Nostalgia della pasta e ceci – di Cecilia Trinci

Due volte al giorno bisogna pur cucinare. Variare il menu non è sempre facile, considerando le nostre debolezze psicofisiche e digestive. Occorrono piatti appetitosi, creativi, nutrienti, nonché di facile digestione e misurati nelle quantità, per non avere la pena degli avanzi che accumulano batteri e diventano nemici. Stasera…….mmm…. “pasta e ceci”. Sì, approvato! Evvai!
E nella solitudine della cucina si raccolgono gli ingredienti, si cerca la pentola giusta, il rosmarino in terrazza, l’aglio, l’olio buono e si comincia.
Cucinare ha il potere di assorbire gli umori, i pensieri, le paure e la noia di pomeriggi spesso lenti e magicamente si spandono profumi antichi e nuovi, sinceri e concreti. L’aglio lascia un po’ di tracce acute, il ramerino spruzza felicità e buonumore, una boccata d’aria fresca, meglio abbondare. Si esce in terrazza e sembra di scendere nell’orto, se guardi solo davanti potresti riuscire ad ingannare te stessa, il fresco di marzo rincara la dose, se guardi su vedi pure la luna piena con un po’ di alone e davvero ti sembra di essere vicino al mare, in un orto di fantasia.
Come quando…..la mente parte subito, solleticata dal rosmarino e via, non ci si può più fermare. I ceci nella pentola …come quando mio babbo partiva per un giorno al mare e prima si faceva una pasta e ceci come si deve. Pochi erano i piatti forti della mia famiglia, ma uno di questi era lei, la pasta e ceci di mia mamma. Mentre i ceci ribollono con le spezie, mentre poi li frullo e li rimetto al fuoco e li guardo borbottare contenti eccoli lì, loro due, i miei due genitori e soprattutto la mente si attarda sul babbo, sulla sua gioia di quando si prendeva i suoi spazi e se ne andava verso il mare e il podere. Lo vedo, lo sento, lo percepisco mentre i ceci borbottano, un turbine silenzioso mi riporta indietro e non a quel tempo laggiù, ma resto qui, nell’ora, e ci parlo. Gli racconto di noi, del tu, dell’io, gli racconto leggerezze e paure e come sempre mi rassicura, senza parole speciali, ma solo con il tono della voce, con l’appoggiarsi del corpo e della voce su pilastri che poi sono lui stesso, il suo pensiero, il suo modo di vedere le cose. Cucino e parlo silenziosamente con lui, ci sto un po’, finché la pasta è pronta e la verso nelle scodelle. “E’ pronto!”
Ci salutiamo con la nostalgia morbida di un incontro breve, si allontana, o meglio si dissolve, come il fumo che esce dalla pentola, ma ho la certezza che tornerà, magari alla prossima ricetta.
delicata e tenera questa tua nostalgia resa unica dall’incontro tra gli affetti e i profumi…bellissimo Cecilia
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Grande Cecilia.
Da non dimenticare.
Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo.
E tu tiri fuori qualcosa che è un punto di forza “due volte al giorno bisogna pur cucinare” ” considerando le debolezze psicofisiche e digestive”. Il rito si ripete fra lotte intestine, e mai termine fu più adatto, e tabù alimentari.
Il 70% di ciò che piaceva va eliminato ma la fantasia ha grandi risorse. Ogni giorno vanno messe in campo per procurarsi piacere e benessere, riconvertendo antichi sapori.
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una ricetta speciale, giusta di tutto, calda che non scotta, buona che non stacca..
Hai cucinato un piatto sano che sa di famiglia, di tenerezza…profumato.
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