Nostalgia per Gabriella

Giochi di parole per non sentire la nostalgia – di Gabriella Crisafulli

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Settantasette

Settantasette volte sette

Cinquecentotrentanove

Cinque più tre, otto

Otto più nove, diciassette

  • Nonna, dove sei?
  • In viale Manfredo Fanti davanti al B)Side.
  • Ma il semaforo dove ce l’hai, davanti o dietro?
  • Dietro, il semaforo ce l’ho dietro.
  • Devi cambiare direzione, nonna, devi andare dall’altra parte.
  • Piove a dirotto, non si vede nulla e i vetri sono appannati. Cambiare direzione è difficile.

Al di là della strada, sotto scrosci d’acqua, compare la figurina bagnata sotto il peso dello zaino.

  • Mi ricordo che quando andavamo in piazza del Marinaio a salutare il gatto Pantofolina tu mi stringevi la mano forte forte. Potevamo avvicinarci piano piano fino ad un certo punto. Poi cominciavi a tremare, ti arrampicavi su di me e mi abbracciavi stretta stretta.
  • Nonna me l’hai detto mille volte. Adesso ho tredici anni, quasi quattordici.
  • Hai ragione Pulcetta, hai ragione. Adesso siamo in viale Manfredo Fanti davanti al B)Side: ora sei una ragazzina dallo sguardo profondo. Lasciamo stare piazza del Marinaio, cambio direzione e vediamo se riusciamo a tornare a casa anche se piove a dirotto, non si vede nulla e i vetri sono appannati.

Quel giovedì sera aveva provato ad affrontare in ironia il tema spinoso perché dopo sarebbe tornata da sola e avrebbe dovuto vivere la serata da sola: non sapeva se ce l’avrebbe fatta.

Si era buttata giù a capofitto in un gioco di parole purché fosse per anestetizzare il dolore e non farsi tante domande.

All’uscita e per tutto il viaggio di rientro a casa pensava solo al bere: aveva bisogno di bere, di stordirsi, di dimenticare.

Che cosa voleva?

Quella storia era finita.

Da dieci anni.

Adesso c’erano le figlie, i nipoti e quella vocina “Nonna, dove sei?” con la quale percorrere la strada per tornare a casa.

Nostalgia di Stefano

Non c’è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state (F. Pessoa)

La rosa che non colsi – di Stefano Maurri

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Amo la rosa che non colsi

Amo le cose che potevano essere e non sono state.

Poi la vita ha preso la sua strada.

L a giovinezza che non si ripete, il colore dei quadri di Caravaggio, delle architetture viennesi, la bellezza delle vetrate di Notre-Dame, la bellezza scintillante dei Musei di Vetri di Murano…tutte cose che non colsi adeguatamente e che mi seguono nel pensiero e che si sovrappongono alla vita di adesso, quando provo nostalgia di qualcosa che ho fatto anche un solo momento prima.

La gioia delle partite della Fiorentina viste in tv con il babbo e almeno altre otto persone.

La gioia del Campionato del mondo quando, di ritorno dal mare, pensando di non arrivare in tempo a casa, mi fermai alla Casa del Popolo del Galluzzo e mi ritrovai poi nel vortice dei festeggiamenti.

La nostalgia di un viaggio in Irlanda quando, per una volta, avevamo tutto: la gioia,  il tempo, il paesaggio e la vita che ci abbracciava.

La nostalgia di Sandra

L’età dell’innocenza – di Sandra Conticini

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Ripenso con nostalgia alla mia infanzia, anche se a volte i ricordi si sono sbiaditi o hanno lasciato qualche segno non troppo bello.

All’età di cinque anni i miei genitori decisero di mandarmi qualche mese all’asilo. Non andavo volentieri perchè ero sempre stata tra le gonne della mamma e della nonna.

Un giorno la suora si dovette assentare lasciando a controllarci una ragazza più grande.

In quel tempo ero buona perchè in quell’ambiente conoscevo poche bambine,  invece, nonostante avessi cercato di farmi le mie ragioni, fui messa in castigo dietro la lavagna perchè parlavo.

Vissi questo episodio come un’ingiustizia e da quel giorno non volli più andare a quell’asilo e tutte le mattine, mentre la mamma mi accompagnava, iniziavo a piangere e le piantavo un sacco di problemi pur di non starci. Alla fine vinsi io e da quel momento ho iniziato ad odiare le suore. I miei genitori, nonostante i loro solleciti, da me non hanno mai saputo niente di questa storia, perchè mi accorsi che a casa vivevo in una bolla, ma fuori era diverso…. ero entrata nel mondo delle ingiustizie.

La mia infanzia è stata un periodo spensierato e  senza vincoli. Il solo pensiero era quello di ritrovarsi con  due o tre bambine vicino a casa a giocare con giochi semplici, spesso inventati da noi. Ci accontentavamo di poco!