Giochi – di Patrizia Fusi

Nel lungo caseggiato che sembra sia stato un convento ci sono delle decorazioni in pietra serena di forma uguale nelle due porte d’ ingresso, all’inizio e al termine dell’edificio; su una di essa una piccola nicchia con una immagine della madonna. Nel tempo questo edificio era stato suddiviso in diciassette appartamenti.
Nelle famiglie che li abitavano c’erano ventidue ragazzi di varie età, ci dividevamo: i grandi non volevano con loro i più piccoli.
Dopo la scuola trascorrevamo le giornate sulla strada lungo il caseggiato dove giocavamo.
Le donne facevano alcuni lavori sedute fuori delle loro abitazioni, noi curiosi ascoltavamo i loro discorsi specialmente quando dicevano (attenti ci sono i tetti bassi) di quello che avevamo sentito ci facevamo le nostre opinioni su come nascevano i bambini e sulle mestruazioni.
Erano pomeriggi sereni, e nell’estate si prolungavano anche dopo cena sotto la luce dell’unico lampione situato all’angolo dell’edificio.
I giochi nostri erano il salto con la corda, da soli, in tre, in quattro , mentre saltavamo ci accompagnavamo con delle canzoncine, quando non avevamo la corda vera prendevamo dalla siepe un tralcio di vitalba e saltavamo con quella ma era meno divertente perché ci poteva saltare solo un bambino per volta.
A nascondino: si sceglieva dove contare, si contava fino a un certo numero e si diceva (ane ane chi c’è sotto ci rimane) se qualcuno non si era nascosto toccava a lui contare, non succedeva mai che noi non ci fossimo nascosti, iniziava la ricerca e appena si vedeva il bambino nascosto si pronunciava il suo nome e correvamo alla porta per fare bomba, se arrivava prima lui si salvava, l’ultimo bambino nascosto se riusciva a non farsi trovare poteva fere (bomba libera tutti) e rimaneva a fare la conto il solito bambino.
Acchiappino: non ricordo molto di questo gioco ricordo che si doveva rimanere in un perimetro e dovevamo correre per non farci prendere
Il gioco della campana disegnata in terra, si doveva tirare una pietra e saltare nel riquadro senza pestare la riga e recuperare il sasso .
La pista modellata con la terra della strada, dove i tappi delle bibite recuperati al bar della casa del popolo diventavano corridori, a noi femmine ci facevano giocare raramente.
Il gioco dell’anello: ci mettevamo in fila con le mani giunte ,un bambino dicendo una filastrocca consegnava l’anello senza farsi vedere dagli altri. Uno di loro doveva poi indovinare chi aveva ricevuto l’anello.
Il gioco (pisto e pistugno di maggio e di giugno la bella luminara sale la scala sale la scala e lo scalone la penna del piccione sei tu bella tira su questa cianteralla) quando con la filastrocca venivano toccate le due gambe venivamo eliminati, vinceva chi rimaneva ultimo
Il gioco individuale con la palla facendola battere contro il muro sempre con filastrocca (pallina dorata).
In un periodo ci capitò anche il cerchio di plastica dell’ ulaop ma con poco successo.
Il gioco ai quattro cantoni: un bambino rimaneva fuori , quando questo indicava un compagno, lui si doveva spostare correndo per non perder il posto.
Il gioco dello sculaccione: ci prendevamo per mano e formavamo un cerchio, un bambino rimaneva fuori e girava all’esterno, dava poi uno sculaccione a uno del cerchio e a chi era toccato doveva correre nel senso opposto all’altro bambino e cercare di tornare al suo posto prima dell’altro. Anche il gioco dell’uovo marcio aveva lo stesso meccanismo solo ad un momento del gioco dovevamo metterci a coccoloni e quello esterno lasciava un fazzoletto e si ripeteva la corsa per il posto.
Il gioco del girotondo il più classico (giro giro tondo casca il mondo casca la terra tutti giù per terra)
I giocare, con l’immaginazione diventavamo quello che ci affascinava di più e potevamo condividerlo con i compagni .
In primavera quando le vitalbe erano fiorite io e altre due amiche andavamo nel viottolone, ci addobbavamo con questi tralci con i fiori bianchi e fantasticavamo di essere delle spose, la fantasia ci faceva volare
Le belle scampagnate alla ricerca dei fiori, per regalare alle nostre maestre .
Non so se ho descritto bene i giochi, la memoria un po’ mi tradisce.
Che bello, Patrizia! Per un attimo mi sono allontanata dal presente: mi hai portato indietro nel tempo e ai giochi che facevo alle elementari.
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Grazie Patrizia. Ricordare i nostri giochi e’ stato come ricordare che c’è stato un tempo semplice, un tempo che era semplicemente vita
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vorrei avere la memoria dei tuoi momenti, giochi che non ho fatto!
” immaginare di essere spose” la vitalba magica che genera sogni confettosi….
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