono. Basta fermare le mani, e si muovono i pensieri.

Le immagini ritornano immutate. Il tempo non guarisce, non aiuta, non solleva.

Fossero ricordi fotografati, sarebbero tutti attraversati da un lampo, un bagliore luminoso e doloroso. Non una luce che schiarisce, proprio un lampo che strappa il velo, che squarcia il buio, che e’ destinato ad essere ancora piu’ buio, non appena si disfa’ il lampo.

Fa paura, un lampo così. Ti costringe all’ attenzione, all’ ascolto, all’ attesa si compia il cattivo presagio. Mette il cuore in allerta, accende una luce sinistra laddove sembrava la solita atmosfera.

Era una vita complicata, vista dall’ interno. Da fuori no, non credo. Situazioni comuni a tanti, solo io vedo lampi. Questo lo so

Mi sono chiesta perché lampi, perché i turbamenti nascano dai lampi. Poi, per caso, in una mattina di sole obliquo dalla finestra di cucina, ho visto lampeggiare i coltelli, sollecitati dai raggi. Era un’ indicazione. Da quella mattina i lampi mi fanno pensare ai coltelli. Le burrasche mi fanno ribollire. Tutto quello sfogo di rumore e scrosci, mi fa capire che è necessario scoppiare, per ritrovare la calma. Che il sereno non e’ detto torni sempre, ma di certo, passata la tempesta, prima o poi torna il sole. Il coltello, la tempesta. Pensieri di coltelli, pensieri di tempesta. Passerà la tempesta…. passeranno i coltelli?

Poi viene la notte.

E le notti sono piene di lampi: occhi che mandano lampi, circuiti elettrici che smettono di funzionare e friggono, ombre strane partorite da candele tremolanti, acqua che non smettera’ di scrosciare, vento che sbatacchia. Oscurità che non finirà, giorno che non verrà.

Non ci fossero le notti, avrei scritto di coltelli, e sarebbero spariti i lampi.