Il ricordo di Simone: L’altalena

QUEST’ANNO LO FACCIO – di Simone Bellini

Giuro che lo faccio ! Ho messo da parte polistirolo, cartone, ghiaino e muschio.

Inizierò da questa scatolina di cartone; ci disegno e ritaglio porta e finestre.

Poi, con le mani, strappo piccoli pezzetti irregolari di un contenitore per uova, di quel cartone grezzo, grigio e li incollo in un angolo della facciata incastrandoli fra di loro come se fossero un muro di pietra.

Dopodichè passo una mano di gesso per fare l’intonaco grezzo lasciando scoperto le pietre.

Coloro il tutto sporcando il muro e le pietre per dare un aspetto di povertà vissuta.

Potrei usare il polistirolo al posto del cartone, basterebbe il pirografo per incidere pietre o mattoni.

Un tappeto di muschio per il giardino e del ghiaino per il vialetto. Pezzetti di spugne di mare ( sono più porose ) tinte di verde su dei ramoscelli per fare gli alberi.

Bastoncini e corda per fare l’altalena.

Tutto questo mi ricorda la vecchia casa in campagna, dove passavo noiosi mesi estivi e l’altalena era l’unico diversivo per passare il tempo. Essendo l’ultimo di sei fratelli dovevo aspettare il mio turno. Fortunatamente i più grandi avevano altri interessi ; avevano riesumato un vecchio motorino del dopoguerra,48 cv, trovato nella rimessa di famiglia. Il giorno che riuscirono a metterlo in moto, fra l’entusiasmo di tutti, fecero dei giri di prova, anche una mia sorella volle provarlo, ma nessuno gli disse come si faceva a frenarlo! Andò a schiantarsi contro al muro accanto all’altalena piegando irrimediabilmente la forcella. Fortunatamente mia sorella non si fece nulla, ma la moto perì dopo nemmeno un’ora di vita.

Tornando al mio progetto per fare un presepe, devo disegnare tutta l’ambientazione, le case, la capannuccia, una cascatella,sentieri e montagne e……..

Cosa?…….. Come?… Natale è già passato?!?…….Oh cavolo!!!!

Il ricordo di Nadia: l’arcobaleno

Ottobre 1984 – di Nadia Peruzzi

Le prime ferie furono in ottobre. Era il 1984. Un autunno piovoso e ce lo beccammo con vento , fulmini, grandi acquazzoni.
Nei pochi giorni che passammo fra Orvieto, Viterbo, il Parco di Bomarzo con i suoi mostri, il lago di Bracciano con il possente castello degli Orsini, la protagonista principale fu l’acqua.
Erano i tempi in cui non erano i cellulari a darci le previsioni del tempo aggiornate ora per ora ,e si prendeva quel che veniva.
A Bracciano il Castello lo si vide dalla macchina come se stessimo sbirciando da dietro una tenda pesante. Era tanta l’acqua che cadeva che non si vedeva da qui a lì. Per non parlare delle sferzate di raffiche di grandine che sembrava di essere sotto attacco nemico a colpi di mitragliatrice.
Godimento poco o nulla, lago pressoché invisibile come il castello, fuga a tutta velocità dopo poco .
Per fortuna portavamo con noi il ricordo della mattina passata a Villa Lante a Bagnaia. Il suo giardino all’italiana risplendeva col poco sole che cercava di resistere all’avanzata di nuvole nere da paura .
Ci importava poco di quel tempo clemente solo a tratti. Eravamo insieme e felici. Sposati da appena un anno, tutto era bello anche con la grandine .L’acqua la prendevamo come una sorta di accompagnamento ritmato, ma in musica, per una vacanza comunque conquistata.
Le mie prime ferie dall’inizio del lavoro erano giorni da vivere con entusiasmo il meteo avverso non lo consideravamo più di tanto.
Poi lo sappiamo tutto scorre e tutto può cambiare .
Arrivati al lago di Bolsena, ci accolse uno spettacolo inatteso. Il sereno stava prendendo il sopravvento sulle nuvole e fu il meno.
Del tutto strabilianti furono gli archi perfetti e nitidissimi di due arcobaleni che ci fecero compagnia per il lungo tratto di strada che correva attorno al lago.
Erano gli ultimi due giorni. Furono spumeggianti per Walter e per me. Anche perché ci dedicammo a laute libagioni con uno dei vini locali l’Est Est Est, che era già stato traditore per mia madre in una calda giornata estiva romana . Lei era alle prese con delle cose da stirare, il vino era fresco e si trovò brilla prima di aver finito.
In quell’autunno di molti anni dopo, con quel vinello aggiungemmo più di un colore a quelli dei due arcobaleni che ci avevano dato il benvenuto.

Il ricordo di Tina: l’arcobaleno

Arcobaleno – di Tina Conti

L’immagine dell’arcobaleno, del prato e dei colori  sul fondo del biglietto, realizzato con mano leggera, sembra a matita o acquerello, mi ha riportato a lei, la Fata del bosco.

Conservo i suoi biglietti discreti, leggeri e riservati con grande  cura e affetto.

 Lei è nel mio cuore, ci siamo scambiate momenti intensi e intimi, in una fase della vita vicina.

L’ho rincontrata circondata  da bambini  nel parco con quella sua valigia  di tesori scelti e pensati con fantasia e competenza educativa.

Ammaliatrice, attraeva  con la sua voce pacata e dolce, incantava con il fare delle sue mani, con i modi semplici, tranquilli e tanto garbo.

I bambini arrivavano, trasportati da quella atmosfera quasi magica, estraniati dai rumori circostanti, lei non chiedeva  di più.

Io la osservavo e mi facevo tante domande, e la rivedevo compagna di scuola di Iacopo, studentessa e giovane donna con mille sogni e tanto cuore.

Un giorno, un patto; vengo a prendere lezioni di acquerello da te e in cambio facciamo pratica di lingua inglese che lei conosceva bene per i suoi  soggiorni e studi in quel paese.

Belle mattinate insieme, chiacchiere e colazioni con the e dolci, scambi sulle nostre vite e sulle sue scelte; il padre, che  ho conosciuto, le sorelle, gli studi e il lavoro a Londra.

Ho apprezzato quanto sia stata brava a cercare la sua strada, nonostante tutte le traversie è rimasta fedele al suo mondo e alle scelte.

Mi ha parlato della sua casa nel parco, del coniglio bianco, dei libri realizzati, delle attività portate a termine o iniziate. Ho messo a sua disposizione il materiale e la documentazione del percorso professionale e tutti gli strumenti che ancora usavo con i nipoti nella mia casa.

Questo, mi ha portato a proporre ancora un tempo insieme, il laboratorio nonna- nipoti del mercoledì, dove, mettevamo insieme forze e competenze con un piccolo gruppo di quattro bambini.

Negli incontri di pittura, facevamo proposte che avremmo offerto ai ragazzi, si disponeva una  Scaletta, e si pensava ai materiali, lei portava giochi e libri adatti al contatto con la lingua.

Per due anni, ci siamo incontrate e goduto di questo percorso, con momenti di gioco, canto, lettura e lavori realizzati, abbiamo osservato i progressi e le proteste delle bambine più grandi che si vedevano private di un tempo loro per confidenze e giochi. Aabbiamo adattato il tempo e le proposte alle varie situazioni, sfruttando  lo spazio  all’aperto.

Con la scuola media delle ragazze, è terminata questa esperienza che io ritengo sia stato molto importante e di grande valore per tutti, perché le proposte erano di vita concreta.

Se ci ripenso, mi ritornano in mente le cose prodotte, come i burattini, le tovaglie   e le tele ricamate con i fili di lana che sono rimaste a casa mia.

Prima delle vacanze estive, si concludeva il percorso con un finto viaggio, in montagna, al mare, e nell’ultimo incontro a Londra

I bambini, avrebbero potuto davvero andarci da quanto erano diventati bravi a districarsi  con bagagli, treno, ristorante, orari e visite a parchi e musei.

Poi, è ricominciata la vita di sempre, non era facile comunicare con lei perché non aveva telefono fisso e neppure un cellulare, solo saluti portati da conoscenti. Incontrati dopo una cena.

Una mattina mentre percorrevo una stradina secondaria per andare alla mia seduta di ginnastica, la vedo di sfuggita davanti ad un treno di circa dieci bambini che si immetteva in una viottola fra i campi, mi sono chiesta se era proprio lei, da dietro non potevo esserne certa, ma chi altro poteva essere, vicino alla piccola sezione della scuola di campagna?

Mi sono imposta quanto prima di fermarmi e verificare.

Sentivo le voci dei bambini che si rincorrevano nel giardino, e il ticchettio di un martelletto, ho suonato, e lei ha aperto il cancello. Ci siamo abbracciate e con sguardi felici, raccontato un po’ di eventi. Lei gestiva la struttura con pochi aiuti, era molto felice di poter riproporre le esperienze di Londra e quelle che aveva maturato in seguito.

Anche per me è stato bello immaginarla in quel mondo che abbiamo condiviso, presa da passioni e scelte faticose ma vere , utili, in questa realtà tanto evanescente.