Il ricordo di Sandra: La bicicletta

La bicicletta – di Sandra Conticini

La bicicletta non era certo come quella raffigurata nella foto, molto antica, ma sicuramente sarà stata una Bianchi: comprava poche cose ma, come diceva, “di marca” e quella è stata la sua mentalità per sempre perché doveva durare, ma  il benessere e il consumismo avevano già preso la mano ad ognuno di noi. Era naturalmente da uomo, color marrone chiaro con il cambio, la dinamo che faceva far luce alla lampadina e con il campanello. Sempre ben tenuta ed efficiente, aveva messo anche il seggiolino per me. Ero molto contenta quando mi portava in giro per la città o ai giardini a vedere i burattini.

Ricordo come era piacevole la sensazione del vento sul viso che anni dopo ho rivissuto quando anche io ci sono andata per tanti anni. Quanta fatica ha durato il babbo per insegnarmi ad andare in bicicletta. In estate quando ero al mare me la prendeva a noleggio e tenendomi per il seggiolino cercava di insegnarmi a tenere l’equilibrio. Non fu semplice, ma con molta pazienza ce la fece, cosi’ l’anno successivo alla fine della scuola per premio mi regalò una bicicletta rossa fiammante “Bianchi” e da allora iniziò un po’ di indipendenza e  un certo   senso di libertà. Nonostante le raccomandazioni di non andare lontano, ogni tanto, con altre amiche, andavamo sull’Arno o, il massimo, la meta era raggiungere  la casa degli spiriti, una casa diroccata, che ci sembrava tanto lontana, ed era un segreto che nessuno di noi doveva svelare, altrimenti ci avrebbero chiuso la bicicletta per tutta l’estate.

Il ricordo di Lucia: Il treno per Venezia

Partire – di Lucia Bettoni

Me ne vado
Ho bisogno di stare con me
Me ne vado
Non so quando tornerò
ma tornerò
È solo un viaggio

Alla stazione prendo il treno per Venezia
Ho venti anni, forse meno
A casa lascio un uomo con il quale
condivido la vita

Me ne vado
Ho pochi soldi, poca esperienza, poco di tutto
Non ho paura
È solo un viaggio

Ho bisogno di guardare e toccare il mondo a modo mio
Tutto si dilata
Tutto entra nei miei occhi con un respiro nuovo
Vedo quello che ho bisogno di vedere
Sento quello che ho bisogno di sentire

Me ne vado
È come una nascita

Me ne vado
Non ho niente, neppure la valigia
In una borsa non troppo grande ho tutto quello che ho deciso di portare

Sono giovane
Seduta al finestrino mi sento libera
Guardo fuori
Il treno si ferma, il treno riparte
Venezia
Non sono mai stata a Venezia

Venezia non è una città
Venezia è il mondo da annusare ed esplorare

Mentre scrivo e ricordo penso:
Ho settanta anni e sono assolutamente uguale a quella ragazzina
Posso sentire ogni battito d’ali di quella voglia di libertà e di conoscenza

Vado a dormire all’isola della Giudecca in un ostello
La magia di non sapere niente, di non avere niente, solo la voglia di “provare”

Una camerata immensa, un letto scomodo, un solo bagno per tutti

Dei giorni a Venezia ricordo un grande scalone di un grande palazzo
È un museo
Un numero infinito di quadri iperrealisti e scuri
Non mi piacciono
Non ho bisogno di un museo

Salgo su un vaporetto e vado al Lido di Venezia
È qui che vedo ciò che non dimenticherò più
La spiaggia, tutta la spiaggia era coperta da un alto strato di conchiglie
Non si vedeva neppure un centimetro di sabbia
Era come se il mare avesse deciso di regalare a quel luogo tutte le sue conchiglie

Sorpresa, esterrefatta, ne raccolgo  una ventina , le avvolgo in un foulard che metto nella borsa

Torno a casa con un piccolo tesoro e un’emozione indelebile nel cuore
A Venezia ho trovato l’inatteso