L’immagine per Rossella – Il cavallo bianco

Bianco cavallo…la poesia sbagliata… – di Rossella Gallori

I N I Z I O❣

Non usare i nostri nomi, era stato un tacito accordo, per non farsi male, per non fare male ad un altro lui, ad un’ altra lei.

C’era stata una intesa immediata, tra due che ben poco si piacevano…forse fu colpa di una telefonata, un errore di nome.

Proprio noi che proprio per scelta un nome non ce l’ avevamo:

Io bella signora, tu bel signore….

Siamo andati avanti per mesi, più mesi…anni, toccandoci quando capitava, buttando giù qualcosa nei mille bar di quasi periferia, solo per sfiorare un ginocchio, per togliersi dalle labbra lo zucchero o quell’ ultima goccia di panna che affondava temeraria, in un caffè amaro e bollente…

Ci siamo visti poco, amati abbastanza, quell’amore un po’ a fine corsa, a volte inventato, riscaldato senza microonde, cotto con le nostre mani.

Io che osavo tacchi, tu che osavi parole…io che mi sentivo libera, tu che ti credevi libero….

F I N E✏

Arrivò un giorno:

Giorno d’acqua e vento.

Giorno di silenzio.

Diciamolo giorno di merda.

Mi dedicarti versi, tu che di poesia non ne avevi  mai masticato un minuzzolo, diventai ai tuoi occhi questo:

Una cavalla bianca, stanca.

Dalla coda bagnata, la criniera arruffata.

Una fata poetessa, dentro una rimessa.

Una lipizzana slovena, con la voce da sirena.

Lessi, riflessi, mi trovai disarcionata, infreddolita ed attonita, difronte a tanta bruttezza, al cospetto di una poesia senza senso, scritta forse al bar della Esselunga o alla Coop a Gavinana.

Mi sentii come una bimba caduta dal seggiolone, mentre mangiava, tolsi la pastina dai capelli grigi, rialzandomi presi il telefono, cancellai dalla rubrica: bel signore e lo sostituii con  Osteopata Brandi, che non eri tu….

P I Ù  C H E  FINE📚

Mi guardai bene allo specchio, più che lipizzana, mi sentii strana, piuttosto anziana, un prodotto in scadenza, della poesia un vago ricordo, solo una cavalla bianca che scacciava mosche con la coda e gli zoccoli affondati in un miscuglio di cacca e fango….

Un’immagine per l’ispirazione di Lucia – Il cavallo bianco

Cavallo in corsa – di Lucia Bettoni

È una fuga o è la forza?
Stai scappando o stai vivendo?

Arranchi nella notte
Piangi e ti disintegri

Poi soffi forte e il petto si allarga

Cerchi il cuore e lo tieni in mano

Lo ascolti palpitare e lo guardi immobile

Intorno il buio
Intorno il nero

Le lacrime stringono la gola e
il respiro si blocca

Paura, terrore, la terra trema

Cumuli di roccia rotolano a valle

Respira , respira, respira più forte

Una forza bianca
Una forza primordiale spacca il nero
sbriciola la notte

                    e avanza
         la direzione è avanti
         la direzione è in avanti

                   Non voltarti
                   Prosegui

Il petto è grande
Il cuore palpita

La potenza del bianco
Senza briglie
solo con la forza
Senza briglie
solo con l’anima

Sei energia pura
Sei quella liquida linfa
che sale dalle gambe
le mie gambe

Sei latte
Sei nuvola
Sei un velo da sposa
Sei la bellezza che irradia la notte
Sei il bianco fuoco d’artificio
che festeggia la vita

Sei il bianco candore bambino
che culla ogni dolore



Una seconda immagine ispira Luca – L’uomo a cavalcioni dell’asino

Uomo sul ciuco – di Luca Miraglia

In un torrido e tormentoso tripudio
di sole mattutino sta polveroso
e bigio occhi chiusi e capo chino
il ciuco vizzo di soma e di fatica

stesso colore e posa dell’uomo
un po’ più in là all’ombra delle case
fiammeggianti di bianco e di calore
tutti circondati dal crepitare

acceso di cicale e dalla calma
risacca del grano accarezzato
dalla mano bollente di scirocco

che ottunde terra case uomo e bestia
in un unico tuonare di colori
dai toni incandescenti e senza fiato.

L’immagine che ispira Luca – La donna con la treccia

Intrecciarsi – di Luca Miraglia

Antico come il monte da cui discende, il torrente fluisce lento fin quando, improvviso e verticale, precipita dal colmo e s’intreccia e rimbalza su scogli rugosi come nocche scolpite dal tempo e dal lavoro.

L’acqua si placa su un lieve piano orizzontale per poi ricomparire in nuovi spruzzi che sgorgano tra anfratti e sporgenze, e rilanciarsi nel vuoto.

Poco più in su, al margine del vorticoso fluire, pende dai rami un frutto di melograno, seminascosto come preziosa e delicata gemma, ad ornare quel balzo candido di gorgoglianti frangenti.

Ascolta…

nel gentile frastuono dell’acqua che scorre, nei massi incastonati sul fianco del monte che la contengono quasi come mani avite, puoi sentire il suono del tempo passato, che passa, che passerà