Le zie

Neva, Iolanda, Candida, Dilia, Manola, sembrano i nomi delle protagoniste di Liala e invece sono alcune mie zie che mi tenevano il pomeriggio a turno perché la mamma era sempre in quella benedetta bottega. Io stavo con loro buona buona, un po’ per non “dare noia” un po’ per non far fare brutta figura alla mamma. Già…i doveri…fin da allora cominciavo a metterli nelle tasche come sassolini che nel tempo hanno finito per pesare parecchio. Ma allora non lo sapevo, semplicemente li respiravo. Zitta zitta giocavo da sola con fili e bottoni dalla zia Marcella, sarta da uomo in casa, o vestivo da principessa una bambolina dalla zia Marisa, camiciaia, che mi regalava scampolini di scarti. Dalla zia Ernestina invece intrecciavo fili da ricamo di tanti colori mentre lei si finiva gli occhi su camicie e corredi altrui. Forse viene da quei pomeriggi la mia propensione ad ascoltare anziché a parlare, quel cercare di sparire che troppe volte mi ha resa incolore. E intanto le zie mi parlavano, quasi tra sé e sé, ma io ricordo solo delle frasi, spezzoni di discorsi: “studia, mi raccomando studia, così nessuno ti potrà infruscolare la testa”, “innamorati, ma mai di una divisa perché l’uomo che c’è dentro lo scopri dopo”, “viaggia piccina, vai a vedere le cose belle che dentro quattro mura non ci possono stare”. Inconsapevolmente mi raccontavate i vostri desideri frustrati, le aspettative deluse, le speranze disattese: mi volevate mettere in guardia e se non ci siete riuscite del tutto è perché nessuno può farlo ma a volte le vostre aspirazioni schiacciate e poi dimenticate mi hanno dato una spinta propulsiva. Poi sono cresciuta, non avevo più bisogno, anzi le superiori gli amici il motorino mi spingevano via a mordere la vita, verso il futuro. Care zie, avrei dovuto scrivere di me e invece ho un po’ raccontato di voi, ma è inevitabile perché gli strati di cui sono fatta hanno anche i vostri colori e se non mi riesce bene definirmi è perché tutte le mie sfaccettature riflettono anche le vostre luci. Vi penso con tenerezza e credo che sia grazie a voi che ho un’alta opinione delle donne, tutte, per questo mi arrabbio tanto quando siamo in competizione fra noi anziché essere solidali. Ziette care, forse un giorno proverò a scrivere la vostra storia, di ognuna la sua, perché non trovo altro mezzo per dirvi grazie che raccontarvi.
donne, mamme, zie…donne…
Non so perchè leggendo, non ho provato gioia, ma una leggera tristezza, ho visto: silenzi, assenze, tutto ben colorato, rifinito bene, da abili mani, che han dato e preso.
sicuramente è solo una mia impressione…sassolini che ti han cmq fatto trovare la strada” giusta”
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Me la vedo proprio quella bambina con i sassolini in tasca che gioca a casa delle zie quieta costruendo i suoi strati.
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bello, tramite le tue zie si vede un mondo che fu.
I sassolini nel tasche l’abbiamo imparato presto
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quei modi di dire mi hanno fatto sorridere,con piccole frasi raccontano un’epoca in cui la solidarietà, la tenerezza, l’impegno verso la vita erano l’impalcatura forte e resistente di ogni famiglia…bello Patrizia
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