Giochi di parole per non sentire la nostalgia – di Gabriella Crisafulli

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Settantasette
Settantasette volte sette
Cinquecentotrentanove
Cinque più tre, otto
Otto più nove, diciassette
- Nonna, dove sei?
- In viale Manfredo Fanti davanti al B)Side.
- Ma il semaforo dove ce l’hai, davanti o dietro?
- Dietro, il semaforo ce l’ho dietro.
- Devi cambiare direzione, nonna, devi andare dall’altra parte.
- Piove a dirotto, non si vede nulla e i vetri sono appannati. Cambiare direzione è difficile.
Al di là della strada, sotto scrosci d’acqua, compare la figurina bagnata sotto il peso dello zaino.
- Mi ricordo che quando andavamo in piazza del Marinaio a salutare il gatto Pantofolina tu mi stringevi la mano forte forte. Potevamo avvicinarci piano piano fino ad un certo punto. Poi cominciavi a tremare, ti arrampicavi su di me e mi abbracciavi stretta stretta.
- Nonna me l’hai detto mille volte. Adesso ho tredici anni, quasi quattordici.
- Hai ragione Pulcetta, hai ragione. Adesso siamo in viale Manfredo Fanti davanti al B)Side: ora sei una ragazzina dallo sguardo profondo. Lasciamo stare piazza del Marinaio, cambio direzione e vediamo se riusciamo a tornare a casa anche se piove a dirotto, non si vede nulla e i vetri sono appannati.
Quel giovedì sera aveva provato ad affrontare in ironia il tema spinoso perché dopo sarebbe tornata da sola e avrebbe dovuto vivere la serata da sola: non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
Si era buttata giù a capofitto in un gioco di parole purché fosse per anestetizzare il dolore e non farsi tante domande.
All’uscita e per tutto il viaggio di rientro a casa pensava solo al bere: aveva bisogno di bere, di stordirsi, di dimenticare.
Che cosa voleva?
Quella storia era finita.
Da dieci anni.
Adesso c’erano le figlie, i nipoti e quella vocina “Nonna, dove sei?” con la quale percorrere la strada per tornare a casa.

