Il ricordo di Stefano: Parigi e l’arte

Il Museo e il cinema – di Stefano Maurri

La prima volta che  sono stato a Parigi era per il “ponte dei Santi” quando il 4 novembre era ancora riconosciuto come giorno festivo. Eravamo un gruppo di amici  intorno ai vent’anni e i mezzi di trasporto erano ovviamente il treno e la metro. Girando ci ritrovammo al Museo Jeu de Paume, un piccolo museo meno noto ai turisti ma con all’interno una straordinaria sala ovale di grandi dimensioni con alle pareti affreschi di ninfee di Monet in tutte le stagioni e in tutte le ore del giorno. La sensazione fu quella di  una completa immersione nella bellezza che mi travolse e mi fece trattenere più a lungo degli altri nella sala e che mi portò successivamente ad un abbassamento del  livello di attenzione una volta tornato nella vita comune.

Fu così che mi ritrovai senza soldi e senza documenti perché qualcuno, nella metro, aveva approfittato della mia allucinazione mentale. Era il periodo in cui per attraversare la frontiera occorreva un documento di identità. Maurizio mi accompagnò per gli uffici a fare le denunce necessarie. Per sfortuna l’ambasciata italiana era chiusa per la festività. Gli amici dovevano comunque ripartire e rimasi da solo ad aspettare il giorno lavorativo seguente per il documento. Un po’ smarrito e sconcertato girellai a vuoto  per la città e decisi di concludere la giornata rifugiandomi in un cinema. Per evitare difficoltà di comprensione linguistica scelsi di vedere il film Emmanuelle che in Italia era proibito e che sicuramente non aveva la sua forza nel dialogo.

Il ricordo di Patrizia: La bicicletta

La prima bicicletta – di Patrizia Fusi

La mia prima bicicletta l’ho avuta a vent’anni, mi serviva per andare al lavoro. Abitavo in un piccolo paese in campagna, sulla collina, con la bici era più veloce spostarsi nel paese dove arrivava il bus.

Non sapendola guidare, iniziai ad imparare lungo il viale della villa del Finzi.

Ricordo  che in uno di questi giorni, quando cercavo di imparare a guidare la bici, ebbi una brutta caduta per terra battendo fortemente la schiena e i reni. Non sapevo che ero incinta, ma la mia bambina aveva voglia di nascere e non si è staccata dal mio ventre, in quell’incidente.

Era l’inizio della mia vita futura: avevo vent’anni, iniziavo a lavorare ed ero già incinta. La bicicletta era il mio aiuto e la caduta  aveva rivelato un segreto davvero sconosciuto, anche per me.