Scricchiola il vento dentro le porte (invenzione di Cecilia)

Monte Farella – di Gabriella Crisafulli
Nella casa sulla collina le porte erano state fatte dal maestro Monopoli, ebanista. Porte di massello solide e leggere. Quando il vento soffiava su Monte Farella vibravano sui cardini.
Raccontavano storie.
Il passaggio dei partigiani che, posate sul tavolo le bombe a mano e le pistole, pranzavano con la famiglia.
La caduta dell’aereo nel terreno vicino all’aia: era stato uno scampato pericolo ma anche l’arrivo di molta materia prima per quei giorni magri. Tanta tanta stoffa da ricavare dai paracadute, munizioni, meccanismi, ferraglia, rottami, polvere da sparo.
I tre ragazzi chiusi nel trulletto per le bestie a fare fuochi d’artificio con i materiali ignifughi di risulta.
L’elettricità che crepitava sui fili scoperti all’interno dell’abitazione durante i temporali. Illuminavano il buio di lampi e fulmini domestici. Bisognava stare seduti con i piedi sollevati da terra a guardare gli schiocchi sulle pareti in attesa che terminasse la burrasca.
Il rumore del motore che tirava su l’acqua dal pozzo per l’uso quotidiano.
L’operazione di difterite sul tavolo di marmo della cucina.
Le porte vibravano sui cardini anche nelle prime ore del mattino quando ci si crogiolava nel letto e i corpi si stringevano nell’abbraccio del buongiorno. Le nocche colpivano le ante che si scuotevano mentre la voce roca riportava all’ordine: “Giovanni, è l’ora di fare la spesa!”
(segue)