Simone sceglie l’immagine: La lampada a colori

GRIGIORE – di Simone Bellini

Driinn! Sveglia, sei del mattino, buio fuori, luci fioche dentro.

Pippì,  mi sciacquo il viso con acqua gelata per svegliarmi meglio,

vestito grigio, camicia bianca, caffè, borsello, chiavi, ciao cara (sottovoce per non svegliarla )

Freddo, nebbia, autobus, la solita fermata, venti minuti a piedi, ufficio.

Scrivania, montagne di pratiche da smaltire, contabilità. Pranzo a sacco, caffè.

Di nuovo fogli, pratiche, fogli fogli fogli.

Tre minuti alle sette. Due, uno, stop.

Autobus, casa. – Ciao cara sono tornato!-

Luce fioca nell’ingresso, pareti grige.

Mi dirigo in camera per un cambio di abito più comodo, premo il solito interruttore

e…..- Caro ti piace l’abatjour che ho comprato al mercatino dell’usato ?-

PAM!!!  Un’esplosione di colori invade tutta la stanza !

I variopinti fiori della lampada si proiettano su tutte le pareti,

Nella mia testa scompare il grigiore quotidiano ed esplode una gioiosa incontenibile allegria.

Accendo il giradischi, muto da tempo immemore, Deep Purple a palla, salto e ballo come un ragazzino

-Ma cosa succede caro ?-

-E’ bellissima questa luce ! Vieni balla con me !!!-

Ridendo ci scateniamo con il rock dei Led Zeppelin, Metallica,Prince, Michel Jackson.

La sollevo al volo facendola girare vorticosamente

-Piano, non così forte, mi gira la testa! Piano, piano, attento, attento alla lamp…..SCRANC !!!                               GRIGIORE                     

Immagine per Anna – La donna e la treccia

LE MANI RACCONTANO – di Anna Meli

            Mani di donna vecchie e avvizzite, ruvide e deformate dall’artrite e dal lavoro di una vita, intrecciano capelli bianchi visibilmente non curati in una treccia lunghissima che forse rappresenta la sua vita.

            Ogni intreccio un periodo, un momento vissuto, un passo nel futuro che man mano diventa passato e ricordo da custodire. Mani che hanno accarezzato con tenerezza il suo uomo, i figli, i nipoti; mani che si sono prestate ad ogni tipo di lavoro eseguito con fatica ma anche con tanto amore; mani che nonostante le evidenti deformità non hanno perso del tutto la propria agilità e che possono continuare ad intrecciare ancora e a vivere.

            Due fedi unite insieme all’anulare sinistro fanno intuire che la donna è rimasta sola, ma il simbolo di quell’amore rimane per sempre in quella mano e la fa sentire forte e serena.

            Un orecchino antico piccolo e rotondo ricevuto in dono tanti anni fa, pende dal lobo dell’orecchio ad ingentilire l’intera immagine.

            Quando la lunghissima treccia sarà terminata, la vecchia donna se l’avvolgerà in più giri intorno alla testa e si sentirà a posto, felice di aver avuto cura di sé e le mani stanche potranno riposare.

Immagine per Carmela – La strada bagnata di pioggia

Silenzio d’acqua – di Carmela De Pilla

Silenzi

C’era silenzio.

Tanto silenzio.

La pioggia cadeva senza far male, muta per non disturbare.

Per la strada tanta gente navigava nei propri pensieri, ognuno si guardava dentro: paura, solitudine, ambizioni, progetti, fantasmi che apparivano anche dopo troppo tempo e facevano ancora male, linee parallele che non s’incontrano mai, ma donano armonia.

La strada bagnata dall’acqua purificatrice indicava la via e mille ombre andavano avanti senza darsi noia, senza incrociarsi, ordinatamente accompagnavano il proprio io per proteggerlo e salvarlo dal nulla.

Mai si era sentito un silenzio così assordante, anche questa volta l’acqua aveva lavato le preoccupazioni, aveva eliminato le incrostazioni del tempo e aveva scolpito l’essenza senza corpo quasi trasparente.

 Libera di andare.

Tanti mondi, piccoli mondi soli che viaggiavano insieme per costruirne uno dove regna l’armonia dell’amore, un amore bagnato, puro, quello che raggiunge gli spazi sconfinati dove l’azzurro del cielo entra nelle vene e stai bene.

L’immagine e la riflessione di Sandra – Il gettone telefonico

Il gettone telefonico – di Sandra Conticini

Il gettone telefonico segna un tempo ormai passato. In estate, dopo cena, davanti alle cabine telefoniche dei luoghi di villeggiatura eravamo in tanti a telefonare. Si formavano delle file così lunghe che a volte sono stata anche mezz’ora ad aspettare e, non era detto che riuscissi a chiamare perchè le linee erano intasate ed  il giorno successivo dovevo riprovare. Quando anche i genitori erano in ferie nel mio stesso periodo erano guai, perchè dove andavano non avevano il telefono e  dovevo chiamare una vicina che poi riferiva che avevo chiamato. Insomma potevo  fare prima a tornare a casa.

Però il fatto che non si sapeva se si chiamava e quando, l’ansia   veniva dopo una decina di giorni e non dopo dieci secondi come ora.

Ricordo quando in casa fu messo il vecchio telefono nero attaccato alla parete.  Uno solo per due famiglie con tariffa duplex per spendere meno, fu un bel cambiamento. Se oltre al telefono avevi il televisore, il frigo e un auto eri considerato ricco.

 All’inizio si sentiva un trillo, e si diceva: – Ma cos’è questo rumore? Quando si rispondeva dall’altra parte non c’era più nessuno, avevano riattaccato..

Il gettone fu sostituito da carte telefoniche prepagate  poi con l’avvento dei cellulari sono sparite anche le cabine telefoniche e i telefoni pubblici.

Ora  il cellulare comanda, chi non ce l’ha è considerato una mosca bianca. Sempre a portata di mano perchè si pensa di poter sapere tutto di tutti e di tutto, ma quanto stress ci crea.

Ci sentiamo anche due  tre volte al giorno, videochiamate, fotografie, video, ma è proprio necessario?

Tutti siamo cascati  in questo circolo vizioso, bisognerebbe riuscire ad usarlo nella giusta maniera, perchè senz’altro è comodo, ma difficile da prendere in piccole dosi.

Comunque Vecchio gettone ti ricordo sempre volentieri, sei rimasto nel mio cuore perchè mi ricordi i bei momenti della mia gioventù!

Immagine per Rossellina – Il labirinto

Il labirinto – di Rossella Bonechi

Chissà perché il labirinto ci affascina tanto, forse perché quel piccolo brivido di non trovare l’uscita rende la cosa interessante o perché le sfide ci piacciono al punto da provarci ma convinti, in fondo, che ci riusciremo. Il Labirinto è un simbolo potente comune a molte culture e civiltà passate; noi ora lo usiamo al parco divertimenti, ma Teseo non si è divertito granché! Non fosse stato per Arianna…..

Il Labirinto in fondo è come la nostra vita: si sa da dove si entra ma non si conosce l’uscita, si procede a volte a tentoni a volte sicuri di essere sulla strada giusta, ci si ferma davanti a un bivio e si deve decidere se andare a destra o a sinistra e solo dopo un po’ si scopre se la decisione era giusta. Sappiamo che altri come noi stanno vagando ma i muri intorno occultano la vista, se siamo fortunati o attenti, dietro l’ennesimo angolo troviamo un altro paio di occhi in cerca e possiamo unire le forze per uscirne.

Una volta qualcuno mi raccontò che c’è un trucco per eludere la trappola del Labirinto: procedere sempre sul lato destro (o era il sinistro?) e girando sempre sullo stesso lato si poteva arrivare in fondo; me ne sono ricordata anni fa a Collodi e lì ho capito che era proprio una sciocchezza: se non era per il vispino di mio nipote ancora ero lì a girare!

Allora che si fa? Davanti a un bellissimo Labirinto verde profumato di essenze varie non si entra per timore? Sì torna indietro? No, non si resiste, così come per la vita si va avanti ostinatamente sperando in un po’ di fortuna con la C maiuscola.

P.S.: Ah, aggiungo che anche all’uscita dai labirinti quasi sempre nessuno dà alcun premio !!