Il Titolo di Stefano

Tutta la vita che resta

Ci sono momenti in cui orrei vivere sempre al meglio tutta la vita che resta. Andare a fare il viaggio della vita, riannodare antiche amicizie, essere gentile con le persone che ti stanno vicine.

Poi la vita normale riprende il sopravvento con le sue forme di egoismo piccole e grandi.

Non è che la vita ci rende più bravi o più buoni. Possiamo solo toglierci qualche soddisfazione nel dire le proprie verità. I ricordi sono quelli che alimentano la vita, sono quelli che rendono il tutto più accettabile.

Mi viene in mente una citazione antica:

Ancora non era stata scritta la canzone “Notte prima degli esami”, e quattro amici si ritrovarono per andare a vedere un film in quella sera particolare, in un cinema di via Faenza, con Nadia Cassini, morta proprio oggi. Ritorna la frase detta da lei in quel film: Per vivere bene bisogna avere “culo”….

Il Titolo di Patrizia

Domani, Domani

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Domani – di Patrizia Fusi

Rimando diverse cose da fare a domani, ma mi sono resa conto che devo godere dell’oggi, delle piccole cose che ogni giorno ci da, degli affetti che abbiamo, delle amicizie, delle conoscenze, anche se non completamente in sintonia, questa riflessione l’ho fatta quando ero giovane, allora in attesa di cose per me perfette, parole non dette, richieste non  fatte. Poi mi arrivò una tegola fra capo e collo che mi lasciò senza fiato e questa è stata una lezione di vita.

Ora quando ci riesco cerco di godere di quello che ho ogni giorno, delle  piccole cose quotidiane, delle amicizie, vedere le famiglie delle mie figlie, incontri con conoscenti dove ognuno esprime i propri pensieri, dell’attività fisica, sentire vicino il mio compagno, seguire le mie piante e vedere i loro cambiamenti, alzarmi la mattina e sentirmi benino fisicamente, e tanto altro che riempie la giornata in positivo o in negativo.

Anche in questo momento così angosciante per l’umanità, la pesantezza che sento dentro di me per quello che succede  nel mondo, per le tante guerre , per le stragi di esseri umani come se ci fosse persone di serie B o di serie A. Penso che tutti i paesi sono responsabili di questa situazione in una scala da 1 a 10  nell’indifferenza quasi totale , o di grandi tifoserie. Anche in questo caso mi dico di godere di quello che ho oggi e di non rimandare al domani.

Il Titolo di Rossella

“La neve in fondo al mare”

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La neve in fondo al mare – di Rossella Gallori

Seduta o quasi, un po’ più in là di dove  doveva stare, si accorse di essere stranamente viva, semisdraiata, rigida, ma viva, quel tanto che serviva:

Il cuore tic tic tic lento e monotono

Le ossa crac crac doloranti ed a momenti assenti

Il cervello mmm mmm semispento

Le voci lontane le sembravano famigliari, ma non troppo, un eco fioco che rimbalzava da vetta a vetta.

Li dove si trovava tutto era ovattato, imbottito di un cotone morbido e tagliente…lucido ed opaco: come nebbia a fiocchi, fiocchi di neve.

Cercò di muoversi, non sentiva più i suoi piedi e forse non li aveva mai avuti, le mani gelate sembravano non avere dita…

Toccò il seno, protetto da grossi cerotti, un flash diventò memoria: c’ era chi tagliava, chi cuciva, c’erano pesci dalle lunghe ciglia, rumore di conchiglie  spezzate, alghe abbracciose che cercavano di afferrarla…

Profumo di sale e verde, tanto verde che mescolandosi al bleu zaffiro creava un colore nuovo e desueto, pittore immaginario di immensi fiori, senza gambo, che si schiacciavano con le “ grasse corolle” contro i vetri della stanza, in un delirio elegante privo di ansie.

Aveva sete, succhiò una microscopica palla di neve, si dissetò rincuorandosi, quel chicco gelido l’aveva resa più presente, stava comoda nel suo acquario, immenso.

Acqua dolce di mare calmo.

Neve di cotone.

Bastava non avere dolore, non restare sola, poter parlare ancora con qualcuno, respirare, sognare, amare, annusare l’aria, accarezzare qualcosa, magari rodere immaginando una lucertola amica con sciarpa e cappello.

Gli aghi bucavano, sembravano piccoli morsi fastidiosi, c’era tanta neve ed ancora nevicava sul tappeto di sabbia infondo al mare, ma non faceva freddo…..Non aveva freddo….Orsola piangeva lacrime calde…..

Il Titolo di Carla

“Rumori di niente”

I rumori del bosco – di Carla Faggi

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Abito in mezzo ad un bosco con Marco, ormai da circa trent’anni.

La prima notte che ci ho dormito mi ha colpito il rumore del silenzio.

Inizialmente era solo un brusio strano fatto di mancanze, non c’erano tanti suoni familiari, quello delle macchine, dei vicini,dell’asfalto, delle luci, dei passanti.

Solo un brusio quasi assordante come filtrato da una garza attorno alle orecchie.

Poi piano piano il suono del silenzio si allarga, diventa multiplo.

Inizi a sentire gli animali della notte, i caprioli che si cercano con gridi strani quasi gutturali così diversi dalla graziosità che ispira l’animale.

Gatti che passeggiano ma che si distinguono nettamente, come spostassero l’aria.

Cinghiali che raspano ma che sembra lo facciano in silenzio, solo il rumore della terra smossa e lievi grugniti.

Cani che si chiamano, così chiacchieroni perché hanno sempre tanto da dirsi.

Ed in lontananza quasi assopito il ritmo continuo dell’autostrada; nota stridente che però ti fa apprezzare ancora di più i rumori del silenzio.

Rumori fatti di poco, quasi di niente inizialmente, ma poi con l’abitudine, chiari, distinti, netti.

Il Titolo di Vittorio

“Il turno di notte lo fanno le stelle”

foto di Vittorio Zappelli

Il turno di Notte lo fanno le stelle – di Vittorio Zappelli

Era il tempo della pandemia.       

Durante il giorno si facevano “segnali di fumo”: parole che si alzavano dalle colline virtuali nell’etere per raggiungere chi ,nella piana della città ,viveva da solo.

Fresche erano le notti. Nel buio il bianco del ciliegio in fiore e quello del gatto che passeggiava sul bordo del muretto in giardino .

Alle stelle, come sempre indifferenti alle vicende umane, assegnavo il turno di notte per vigilare sul mondo annichilito dal virus.

La mattina volevo ritrovarlo almeno non peggiorato!

Il Titolo di Cecilia

Tutta la vita che resta

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Tutta la vita che resta – di Cecilia Trinci

Vorrei dedicarla a cercare verità nei sentimenti. In questo oggi, in cui l’amore è saldo, risplendono i sentimenti collegati: l’amicizia, gli affetti sani e principali. La saggezza e la lucidità che vengono dall’aver vissuto, dall’aver potuto filtrare gli eventi e salvare i principi, ci hanno insegnato a sopportare, perdonare e comprendere. Ci hanno insegnato però anche molto bene a distinguere, a riconoscere, a pensare.

Vorrei dedicare tutta la vita che resta a godere dei sentimenti veri, degli affetti che si consolano da sé senza parlare, a dire la verità. A scompigliare le regole e i tabù, a dire pane al pane, falso al falso, cattivo al cattivo,  amore all’amore e dire tutti i ti voglio bene che servono.

Vorrei dedicare il tempo che resta a domandare perché.

Vorrei smascherare le opinioni, gli amici che tradiscono per un piatto di lenticchie, per una ricerca di vanità fatta di fumo, di paura del diverso o dell’impegnativo. All’amico fragile che sceglie ufficialmente i forti per sentirsi più uguale e meno spaventato, dimenticando che ci sei, che c’eri anche tanto tempo fa, vorrei dire: peccato, sei tu che non ci sei più.

Perché il tempo che resta è breve e voglio solo guardare le stelle.